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Ivan Jestřáb, ambasciatore della Repubblica Ceca a Tbilisi, parla delle politiche europee di vicinato e delle nuove ambizioni russe, tre anni dopo il conflitto in Ossezia del Sud

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“Non lasciare sola la Georgia, non farla sentire lontana dall’Europa: penso sia questo il primo nostro dovere“. L‘accesso all’ambasciata ceca a Tbilisi è piuttosto controllato: l‘edificio ha qualcosa del fortino, austero e senza orpelli, la via molto controllata dalle forze di sicurezza. Eppure, la guerra del 2008 è un ricordo che sembra lontano.
Asciutto ed essenziale senza essere scostante, diretto e immediato quanto può esserlo un diplomatico, l’ambasciatore Ivan Jestrab, da qualche anno guida la rappresentanza della Repubblica Ceca a Tbilisi. Un osservatorio privilegiato, un punto di vista cruciale, quello della capitale caucasica, per capire come si muovono i rapporti fra Europa e Russia in questo momento.
Un osservatorio tanto più decisivo dopo la “guerra dei cinque giorni” dell’agosto 2008, quando truppe russe occuparono i territori georgiani dell’Abkasia e dell’Ossezia del Sud,scatenando una grave crisi internazionale.
“Penso si debba ripartire proprio dalla tregua dell’agosto 2008 – spiega il diplomatico davanti a una tazza di caffè- Nel senso che l’impegno della nostra Repubblica, come dell’Europa e degli Stati Uniti, andava e va proprio verso il pieno rispetto dei confini territoriali georgiani. Ma oltre al discorso dei confini, c’è un altro punto decisivo che non possiamo dimenticare”
A cosa si riferisce ?
“Al graduale inserimento della Georgia nel “sistema Europa”. Questo non significa l’inserimento immediato di Tbilisi nell’Unione o nella Nato. Significa però certamente l’ampliamento e la valorizzazione delle politiche di vicinato. Che vanno dalla cooperazione economica al supporto culturale, alla sicurezza, ai piani per migliorare il livello di conoscenza dei giovani georgiani, al vecchio progetto del Guam (1), che prevedeva un accordo sempre più stretto fra Georgia, Ucraina, Azerbaidjan e Moldova. Tutto questo serve a mantenere legami sempre più stretti e irrinunciabili fra il Caucaso e l’Unione europea”.
-Il Guam non sembra godere di buona salute. Le caute aperture europee, poi, sembrano non bastare al presidente georgiano Michail Saakashvili. Tbilisi soffre piuttosto la sensazione di essere lasciata sola di fronte alle pressioni russe…
“Non sono affatto d’accordo su questa visione. La Georgia occupa una posizione strategica nella visione europea,per esempio è attraversata dal percorso dell’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceihan, è comunque insostituibile nei rapporti europei verso il Vicino Oriente, è uno snodo geopolitico ed economico, è una tappa obbligata. Nessuno ha mai abbandonato questo paese”
- La politica estera di Mosca coltiva naturalmente un’altra visione. Parla di “assedio ai confini russi”, soffre la politica di “accerchiamento”…
“Intanto ci sarebbe molto da discutere su quali siano storicamente ed effettivamente i “confini russi”. Questione mai completamente definita. L’altro punto di riflessione sono le due “neorepubbliche” caucasiche: Ossezia meridionale, appunto, e Abkhazia. Due entità, riconosciute praticamente solo da Mosca e da altri quattro paesi in tutto il mondo, che sussistono de facto su territori georgiani. Un nodo che, prima o poi, verrà al pettine”
-Resta il fatto che la nuova Georgia democratica è un paese ancora debole nella sua democrazia, alla ricerca di alleanze nello scenario internazionale…
“E infatti siamo consapevoli che Tbilisi debba guardare non solo ad Ovest. Sta crescendo, per esempio, una collaborazione con Ankara, Baku o Yerevan. Bene, tutto questo rientra nelle politiche di vicinato. Se Tbilisi cerca alleati affidabili, non possiamo che essere contenti di questi legami. Su Teheran, è naturale, siamo più prudenti”
-Secondo una tesi accreditata, l’occupazione di Abkhazia e Ossezia meridionale è nient’altro che la risposta russa al riconoscimento del Kosovo indipendente. Insomma, Mosca intenderebbe rispondere “colpo su colpo” alle politiche occidentali…
“Non bisogna confondere i punti critici con la situazione normale. I rapporti fra Russia ed Europa (e quindi con la Repubblica Ceca) sono avviati in un canale di normale scambio, sia politico che economico. Non conviene a nessuno, e dunque neppure a Mosca, interrompere questo rapporto di collaborazione commerciale ed economica che porta vantaggi ad entrambe le parti. Parlo per esempio di gas, petrolio, ma anche di tutto il know how che l’Europa vende alla Russia “.
-E gli interessi cechi?
“Siamo stati fra i primi a manifestare solidarietà alla Georgia, dopo l’attacco del 2008. Siamo fra le nazioni più impegnate in questa “strategia dell’attenzione”verso il paese. Strategia che passa anche attraverso vincoli economici. La nostra società Energo-pro si sta occupando del settore energetic, la polizia georgiana usa le nostre auto Skoda…”
-Un po’ ovunque, si notano segni di una rinnovata aggressività russa: Transnistria, Bielorussia, Ucraina orientale. Quasi Mosca voglia riguadagnare alcune parti del suo ex “impero” …
“Qui torniamo al discorso dei confini russi, su quali essi siano effettivamente. Ci sarebbe, per tutti, l’esempio di Konigsberg o Kaliningrad che dir si voglia. Bene, questa città storicamente è Russia? O Germania? Fra l’altro Konigsberg (Královec) fu fondata da un re boemo, Přemysl Otakar II, nel Medioevo, il che non dà diritto ai cechi di mettere in discussion il suo status. Certo, il panslavismo russo, e non solo russo, è ancora forte e vegeto. Ma non credo che tutto questo possa rappresentare davvero una minaccia alla solidità attuale del Sistema Europa”.

• Il Guam, Organizzazione per la Democrazia e lo Sviluppo Economico, è un’organizzazione internazionale regionale i cui membri effettivi sono quattro paesi post-sovietici: Georgia, Ucraina, Azerbaigian, Moldavia. Stati i cui territori hanno un ruolo chiave nei progetti di diversificazione energetica europea.

Di Ernesto Massimetti