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La gioventù di Carlo IV in Italia

Carlo IV – l’imperatore che seppe regalare a Praga e alla Boemia un periodo di grande prestigio e prosperità nel XIV secolo – durante la sua vita ebbe un legame molto forte anche con l’Italia. Le sue esperienze nella Penisola, sebbene di breve durata, lasciarono un segno indelebile nel suo carattere e nella sua futura azione di governo. Sin dalla nascita – avvenuta fra le 4 e le 5:30 del 14 maggio 1316 – parve immediatamente destinato ad una vita eccezionale.
Primogenito di Giovanni di Lussemburgo (detto il Cieco) e di Elisabetta (ultima discendente diretta dei Premyslidi), fu battezzato Venceslao in onore del patrono boemo.
Il giovane principe ebbe i primi contatti con la cultura italiana a Parigi, alla corte reale, dove il padre lo mandò per essere educato al mestiere di re e non solo. Oltre a rispettare la tradizione per cui i rampolli della casata lussemburghese venivano educati alla corte reale francese, visti anche i legami di parentele fra le due casate, Giovanni aveva organizzato il fidanzamento del primogenito con Margherita di Valois – chiamata comunemente Bianca – cugina del re di Francia Carlo IV.
Il matrimonio fu celebrato il giorno di Pentecoste del 1323 (15 maggio) e nella stessa occasione Venceslao ricevette il sacramento della cresima e prese il nome del suo zio e padrino, Carlo IV.
Come tutti i mestieri, la teoria serve a ben poco senza la pratica e l’esperienza sul campo. E il padre, il re Giovanni di Lussemburgo, quando nel 1331 decise di inviarlo in Italia, dimostrò di volerlo sottoporre a un banco di prova particolarmente rigoroso. La Penisola in quel periodo era un vero e proprio ginepraio.
Tratteggiare la politica italiana di quegli anni richiederebbe una lunga trattazione, basterà qui dire che si stava svolgendo una battaglia per l’egemonia che vedeva coinvolte oltre al papato anche Firenze, Milano e Venezia. Battaglia fatta non solo di scontri armati, ma anche di raffinate diplomazie e che vedrà una soluzione nel 1451 con la pace di Lodi.
E fu infatti in quel ginepraio italiano che Carlo, appena sedicenne, cominciò ad accumulare l’esperienza che gli sarebbe servita anche in patria per farsi rispettare dalla nobiltà boema.
Motivo della sua discesa in Italia del giovane principe era di consolidare il potere della casata, soprattutto in quelle città che avevano accettato la signoria dei Lussemburgo, come Bergamo, Modena e naturalmente Lucca.
Carlo giunse a Pavia il venerdì santo del 1331 e alloggiò in un convento dei monaci agostiniani fedele ai Lussemburgo. Che la situazione in Italia fosse alquanto difficile dovette rendersene conto fin da subito, quando il terzo giorno del soggiorno, la domenica di Pasqua, per colazione gli venne servito cibo avvelenato. La fortuna di Carlo fu che per meglio prepararsi alla funzione religiosa e quindi per poter ricevere l’eucarestia, secondo la tradizione, non mangiò niente.
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Gli effetti del veleno si fecero sentire al momento del pranzo quando molti dei commensali svennero e qualcuno morì come il maggiordomo personale del principe, Giovanni di Berg. Naturalmente la paura fu enorme tra i sopravvissuti, ma questo non impedì al giovane erede del trono di Boemia di notare fra i presenti una persona che si aggirava con fare sospetto tra i tavoli. Venne immediatamente fermato e sottoposto a tortura per farlo confessare. E dopo tre giorni di tale interrogatorio si riuscì a conoscere il nome di colui che aveva tramato nell’ombra. Nientemeno che il grande rivale dei Lussemburgo, Azzone Visconti, signore di Milano, che proprio in quegli anni stava conducendo vittoriosamente una guerra contro il regno di Boemia.
Conclusosi questo spiacevole episodio il giovane principe potè proseguire il viaggio, che lo portò all’incontro con il padre, nell’aprile di quello stesso anno con suo padre Giovanni. Il coinvolgimento di quest’ultimo negli affari italiani lo mise quasi in posizione di perdere il potere e l’appoggio imperiale.
La presenza dei Lussemburgo nella Penisola inoltre non era tollerata dalle potenti signorie italiane che formarono una lega sostenuta anche dal re di Napoli Roberto I d’Angiò.
Ai Lussemburgo rimasero fedeli poche città tra cui appunto Lucca che bene si difendeva dai ripetuti assalti della città gigliata. Lucca, tra l’altro, era stato una dei primi comuni a fidarsi di Giovanni di Boemia.
Fu proprio in quel periodo – il 25 novembre 1332– che il giovane Carlo si cimentò nella sua prima battaglia. Alla testa di un esercito boemo-tedesco sconfisse, nei pressi di San Felice di Modena, una coalizione di Estensi, di Scaligeri e di Gonzaga, esibendo una notevole preparazione militare. Era il giorno di Santa Caterina d’Alessandria. La morte del proprio cavallo e la ferita riportata da Carlo negli scontri non preclusero la vittoria che il futuro imperatore attribuì alla protezione della santa cui era dedicato il giorno, come dimostrano tutta una serie di opere artistiche, statue e immagini dedicate alla martire.
Dopo aver festeggiato la prima vittoria e aver celebrato il Natale a Parma, all’inizio del 1333 Carlo si mise in viaggio per Lucca. Qui si trattenne per qualche settimana e per meglio difendere la città rinforzò un borgo vicino e che in suo onore venne chiamato Montecarlo.
Ancora oggi gli abitanti di Lucca e in modo particolare i montecarlesi nutrono verso questo cavaliere medioevale un omaggio particolare, che si è concretizzato nel 2002 con il gemellaggio fra il Comune di Montecarlo e il Comune ceco di Karlstejn.
Fu proprio a Lucca che Carlo emanò i primi documenti ufficiali in cui egli esercitava la propria autorità signorile
Ben presto però gli avvenimenti europei spinsero Carlo lontano dalla sua amata Italia.
Anche dalla sua nuova sede praghese Carlo non si dimenticò mai dell’Italia. Per la ricostruzione della capitale del regno e dell’impero chiamò anche numerosi artisti italiani e lo dimostrò anche nel 1369 quando concesse ai lucchesi dei diplomi che li liberavano dalla dominazione pisana e accordando anche agli Anziani della città il diritto di istituire una università.
È il caso anche di ricordare la profonda suggestione culturale che su Carlo IV ebbe Francesco Petrarca, e che ebbe modo di incontrare di persona solo nel 1354 a Mantova durante il viaggio verso l’incoronazione imperiale e successivamente nel 1356 quando il poeta si recò in veste di ambasciatore visconteo alla corte praghese.
Ma i contatti epistolari tra i due erano iniziati molto prima, stando a cuore all’umanista il ritorno del papato da Avignone, ma non solo .
Il poeta italiano nel 1351 esortò Carlo a tornare in Italia per restaurarvi la potenza di Roma, ma l’imperatore gli rispose dando ragione della sua politica di non interferenza nelle cose d’Italia. Un atteggiamento che gli costò più avanti anche un severo rimprovero da parte del Petrarca, quando nel 1355 improvvisamente decise di lasciare l’Italia : “ti chiameranno anche a parole imperatore dei Romani, ma in verità tu sei soltanto re di Boemia”.

Di Marco Moles