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Tomáš Rosický: un grande talento, tra giocate da campione e muscoli troppo fragili che ne hanno condizionato la carriera

Centrocampista centrale, ala destra, regista, trequartista. Tomáš Rosický si è sempre contraddistinto per la sua versatilità nella parte nevralgica del terreno di gioco, ovvero la capacità di saper ricoprire con ottimi risultati tutti i ruoli del centrocampo grazie a una straordinaria visione di gioco, unita ad una tecnica individuale da fuoriclasse di livello mondiale. Lanci di una precisione millimetrica in grado di mettere i compagni nelle condizioni migliori per battere a rete, ma anche la capacità di saltare l’uomo e calciare verso la porta avversaria. Non a caso nel corso della carriera gli è stato conferito il soprannome di “piccolo Mozart”, paragonando la sua genialità a quella del più grande compositore di tutti i tempi. Un talento tra i migliori del globo che però non è mai riuscito a esprimere tutte le sue potenzialità a causa di un fisico “di cristallo”, che troppo spesso lo ha costretto a stare lontano dai campi di gioco. Un fattore costante nel suo percorso da professionista, che ne ha impedito il definitivo salto di qualità.

Tomáš Rosický nasce sulle sponde praghesi della Moldava il 4 ottobre del 1980. Inizia a tirare i primi calci al pallone da giovanissimo, su consiglio di papà Jiří, ex calciatore dello Sparta Praga. Ed è proprio il padre a portare il piccolo Tomáš al TJ Kompresory, società che oggi si chiama Bohemians Praha.

All’età di otto anni passa alle giovanili dello Sparta. Le qualità sopra la media del piccolo Tomáš risultano evidenti: brucia le tappe del settore giovanile arrivando ad esordire con la maglia della prima squadra già a 17 anni. Pian piano entra nell’undici titolare conquistando da protagonista due campionati di fila (1999 e 2000) e dimostrandosi uno dei giovani più promettenti dell’intero panorama internazionale. Il 23 febbraio 2000 arriva anche la prima chiamata della nazionale maggiore, con il tecnico Jozef Chovanec che lo fa esordire a Dublino nel test amichevole contro l’Irlanda. Il suo nome entra ben presto nei radar degli osservatori dei maggiori club europei, che ne apprezzano le qualità tecnico-tattiche. Il Borussia Dortmund lo corteggia a lungo, prima di sferrare il colpo decisivo il 9 gennaio 2001: con all’attivo 41 presenze e 9 gol con la maglia dello Sparta, Rosický si trasferisce in Germania per 14 milioni e mezzo di euro.

I giornalisti tedeschi e i tifosi, vedendolo così magrolino, presero subito a chiamarlo “Schnitzel”, vale a dire cotoletta, un nomignolo che sottintendeva l’invito a mangiare di più e a irrobustirsi.

Il campione ceco – che per la cronaca ha sempre detestato quel nomignolo – non delude comunque le aspettative in terra teutonica, compiendo il definitivo salto di qualità. Con la maglia giallonera vince il terzo titolo della sua carriera, il sesto “Meisterschale” della storia del club, prima di vestire la maglia dei cannonieri dell’Arsenal.

Il tecnico francese Arsène Wenger, famoso per il grande fiuto per i futuri talenti, riesce a strapparlo al club tedesco, affidandogli un ruolo di primo piano nel suo scacchiere tattico.

In Inghilterra arriva la definitiva consacrazione: il primo anno si conclude con 26 presenze, 3 reti e una quantità industriale di assist per i compagni. Ma nell’anno successivo, dopo una buona partenza, inizia il lungo calvario: il primo febbraio il ginocchio sinistro fa crack. Un vero colpo al cuore sia per i suoi tifosi, che proprio sul più bello devono rinunciare al calciatore di maggior fantasia, sia per lui, costretto a saltare gli Europei 2008 con la nazionale. Rosický resta lontano dal terreno di gioco per 434 giorni, senza giocare neppure un minuto nella 2008-2009. Il campionato seguente non comincia nel migliore dei modi: il 4 agosto, poco prima dell’inizio della Premier League, il giocatore ceco viene colpito da un problema muscolare, che lo tiene fuori fino a metà settembre. Da lì in poi colleziona 33 presenze, realizzando 3 reti. Nella stagione successiva, Rosický raggiunge un’ottima condizione fisica ed una continuità che mancava dai tempi del Borussia Dortmund. Viene schierato con regolarità, ma quando tutto sembra andare per il meglio arriva un nuovo infortunio: rottura del tendine d’Achille e conseguente operazione. La riabilitazione dura ben 160 giorni. Nei due anni successivi, viene colpito da diversi infortuni muscolari, che lo costringono a saltare circa 15 partite, prima dell’ennesimo inferno. Al termine della annata 2014-2015 il ginocchio sinistro salta nuovamente, costringendo Tomáš a un nuovo intervento. Il calciatore praghese ha effettuato tutte le procedure di riabilitazione per poter tornare in campo al più presto. Ci è voluto del tempo, prima di poter tornare a sentire il profumo dell’erba dell’Emirates Stadium.

Nonostante i tanti infortuni capitati, Arsène Wenger ne ha avuto sempre una grandissima stima, sostenendolo nei momenti più bui della sua carriera ed esortandolo a non mollare nonostante un fisico troppo fragile. “Lui è un vero uomo-Arsenal, perché è qui da molto tempo. È davvero il calciatore che rappresenta meglio la nostra idea di calcio: è un uomo squadra, ha ritmo, ha un cervello veloce e capisce bene il gioco. E io lo voglio sempre nella mia rosa, adoro le sue qualità”. Un attestato di stima davvero importante per il calciatore ceco.

Rosický ha partecipato nei due anni preceddenti, sino a questi ultimi contrattempi fisici, alla straordinaria cavalcata della nazionale ceca verso gli Europei di Francia 2016. Così come Wenger, anche il tecnico della selezione ceca Pavel Vrba ha espresso in varie occasioni il suo grande apprezzamento per il suo fantasista. “Quando mi chiedono la formazione titolare, io rispondo sempre che l’unico sicuro di scendere in campo è Tomáš Rosický”. Una garanzia, una sicurezza alla quale affidarsi in ogni caso. Lo straordinario cammino della selezione ceca è iniziato il 9 settembre 2014 con la piacevole sorpresa della vittoria casalinga contro l’Olanda. Da lì, la formazione di Vrba è riuscita a inanellare una serie di tre vittorie consecutive, di cui due in trasferta in Turchia e Kazakistan, prima di un deludente pari con la Lettonia. Il 12 giugno è arrivata la prima sconfitta sul campo della sorpresa Islanda; è l’ultimo passo falso prima della qualificazione, che viene conquistata grazie alle successive vittorie. La nazionale ceca è tornata dunque a disputare un Europeo dopo l’apparizione del 2012 in Polonia e Ucraina, in cui riuscì a superare egregiamente il girone prima di arrendersi al Portogallo di Cristiano Ronaldo. C’era anche Rosický a difendere i colori del proprio paese. I tifosi in particolar modo hanno sperato di recuperare questo straordinario giocatore, che in occasione del match in Islanda ha toccato quota 100 presenze con la maglia del Leone. Un viaggio lungo 15 anni, partito a Dublino nel lontano 2001 e proseguito grazie al grande spirito di sacrificio di Tomáš, pronto a rialzarsi dopo ogni caduta.

di Alessandro De Felice