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A Ostrava e dintorni la crisi del settore carbonifero minaccia il lavoro di migliaia di minatori. Il timore di uno sconvolgente effetto dominio che nei prossimi mesi potrebbe mettere in ginocchio la Moravia-Slesia, una regione già afflitta da gravi problemi economici e sociali

Da queste parti ci sono tanti lavoratori abituati a scendere tutti i giorni nelle viscere della terra, a centinaia di metri di profondità, per guadagnarsi il pane quotidiano. È gente che la paura quasi non sa cosa sia. Eppure, da qualche mese, a Ostrava e dintorni la tensione è palpabile. “Temo per la mia famiglia, per i miei figli, perché non so che futuro potrò assicurargli” ammette Martin, quarant’anni, minatore da venti, commentando le ultime notizie dei giornali.
Ostrava city - outlook from the New City Hall to downtown
L’intera città ha il fiato sospeso per i licenziamenti di massa che potrebbero scattare nei prossimi mesi. L’attenzione è rivolta in particolare verso la miniera di carbone Důl Paskov – qualche chilometro a sud di Ostrava, di proprietà della Okd, dove lavorano più di 2.500 persone – la cui possibile chiusura potrebbe attivare un effetto domino di proporzioni devastanti sul piano occupazionale e sociale. Il governatore regionale, Miroslav Novák (Socialdemocratico) ha detto che nei prossimi mesi i licenziamenti nella Moravia-Slesia potrebbero riguardare 13 mila lavoratori.

Per la popolazione si tratterebbe di un colpo immane, in una zona della Repubblica Ceca dove la disoccupazione raggiunge già percentuali a due cifre. Atterrisce la prospettiva che si ripeta quanto avvenne nel 1998, quando da queste parti nel breve volgere di un anno il tasso di disoccupazione si impennò dall’8% a quasi il 12%, per poi continuare a salire nei successivi cinque anni al 17%. In quella occasione fu la privatizzazione sbagliata dei due colossi siderurgici Nová Hut’ e Vítkovice a incidere. Dal 2006 al 2008 – in concomitanza della forte sviluppo economico vissuto dalla Repubblica Ceca in quegli anni – si era verificata una notevole ripresa occupazionale. Ma oggi, dopo questi ultimi cinque anni di crisi, la situazione è tornata ad essere di grave sofferenza, con un tasso dei senza lavoro che già sfiora il 10%.

“Oggi, per ogni posto di lavoro libero, segnaliamo 20 persone in cerca di occupazione” afferma sconsolata Yvona Jungová, direttore dell’Ufficio del Lavoro e di collocamento della Regione.

Ancora più pessimista il sindaco di Ostrava, Petr Kajnar, anche lui Socialdemocratico, in carica da sette anni e per la prima volta alle prese con una emergenza di questa portata. A suo parere, il numero dei lavoratori che rischia il posto è persino superiore alle cifre riportate nelle analisi delle autorità competenti: “secondo me si potrebbe trattare anche di 25 mila persone e l’amministrazione comunale non è assolutamente in grado di assorbire un numero tale di licenziamenti. In una situazione di questo tipo l’unica forza in grado di intervenire può essere il Governo centrale”. Lo stesso Kajnar ricorda quanto avvenne nel 2002, altro periodo nero sul piano occupazionale: “allora il comune finanziò con 700 milioni la realizzazione della zona industriale di Ostrava Hrabová, che oggi dà lavoro a 8 mila persone. Ma adesso la mia amministrazione non dispone di una cifra del genere”. Da qui il messaggio che il sindaco lancia a Praga: “In una situazione di questo tipo, per evitare il peggio, il governo dovrebbe anche a valutare la possibilità di comprare la miniera di Paskov”.

Il timore è chiaramente quello della catastrofe sociale, in una regione dove i problemi già oggi non mancano e dalla quale molta gente, soprattutto i giovani, preferisce andare via. Si calcola che dalla città di Karvina, altro centro minerario situato 18 km a est di Ostrava, negli ultimi 30 anni il numero degli abitanti sia calato da 80 mila a 60 mila persone.

Davanti alla crisi che sta attraversando la Důl Paskov e la Okd, sembrano servire a poco le rassicurazioni del gruppo proprietario, la New World Resources (Nwr) del tycoon Zdeněk Bakala. Nonostante siano trascorsi appena cinque anni, sembrano ormai lontani i tempi in cui Bakala veniva celebrato come il Barone del carbone dell’Europa centrale. Allora la Nwr era stata protagonista di una strepitosa espansione, passata anche attraverso lo sbarco in Borsa, con collocamenti nella piazze di Praga, Varsavia e Londra.

Un’atmosfera oggi completamente cambiata. Alla Nwr giurano che saranno valutati tutti i mezzi per evitare il peggio e che la eventuale chiusura della Důl Paskov non avverrà prima della fine del 2014. Una consolazione davvero misera per i lavoratori che rischiano il posto.

Le leggi del mercato appaiono d’altronde impietose. Negli ultimi tempi, la domanda eccessivamente bassa del carbone di Paskov (carbone metallurgico o da coke) ha avuto come conseguenza che la produzione è giunta a costare molto più del prezzo di vendita. E le ultime notizie sul bilancio Nwr parlano purtroppo chiaro: nei primi sei mesi di quest’anno, le perdite hanno raggiunto la cifra da capogiro di quasi 400 milioni di euro (circa dieci miliardi di corone), mentre il mercato aspettava un rosso al massimo di 70 milioni di euro. Una ulteriore voragine, dalla quale gli esperti ricavano una sola conseguenza: mantenere in attività la miniera è ormai insostenibile, tanto più che sinora si è rivelato vano il tentativo di trovare un acquirente disposto a rilevarne la proprietà.
mine
I licenziamenti in realtà sono già iniziati. Appena poche settimane fa la Okd ha annunciato la chiusura del contratto di lavoro a 250 lavoratori, soprattutto impiegati. Entro settembre diminuirà di un terzo l’organico dei lavoratori interinali, il cui numero è destinato a scendere a 2700 persone. Prime misure di un piano di contenimento delle spese che, vista la portata della crisi, appaiono sin da ora del tutto insufficienti. Le rappresentanze sindacali hanno invece rifiutato la richiesta della Okd di diminuire del 20% le retribuzioni, che attualmente hanno una entità media lorda di 32 mila corone al mese.

Nella regione non è solo il destino della Okd oggi a preoccupare. A Ostrava già da qualche tempo vacilla il colosso siderurgico Evraz Vítkovice Steel. Anche in questo caso, ad essere decisivi saranno i prossimi mesi.

di Giovanni Usai