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Un adulto su dieci in Repubblica Ceca è alle prese con una esecuzione forzata. Una condizione di cui la gente spesso preferisce non parlare, ma che di recente è e diventata tema di dibattito pubblico. Oltre ai singoli debitori è in pericolo anche la coesione della società

Vrbno nad Lesy, distretto di Louny, regione di Ústí nad Labem. Un paesino come tanti, 180 anime, con la Chiesa dell’Assunzione, la vecchia birreria al centro del paese, e un cimitero storico che ricorda gli abitanti scomparsi, prima ebrei e poi tedeschi, nel tragico decennio degli anni Quaranta del secolo scorso.

Nel villaggio, oltre a questi ricordi del passato, c’è un altro aspetto interessante. Ben il settanta per cento degli abitanti è sottoposto a esecuzione forzata, la fatidica exekuce. Una situazione estrema e ricorrente soprattutto nella regione di Ústí nad Labem, dove la exekuce grava sulle spalle di un adulto su cinque.

L’altra faccia del successo economico

I numeri in Repubblica Ceca sono quelli di un’emergenza sociale. Circa un adulto su dieci – in totale 860 mila persone – risulta essere sotto pignoramento, mentre il numero complessivo di pignoramenti attivi supera i quattro milioni. Particolarmente preoccupante è poi la situazione delle oltre 400 mila persone ultra indebitate, che si trovano a dover far fronte a tre o più procedure di esecuzione forzata. Per questi debitori le possibilità di condurre una vita civile dignitosa sono molto scarse: la normativa prevede che la quota non confiscabile dai creditori ammonti al minimo vitale di 3.410 corone al mese. Pertanto molti dei debitori o percepiscono sussidi, non confiscabili per loro natura, o lavorano in nero per evitare le riscossioni coatte.

Molte persone ultra indebitate di fatto non arrivano mai a pagare il debito e le loro rate vanno a coprire gli interessi di mora e le penali.

Le cause di questo debito privato – valutato dall’agenzia Reuters in circa 250 miliardi di corone – sono molteplici. La maggior parte delle persone arriva al pignoramento attraverso i prestiti forniti da società non bancarie, che spesso adottano elevati interessi e sanzioni per ogni ritardo e inadempienza. A metterci del suo però è anche l’autorità pubblica. Emblematiche, sotto questo punto di vista, sono le multe comminate dalle aziende di trasporto pubblico, che caricate di sanzioni, interessi di mora, parcelle per avvocati e ufficiali giudiziari lievitano da poche centinaia a diverse migliaia di corone. Somme extra, che una parte consistente delle famiglie ceche non riesce ad affrontare con le risorse standard del loro bilancio familiare.

Il legislatore ha comunque cercato negli ultimi anni di mettere freno al settore dei prestiti non bancari, che fino al 2017 funzionava senza particolari regolamentazioni normative, consentendo un mercato dove potevano operare società con standard etici e commerciali molto diversi, spesso eccessivamente bassi.

Una novità fondamentale è stata la nuova legge sul credito al consumo, che ha messo l’intero settore sotto la vigilanza della Banca nazionale ceca. Alle società di credito al consumo è stato richiesto di ottenere entro giugno 2018 una licenza, con il risultato che delle centinaia di compagnie ne sono sopravvissute solo ottantacinque.

Selvaggia concorrenza

Quello creditizio è stato fino a poco tempo fa uno dei business meno regolamentati in Repubblica Ceca. Parliamo non solo della erogazione dei prestiti ma anche della stessa espropriazione forzata. Con una legge del 2001 è stata introdotta la figura dell’exekutor, un pubblico ufficiale addetto proprio a questo, ai pignoramenti.

L’exekutor viene nominato dal ministero della Giustizia, ma poi si deve guadagnare il pane sul campo in concorrenza con altri suoi simili. Il creditore, dopo aver ottenuto l’ordinanza di pignoramento dal tribunale, può scegliere liberamente a quale exekutor rivolgersi per riscuotere i soldi dal debitore. E a vincere in questa libera competizione – secondo l’accusa mossa delle Ong che si occupano del tema – sono gli exekutory con i metodi più spicci e spregiudicati. “Se uno di loro assume atteggiamenti non etici per ottenere risultati migliori, gli altri suoi parigrado hanno due possibilità: continuare a comportarsi eticamente, e non ottenere probabilmente l’incarico (perché ai creditori interessano i soldi non l’etica), oppure cominciare a comportarsi non eticamente” sostiene il coordinatore di progetti sulla tematica dei debiti dell’Ong Člověk v Tísni, Daniel Hůle.

