FacebookTwitterLinkedIn

“Due secoli e più di vita per la celebre marca di matite “

“Mitteleuropa, un crogiuolo di diverse culture al quale il mondo deve alcuni prodigi dell’inventiva umana che mai abbastanza saranno celebrati.
Proprio così. Per dimostrarlo,e convincerne un po’ tutti, vorremmo cominciare a fermare qualche appunto sul taccuino (zàpisnìk, in lingua ceca). Solo piccole riflessioni, che scivolano morbidamente: passando dai morbidi territori della mente a quelli, ben più impervi, della scrittura su carta.
No, non parliamo di computer: troppo drastico,implacabile, obbliga poi a una pericolosa sintesi. Lasciate da parte anche quelle noiose penne automatiche, frutto del genio improbabile di un ottimo ungherese, mister Biro, o le imperiali, minacciose stilo ideate da herr Pelikan. Per non dire delle sontuose Mont Blanc…
No, visto che il tema è di quelli ponderosi, filosofici quasi, per rendere omaggio alla Mitteleuropa, e alla Boemia che ne è parte integrante, vorremmo ritornare indietro, al passato. A gesti e strumenti degli avi.
Riscoprendo, con una scelta deliberatamente reazionaria, una semplice matita (tuzka, mi pare si dica ancora oggi a Praga) di inappuntabile grafite. Il discorso, a questo punto, rischia di impantanarsi.…
Vogliamo fermarci, invece, proprio dove siamo infine arrivati.
Alla matita, appunto. Alla gialla, morbida e insieme compatta matita Koh-i- noor. Per le inconsapevoli vittime dell’i-pod, dell’e book , del lap top e di altre diavolerie correnti, vorremmo affermare ad alta voce che si tratta di un capolavoro nato in Boemia e che dalla Boemia ha conquistato la celebrità mondiale
La fabbrica in realtà era stata fondata a Vienna, nell’anno del Signore 1790, da un pacioso signorotto austriaco, herr Joseph Hardtmuth, noto appunto per la giovialità del suo carattere.
Mescolando l’argilla umida alla grafite, Josef ottenne una massa che si poteva agevolmente rimacinare e filtrare, fino a renderla completamente libera da ogni impurità , fino a plasmarla in un corpo dalla struttura finissima, stabile e uniforme. Variando opportunamente nell’impasto la proporzione dei componenti, egli ottenne, inoltre, diverse gradazioni di durezza e altrettanti strumenti di scrittura capaci di tracciare segni più o meno morbidi e di un nero più o meno intenso.
Nasceva la mina ceramica.
Un impasto particolare, destinato a surclassare tutti i lapis prodotti nella vicina Germania e persino nella perfida Albione. E il mercato se ne accorse: le ordinazioni arrivarono e si diffusero per tutto l’Impero Asburgico.
Fu alcuni decenni dopo, nel 1848, che i suoi eredi pensarono di spostare l’azienda d Vienna a Ceske Budejovice, nella Boemia del sud, mentre nell’Europa già infuriava il morbo rivoluzionario.
E fu proprio qui, in questa tranquilla cittadina della birra, che Franz Hardtmuth, nipote di Joseph, antesignano di quello che ora si chiama “marketing” a lanciare definitivamente questa eccellenza nell’Olimpo del successo internazionale.
41 Koh-i-noor_1_1
Tutto bene, le matite Hardmuth si vendevano benissimo fra Praga e Vienna e in tutta Europa.
Mancava un tocco, però, per raggiungere l’assoluto. Il “tocco”, anzi il capolavoro da maestro venne proprio all’astuto Franz.
Accanto all’austero marchio Hardtmuth, Franz pensò a qualcosa che desse l’idea della perfezione totale. Di un tratto inappuntabile, destinato a scivolare unico sui documenti di tutte le cancellerie europee.
Un tratto, appunto , che rilucesse come un diamante.
Ed ecco “Koh –i-noor”. Era il nome di un gigantesco diamante indiano che faceva impazzire le signore di tutte le capitali europee. “Montagna di luce”, il suo significato.
Bene, Koh-i- noor, decise coraggiosamente il modesto Franz, si poteva ben accostare a un capolavoro di matita.
Correva l’anno 1850: era nato “il” marchio. Per distinguersi ancora di più dalle affidabili ma prevedibili matite tedesche o inglesi, tutte nere o marrone, ecco l’altra intuizione. Le matite Koh i noor sarebbero restate inconfondibili per un’altra scelta: il colore.
Nella mani del più umile artigiano o del più raffinato diplomatico: sarebbe spiccato il giallo della loro livrea. Vi fu chi vide nel gesto del nostro un utile omaggio alla dinastia asburgica.
Così nacque la famosa matita gialla Koh-I-Noor che è rimasta da allora, in tutto il mondo, il simbolo stesso della qualità professionale nel campo del disegno.
Hardmuth –Koh i Noor valicò ben presto i confini dell’Europa centrale. Per affermarsi, dalla Boemia, in tutto il continente.
Con il tempo, l’azienda si ingrandì, contando due branche, e allargando la produzione a pastelli, inchiostri, e a tutto il grande mare insomma degli oggetti di cancelleria.
Niente da fare per i rivali: gli impettiti Faber Castell, i boriosi Caran d’Ache, i rigidi Staedtler e i simpatici Stabilo-Boss tremavano e tremano ancora oggi di fronte alla rilucente, classica eleganza Koh i noor.
Ecco, dunque, uno dei tanti casi della misconosciuta “eccellenza mitteleuropea”, che ha trovato in Boemia il suo trampolino mondiale. Grandi popoli, dicevamo… nella Mitteleuropa.

Di Ernesto Massimetti