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Intervista a Kimberly Bianchini-Scudellari, fondatrice a Praga di una organizzazione no-profit che aiuta i profughi ucraini, soprattutto donne e bambini, rifugiatisi in Repubblica Ceca 

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Kimberly Bianchini-Scudellari con due bambini ucraini rifugiati

“La fortuna di AMITY è quella di poter contare su un team di persone competenti e di talento che possono aiutare a più livelli: medico, educativo, di inserimento lavorativo, legale e psicologico”, spiega Kimberly. Cittadina statunitense, madre di cinque figli, da più di dieci anni vive a Praga, dove con il marito Filippo, imprenditore italiano, gestisce una azienda del settore immobiliare. L’entusiasmo e l’energia coi quali parla del suo progetto, la dicono lunga sulla dedizione che Kimberly dedica a questa iniziativa.

Come è nata l’idea di fondare AMITY e che tipo di aiuto fornisce? 

 AMITY è nata dalla necessità urgente di dare un alloggio e altri beni di prima necessità ai rifugiati che sono fuggiti dalla guerra in Ucraina verso la Repubblica Ceca. La decisione di fondare AMITY non è stata studiata a tavolino, ma è sorta semplicemente dal sostegno spontaneo che io e mio marito abbiamo fornito ad alcune famiglie, un aiuto cresciuto nel tempo fino a diventare l’AMITY di oggi. Una volta capito quanto fosse immenso il bisogno e quanto fossero limitate le opportunità, abbiamo deciso di offrire tutti i nostri appartamenti sfitti e di procurarne altri grazie ai nostri contatti nel mercato immobiliare. Il numero degli alloggi è cresciuto rapidamente, così abbiamo deciso di fondare AMITY come organizzazione no-profit per ampliare la nostra capacità di aiutare più famiglie in difficoltà.

Come funziona AMITY, quante persone la compongono e come dividete i vostri compiti? 

 AMITY ha la grande fortuna di essere composto da un team di persone di talento, il cui background comprende anni di valide competenze in ambito aziendale, medico, educativo, di inserimento professionale, legale e psicologico. Ogni membro del team, che attualmente è composto da 14 persone, ha la propria area di responsabilità e ci incontriamo regolarmente per sincronizzare i diversi ambiti operativi. AMITY è su base esclusivamente volontaria, quindi il 100% delle donazioni va direttamente alle persone che ne hanno bisogno.

Che risultati avete raggiunto in questi mesi di attività?

 Attualmente AMITY dà alloggio a 103 persone (55 adulti e 48 bambini) in 29 appartamenti nei dintorni di Praga. Il più giovane della nostra famiglia è un bambino di un mese nato a Praga, mentre il più anziano ha 72 anni. Tutti i bambini sono stati inseriti nelle scuole, tutte le famiglie con componenti in età lavorativa hanno almeno un componente della famiglia occupato e la grande maggioranza delle famiglie arrivate in primavera sta diventando sempre più autosufficiente.

In meno di sei mesi di attività, sono felice di poter dire che abbiamo un efficiente sistema di accoglienza e di supporto per i nuovi arrivati.

Innanzitutto, troviamo un appartamento che soddisfi le esigenze della famiglia, gestiamo noi stessi tutti gli aspetti legali e pratici della locazione e offriamo l’appartamento gratuitamente, o a un affitto ridotto, per i primi tre-sei mesi.

Dopo aver organizzato l’alloggio, aiutiamo le famiglie a stabilirsi nella Repubblica Ceca in modo da poter essere autosufficienti, anche per quanto riguarda l’inserimento scolastico, lavorativo, sanitario, ecc. Tutti gli appartamenti che abbiamo procurato potranno essere offerti a prezzi accessibili, una volta che le famiglie saranno diventate autosufficienti.

AMITY continua ad accogliere nuove famiglie e per farlo si affida al sostegno dei donatori. Il nostro obiettivo è aiutare queste famiglie, come quelle arrivate in primavera, a diventare più indipendenti nei prossimi mesi.

