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Giovani, laureati, dipendenti a Praga di grandi compagnie internazionali e quasi sempre in fuga da un destino da disoccupati in Italia. E’ questo il ritratto più frequente dei nostri connazionali che, a centinaia, si sono stabiliti negli ultimi anni nella Città d’Oro

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Vincenzo, campano, 28 anni, dal 2009 lavora a Praga in outsourcing per una grande multinazionale americana come capo progetto: “Dopo la laurea in economia e marketing, ho provato a cercare lavoro in Italia, nel centro-sud e a Roma, ma tutto quello che mi veniva offerto era uno stage non retribuito – neanche i buoni pasto – e senza promessa di assunzione”. A conti fatti, andare a lavorare al nord non gli conveniva, “anche perché con un’ora e mezzo di aereo sono a Praga. E poi un low cost è meno caro di un treno per andare da Napoli a Milano”. Vincenzo racconta come è riuscito a trovare lavoro in Repubblica Ceca: “Ho letto un annuncio su Internet, ho mandato il curriculum e dopo qualche giorno mi hanno chiamato. Ebbene sì, qui i curricula li leggono anche!” Oggi Vincenzo guadagna 45.000 corone lordi (circa 1.700 euro) al mese. Sa che per lo stesso tipo di lavoro potrebbe, in teoria, prenderne almeno il doppio in Italia ma, come egli stesso sottolinea, “il problema è che in Italia non mi avrebbero mai proposto un posto di questo tipo, a 28 anni, e quasi senza esperienza”.
Il suo non è che uno dei tanti esempi del cosiddetto fenomeno dei laureati italiani in fuga, dei cervelli che abbandonano il Belpaese. Si è già scritto molto su questa nuova emigrazione. E’ un esodo composto non più – come una volta – da disperati con la valigia di cartone, alla ricerca di un lavoro duro ma sicuro, ma di giovani laureati che decidono di portare all’estero le loro qualità non riconosciute o mal apprezzate in patria. Non più braccia portate via alla campagna e alla miseria, ma giovani, con talento e idee, che avrebbero come alternativa un futuro incerto e spesso di disoccupazione.
Questa nuova emigrazione si è diretta soprattutto oltre oceano, negli Stati Uniti e in Canada, cosi come nei paesi europei più all’avanguardia, come la Germania, l’Inghilterra o i paesi del nord Europa che hanno saputo creare strutture più idonee per attirare ed accogliere i giovani cervelli da tutto il mondo.
Dal 2004 – anno dell’allargamento dell’Europa a 25, con l’ingresso di molti paesi dell’ex blocco comunista – si è avuta una nuova e interessante emigrazione di giovani laureati italiani verso i paesi dell’Europa centro-orientale. Questo fenomeno ha ormai assunto una portata che non può passare inosservata e si presenta come dato di fatto da saper cogliere. Lo confermano anche le statistiche fornite dall’Aire (l’Anagrafe Italiani Residenti all’Estero), che conta una sempre maggiore popolazione giovanile iscritta in Repubblica Ceca (circa 2600 italiani registrati nella sola Praga), Slovacchia e Polonia, per fare gli esempi più vicini e evidenti.
All’inizio del nuovo millennio, molte società multinazionali hanno cominciato a spostare i loro centri proprio in questi paesi della Nuova Europa. In Repubblica Ceca, soprattutto a Praga, dopo l’ingresso le Paese in Ue, la presenza di queste compagnie è diventata massiccia, assumendo il ruolo di principale datore di occupazione per decine di migliaia di giovani, anche stranieri.
Grandi società internazionali come le americane Accenture, Exxon Mobil, Honeywell, Oracle, Monster, le europee Sap, Dhl, Vodafone, la cinese Huawei e un lunghissimo elenco di molte altre ancora, hanno deciso di stabilire a Praga i loro centri di interesse, finanziario e logistico per l’Europa dando il via al recruitment di migliaia di giovani su tutto il continente. Sono aziende che hanno la loro base operativa in Repubblica Ceca, ma lavorano fondamentalmente per i mercati dell’Europa occidentale. Hanno perciò bisogno di materiale umano che – oltre a saper usare il computer e ad avere certe skills relative al tipo di impiego previsto – sappiano anche le lingue dei paesi target, fra cui anche l’Italia.
