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Forse la grande stagione del cinema italiano non esiste più. Volti, nomi, firme che hanno contribuito a cambiare l’evoluzione del cinema del mondo appartengono ormai alla storia. Eppure, anche quest’anno, la XLIV edizione del Festival di Karlovy Vary ha testimoniato, con i film italiani presenti in concorso e non, una vivacità che merita interesse e attenzione

Ne “L’Uragano di Novembre” Hrabal racconta con toni commossi un incontro avvenuto anni fa a Karlovy Vary durante i giorni del Festival. I protagonisti: da una parte lo scrittore ceco, icona della letteratura ceca, dall’altra Bernardo Bertolucci, regista italiano fra i più noti a livello internazionale, forse l’ultimo dei maestri del nostro cinema. Hrabal è colpito dagli occhi di Bertolucci, sono gli occhi di un poeta, li definisce “gli stessi occhi di Baudelaire”; lo scrittore è affascinato e incuriosito da questo regista che tanto fa parlare di sé nel mondo. Il loro incontro è breve ma caratterizzato da reciproco interesse, voglia di conoscersi, di saperne di più, di scoprirsi.

È questo forse lo scopo principale di un festival, che è sì vetrina commerciale, passerella mondana caratterizzata da cocktail esclusivi e serate VIP, ma principalmente è – o dovrebbe essere – il momento migliore per avvicinarsi a nuove storie, nuovi incontri.

Forse la grande stagione del cinema italiano non esiste più, volti, nomi, firme che hanno contribuito a cambiare l’evoluzione del cinema del mondo appartengono ormai alla Storia del Cinema. Eppure, anche quest’anno, la XLIV edizione del Festival di Karlovy Vary ha testimoniato, con i film italiani presenti in concorso e non, una vivacità che merita interesse e attenzione.

Il successo di film come Gomorra e Il Divo, due film non convenzionali, espressioni di un nuovo modo di intendere il cinema italiano, ha fatto da apripista e viene in qualche modo sottolineato anche dalle presenze italiane di quest’anno a Karlovy Vary.

Tutta la vita davanti di Paolo Virzì segna il ritorno del regista livornese alla commedia dopo l’excursus storico di N.

Virzì conosce bene, benissimo, la lezione dei Risi e dei Monicelli, e nel suo ultimo film torna ad affrontare il tema del lavoro nell’Italia di oggi. Sabrina Ferilli, sua attrice-feticcio già protagonista de La Bella Vita, il suo esordio del 1994, torna insieme a Elio Germano a lavorare con Virzì in quest’acuta analisi del fenomeno dei call-center. Tratto dal diario di una blogger, Michela Murgia, Il mondo deve sapere, il film affronta con onestà e lucidità una realtà che coinvolge migliaia di giovani in Italia, illusi e frustrati da un lavoro che spegne speranze e ambizioni. La capacità di raccontare storie di Virzì si salda alla denuncia, ma con l’intelligenza e l’ironia tipica dei suoi film.

Musicologo e scrittore, Alessandro Baricco è ormai uno dei nomi italiani più conosciuti a livello internazionale. Il successo dei suoi libri in tutto il mondo, da Castelli di rabbia a Oceano Mare, lo ha portato a sperimentare nuove vie espressive come la musica e il cinema. Dopo l’adattamento di Seta – con un cast internazionale di alto livello: Keira Knightley, Michael Pitt, Alfred Molina e un affermato regista francese, Francois Girard – Baricco diventa stavolta regista e firma il suo primo film con Lezione 21 coinvolgendo in questo progetto un cast stellare con un attore del calibro di John Hurt per questo film difficile e stimolante sulla musica e la sua forza ispiratrice.

Altro nome importante è quello di Davide Ferrario, che con Tutta colpa di Giuda ha creato un mix fra commedia musicale e film carcerario. Ambientato nel carcere delle Vallette a Torino, Ferrario racconta l’allestimento di un musical fatto dai detenuti. Definito da Ferrario non un film sul carcere, ma un film nel carcere, Tutta colpa di Giuda è un film sulla redenzione e sulla colpa raccontato in modo assolutamente non convenzionale.

Se questi sono stati forse i tre film più importanti presentati quest’anno, bisogna anche ricordare Pranzo di ferragosto, di Gianni Di Gregorio, La Pivellina, di Tizza Crovi e Rainer Frimmel, e Diario di uno Scuro, di Davide Barletti, Edoardo Cicchetti e Lorenzo Conte.

Pranzo di ferragosto è una commedia dolceamara basata su esperienze realmente vissute dal regista che per questo film ha deciso di affidarsi quasi interamente ad attori non professionisti, basandosi sulla forza della loro personalità. È un’opera nuova, interessante, che giunge a Karlovy Vary forte anche del successo riscosso al Festival di Venezia 2008, dove ha vinto il premio “Leone del Futuro”.

La Pivellina è l’opera prima di due documentaristi, Crovi e Frimmel, uno italiano, il secondo austriaco, che rivelano l’impronta documentaristica del loro cinema utilizzando uno stile sincero e diretto per narrare la loro storia. Vincitore del “Prix Europa Cinema” all’ultima edizione del Festival di Cannes, nella sezione “Quinzaine des Realisateurs”, il film è piaciuto per la sua generosità e semplicità ed è stato distribuito in tutta Europa.

Diario di uno Scuro è infine uno straordinario documentario sulla vita di un boss pugliese della Sacra Corona Unita, un piccolo film di 52 minuti che schiude nuove conoscenze su una delle mafie meno conosciute e che purtroppo rappresentano una costante della vita italiana.

L’Italia era presente anche come paese coproduttore di pellicole importanti come Antichrist di Lars Von Trier e Looking for Eric di Ken Loach, sicuramente due tra i più interessanti film europei usciti quest’anno.

La presenza del cinema italiano è dunque una costante del cinema europeo e continua a segnalarsi sugli schermi europei, in modo diverso rispetto al passato, ma certamente con vitalità e passione testimoniate anche quest’anno dal Festival di Karlovy Vary.

di Luca Gesualdo