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Mi racconta un momento, un episodio, che considera particolarmente significativo e gratificante della sua esperienza con AMITY?

 Un momento che mi è rimasto impresso più di tutti è stato quando Tanya, una donna fuggita dall’Ucraina con i suoi gemelli di 9 anni, mi ha raccontato di sua figlia, alla quale è stato chiesto a scuola di scrivere cosa vorrebbe fare da grande. Ecco cosa ha scritto: “Quando avrò 26 anni, vorrei possedere delle case, offrirle alle persone che ne hanno bisogno, con pacchi di cibo e cose del genere”. Tanya, quando lo ha letto, ha capito che sua figlia si era ispirata al sostegno ricevuto da AMITY e lo aveva percepito come uno stile di vita che desiderava replicare. Mi ha commosso sapere che abbiamo contribuito a creare un altro circolo di sostegno che va al di là di AMITY e che, in parole povere, abbiamo fatto un passo avanti.Fra le famiglie che aiutate osservi più desiderio di stabilirsi e di integrarsi in Repubblica Ceca, oppure predomina la voglia di tornare? 

 Per quanto le famiglie di AMITY siano grate al popolo e al governo della Repubblica Ceca per l’enorme sostegno che hanno dato ai rifugiati ucraini, la stragrande maggioranza di loro desidera, quando potranno, tornare in patria, riunirsi alle loro famiglie, ricostruire le loro case e riprendere la vita di prima. Purtroppo, alcune delle nostre famiglie provengono da zone gravemente danneggiate e non è certo che abbiano una casa dove poter tornare.

Come riesce a gestire la tua attività lavorativa e i tuoi impegni familiari con questa attività di volontariato?

 Io ho cinque figli. Diciamo allora che sono abituata al multitasking! (sorride)

Che idea si è fatta del modo in cui la Repubblica Ceca (lo Stato, ma anche i cittadini comuni) sta reagendo all’emergenza profughi?

 La Repubblica Ceca, un piccolo Paese, ha accolto oltre 400.000 rifugiati ucraini, pari a circa il 4% della popolazione. Si tratta di un dato sorprendente, tra i più alti al mondo. Ma il sostegno non riguarda solo il governo, ma soprattutto le persone comuni che hanno aperto le loro case e i loro cuori al popolo ucraino. Conosco personalmente alcune famiglie che hanno ospitato i rifugiati nelle loro case, è un fenomeno diffuso ovunque. A questo si aggiunge il sostegno morale, testimoniato dalle tante bandiere ucraine esposte ovunque nella Repubblica Ceca, dalle manifestazioni e dall’attenzione dei media.

Che futuro potrà avere AMITY quando, speriamo presto, la crisi dei profughi sarà terminata?  

 Una volta superata questa crisi, intendiamo continuare a far crescere AMITY e offrire aiuto a donne e bambini che ne hanno bisogno. Utilizzando la struttura che abbiamo messo in piedi, ritengo che potremo sostenere le donne, la cui vita è precipitata per varie ragioni di sfortuna, e che hanno bisogno di un sostegno per ricostruire la loro vita.

AMITY è una organizzazione no-profit. Come è possibile contribuire alla sua attività? 

 AMITY può essere sostenuta attraverso donazioni in denaro, donazioni di proprietà o donazioni aziendali.

Per le offerte in denaro, accettiamo pagamenti con carta di credito o bonifici bancari. I donatori possono decidere come spendere il loro denaro, oppure possono chiederci di pensarci noi per loro.

Siamo sempre alla ricerca di nuovi alloggi, arredati o non arredati e per brevi o lunghi periodi. Ci occupiamo di tutte le pratiche burocratiche e garantiamo di prenderci cura dell’immobile.

Accettiamo anche donazioni aziendali sotto forma di beni, servizi o denaro e siamo lieti di accreditare tali donazioni sul nostro sito web.

Maggiori dettagli e modalità di donazione sono disponibili sul sito web all’indirizzo www.AMITY.ngo.

 di Giovanni Usai

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Rineke Smits e Maggie Lanzarotti (AMITY team)

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