Ecco perché negli ultimi cinque/sei anni sono arrivati a Praga, dall’Italia, centinaia di giovani – in grande maggioranza laureati alla prima esperienza lavorativa – attratti dalla prospettiva di un impiego in un ambiente internazionale, presso un grande marchio, qualificante e istruttivo. Oggi il destino del neolaureato in Italia (ma lo stesso sembrano riportare i giovani francesi e spagnoli incontrati in questi anni) prevede una via crucis infinita tra agenzie interinali, continui stage di vari mesi non retribuiti, e contratti co.co.co., con salario da fame. In un mondo sempre più globale che viaggia molto in fretta dove i confini sono ormai stati abbattuti dalla tecnologia Internet e dai voli low cost, si può facilmente cercare il lavoro in un altro paese tramite web, fare il colloquio via conference call e prendere poi un volo Ryan Air per presentarsi il primo giorno di lavoro.
Fra i nuovi italiani di Praga non mancano i “cervelli in fuga” nel vero senso del termine, vale a dire i dottorandi e gli studiosi che in Italia non troverebbero condizioni ideali per poter emergere. Sono infatti sempre più frequenti le università, o i centri di ricerca di grandi aziende, che in Repubblica ceca ospitano studiosi provenienti dal Belpaese.
Molti dei nuovi arrivati svolgono però lavori anche più semplici, magari telefonisti in un call centre, a 25 mila corone al mese e persino meno. Ma generalmente tutti sono d’accordo nel dire che intanto va bene, per iniziare. E’ il caso di Vanessa, 24 anni, romana – che lavora per un famoso sito internet specializzato nel gestire le prenotazioni di hotel, auto ed aerei. “Sì, è un lavoro che non richiede grandi specializzazioni, ma sono soddisfatta. Ho iniziato come telefonista sei mesi fa e ricevevo chiamate in italiano e in inglese, ma oggi mi ritrovo già con delle responsabilità maggiori e a gestire un team di sei persone. Il salario non è granché, soprattutto se tradotto in euro, ma qui mi basta per vivere dignitosamente. L’aspetto più importante è che vedo un processo di crescita nel mio lavoro. Sto comunque imparando tante cose che spero mi possano essere utili in futuro”. Anche Vanessa, come molti suoi coetanei, non è sicura di voler ritornare in Italia: “Non so, per adesso mi trovo bene a Praga, magari mi piacerebbe investire l’esperienza accumulata qui in un altro paese, magari in Inghilterra”.
Le basse retribuzioni sono comunque una costante per buona parte dei giovani – italiani e non – che lavorano per le grande corporation straniere in questo paese, soprattutto nelle cosiddette entry positions. D’altronde queste azienda hanno base a Praga proprio perché, nelle loro intenzioni, c’era quella di investire in un paese low cost dall’enorme bacino di skills da cui attingere a piene mani. In molti casi attingono solo dei numeri che decidono di pagare poco, ma spesso molti ragazzi capaci hanno delle opportunità straordinarie di carriera.
Quello del salario basso è però un falso problema per Marco, 27 anni, laureato in Psicologia a Milano, che oggi riscuote i crediti presso una delle tante multinazionali americane: “Guadagno 35.000 corone lorde (circa 1.350 euro) ma a Milano presso una agenzia di viaggia dove ero finito per guadagnare qualcosa dopo la laurea prendevo circa 900 euro ed ero costretto a vivere con i miei genitori. Adesso lavoro in una grande azienda, magari il salario non è il massimo, ma almeno la mia azienda è un bel nome da mettere sul cv per il futuro. Se fossi rimasto in Italia, cosa ci avrei messo nel curriculum?”
Anche Marco ha poca voglia di tornare in Italia: “Parlo fluentemente inglese e francese, continuo a costruirmi il CV ancora un po’ a Praga e poi, magari, provo di muovermi a Parigi o Londra. L’Italia? Il CV le aziende non lo leggono neanche!”
In effetti, sono pochi gli italiani che una volta emigrati all’estero, e in Repubblica Ceca in particolare, decidono di ritornare nel Bel Paese. Secondo una statistica effettuata a livello globale lo scorso anno, il 75% degli italiani iscritti all’Aire decide di rimanere all’estero. Oppure come dice Vanessa: ”Stando all’estero ho comunque imparato ad apprezzare l’Italia, che rimane il paese più bello del mondo. Per andarci in vacanza”.

Di Alessio Marchetti