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Luigi Offeddu, corrispondente a Bruxelles del “Corriere della Sera”, commenta per il Progetto Repubblica ceca il semestre di presidenza ceca.

“Non fidiamoci delle apparenze: il leone ceco è entrato a buon diritto nella savana europea, e non ha nessuna intenzione di uscirne”: ama le immagini colorite Luigi Offeddu. 56 anni, sardo di Nuoro, da due corrispondente del “Corriere della Sera” da Bruxelles, dopo una lunga carriera prima al “Giornale “ di Indro Montanelli e poi al settimanale “Panorama”. Oggi, scrive dalla capitale belga : cronista dal cuore di Eurolandia e osservatore privilegiato di cosa si muove nel parlamento dei 27: “Non mi stupisce più di tanto il proliferare a Praga dei partitini degli “euroscettici”- prosegue Offeddu- un fenomeno diffuso un po’ dappertutto a est in queste elezioni di giugno. E’ successo lo stesso, forse peggio a Budapest, con la vittoria del partito “L’Ungheria agli Ungheresi”, accade a Riga o a Sofia. Ad ovest, qualcosa di simile persino nella finora placida Irlanda…”

Il 14 % ai comunisti del Kscm: un risultato clamoroso?
Non direi. I partiti comunisti dei paesi dell’Est (nipotini asfittici dei comunisti dell’era brezneviana) cavalcano una protesta che è soprattutto economica, non politica o nazionalistica. Con la sola eccezione della ex Germania Est, non vedo segnali gravi di nostalgie comuniste. Un po’ dappertutto si è compreso che entrare nel sistema Eurolandia rappresenta una protezione, un investimento per il futuro. Come del resto, l’adozione dell’euro….”

Tocchiamo un tasto dolente: Praga, infatti, continua a restare fuori…
Vedremo fino a quando. Certo, il presidente Vaclav Klaus frena, compie gesti che dal di fuori sono visti come folcloristici. Ma non credo che i governanti cechi considerati nel complesso non abbiano capito il valore della moneta unica. Aspettiamo qualche anno…

Prima di guardare troppo avanti: il bilancio di questo semestre a guida boema?
Ci sono stati fatti positivi, ed altri che potremmo dire meno entusiasmanti. Innanzitutto, posso dire che Praga ha sofferto il fatto di arrivare alla presidenza dell’Unione dopo un paese leader come la Francia. Di più, dopo un leader che è anche un grande comunicatore, come Nicolas Sarkozy. Sarkozy ha rubato la scena a tutti, ha dilatato i tempi della presidenza francese, parla e continua a parlare come fosse lui il vero e unico leader europeo. Questo ha in parte oscurato i successori

Il secondo fattore negativo?
Sicuramente la crisi. Nel bel mezzo della guida ceca, è arrivata la crisi finanziaria e economica in Europa. A quel punto, la voce dei paesi fondatori si è fatta sentire più forte, condizionando le maggiori decisioni prese a Strasburgo. I fatti positivi che vedo sono invece una grande sensibilità culturale che Praga ha portato in Europa ( penso al prossimo convegno sull’Olocausto), una sincera vocazione al dialogo che servirà da esempio anche agli ultimi arrivati, a romeni e bulgari
Grand place, Brussels
Adesso, spazio alla Svezia. Che cambiamenti apporterà la presidenza svedese?
Innanzitutto una grande attenzione ai temi ambientali. Temi in cui i paesi scandinavi sono da sempre protagonisti, in un momento in cui l’argomento dell’utilizzo delle energie pulite è più che mai attuale. I primi aggiustamenti di rotta a Bruxelles si avvertiranno ad ottobre, per poi culminare con il convegno per il cambiamento del clima , previsto per dicembre a Copenaghen

Europa sempre più verde, insomma. Il tema ambiente resta protagonista: a Praga come a Riga come in Italia…
Una maggiore attenzione, una ricerca di energie sostenibili. Attenzione, però: va bene l’ecologismo e la tutela del territorio, ma bisogna comunque fare i conti con il portafogli. I lituani stanno chiudendo la centrale atomica di Ignalina, non so però quanti paesi possano permettersi decisioni simili. Chiudere le centrali atomiche significa comunque precludersi una fonte di energia preziosa: in tempi come questi una scelta rischiosa…

Non abbiamo parlato della presidenza ceca vista dagli “eurocrati”, da chi magari non appare ma decide veramente, a Bruxelles come a Strasburgo….
Continua un prudente giudizio positivo. Si è capito che la Repubblica ceca resta un paese affidabile. Probabilmente, quello con l’economia più solida dei paesi dell’ex Patto di Varsavia. Certo, anche i polacchi vanno bene, ma non hanno la stabilità di Praga. Se un grande manager deve investire nel cuore d’Europa, pensa sempre di più alla Boemia e alla Moravia

Quando si dice il fascino di Praga. Certo: i dati economici. Ma contano anche nostalgie personali?
Nel mio caso, senza dubbio sì. Ero al “Giornale”, Montanelli mi mandò nell’ autunno dell’89 a seguire le rivoluzioni dell’Est. Potevo mancare la Praga di Havel? Sono cose che restano nel cuore: ero a piazza san Venceslao quando cadde il regime comunista. E considero ancora oggi un capolavoro di diplomazia la “sametova revoluce – la rivoluzione di velluto.

Di Ernesto Massimetti