I tentativi di limitare la libera concorrenza tra gli esecutori non hanno riscosso fino a oggi molto successo. Tra le idee più frequenti c’è quella di delimitarne la operatività territoriale alla loro regione di appartenenza o, addirittura, al solo distretto giudiziario. L’ultimo tentativo in questa direzione l’hanno fatto i deputati del partito Pirata depositando una proposta di modifica della legge in vigore. Il testo prevede che sia il tribunale a nominare l’ufficiale giudiziario sulla base della competenza territoriale. Secondo i relatori si spezzerebbe così anche il legame tra alcuni uffici di exekutor e i grandi creditori pubblici, tipicamente le aziende di trasporto pubblico. “La territorialità limiterebbe i diritti dei creditori e ridurrebbe la esigibilità dei crediti[i]”, sostiene invece l’Associazione dei Creditori Ceca (Česká asociace věřitelů). Per ora la proposta di legge dei Pirati rimane parcheggiata tra le pieghe dell’iter legislativo alla Camera.
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L’unica speranza per i debitori multipli è il processo di insolvenza personale e l’esdebitazione, ossia la cancellazione di parte dei debiti. Il processo di insolvenza può partire solo se il debitore è capace di ripagare in cinque anni almeno il trenta per cento delle sue pendenze. La riforma preparata dall’ex Guardasigilli Robert Pelikán, ribattezzata dalla stampa “amnistia per i debitori”, doveva aprire le porte a più possibilità di accesso all’insolvenza ma la Camera ha partorito un topolino. Con la nuova legge approvata in gennaio 2019 il giudice potrà derogare alla regola del trenta per cento a propria discrezione, trasformando l’insolvenza personale in un terno a lotto.

Le conseguenze del debito

Finora gli interventi della politica sul tema sono stati poco incisivi, anche perché prevale l’idea che i debiti debbano essere pagati a ogni costo. Eppure questa è una situazione capace di mette in difficoltà la giovane democrazia ceca. Secondo un’indagine effettuata dall’agenzia Median per la testata A2larm, le persone sotto esecuzione forzata hanno un grado di sfiducia verso le istituzioni democratiche sensibilmente maggiore. Addirittura, le zone del Paese dove c’è maggiore concentrazione di pignoramenti coincidono con quelle dove i partiti antidemocratici e populisti ottengono i migliori risultati elettorali. Le esecuzioni forzate sono concentrate infatti nelle regioni più deboli della Repubblica Ceca, che rischiano di diventare delle autentiche discariche sociali del Paese.

D’altra parte, il capitale finanziario del Paese nasce in larga parte dal settore dei mutui non bancari a tassi folli e senza regole di tutela. Da grandi gruppi come il Ppf di Petr Kellner a società d’assalto come il Profi Credit del magnate David Beran sono diversi i miliardari cechi, che hanno interessi diretti nel settore. Il loro impatto politico, mediatico e sociale è ben superiore a quello dei debitori, che è l’unica grande categoria della società a non avere una organizzazione di sindacato e lobby che curi gli interessi. Solo di recente alcune Ong attive nel settore sociale ceco hanno iniziato a parlare diffusamente del problema e delle sue implicazioni politiche e sociali. D’altronde, proprio le attività di monitoraggio del settore hanno spinto negli ultimi anni alcune grandi società, come la già citata Home Credit, a migliorare sensibilmente l’approccio verso i clienti e le condizioni contrattuali.

Il problema del debito è storicamente sempre stato al centro della questione democratica. Persino nella Antica Grecia, la prima grande riforma democratica fu quella di Solone che abolì la schiavitù per debiti e fece un’amnistia dei debiti. La ratio di questo provvedimento è chiara: gli interessi privati, anche quando si parla di soldi o di proprietà, non devono mettere in pericolo la società. Una lezione storica, che evidentemente la Repubblica Ceca deve ancora imparare.

di Jakub Horňáček