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La Repubblica ceca ha appena celebrato, il ventesimo anniversario del ritiro dell’Armata rossa, avvenuto nell’estate del 1991, ma è sufficiente guardarsi attorno per capire la nuova invasione russa che questo paese sta vivendo. Allora erano uomini in uniforme, che sorvegliavano la fedeltà dei cechi alle rigide regole dell’ortodossia sovietica. Oggi sono imprenditori, intere famiglie, artisti, moltissimi giovani e studenti universitari. Tutti vedono nella Repubblica ceca una delle mete più convenienti per raggiungere l’Occidente.

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Le cifre ufficiali dicono che sono 30 mila i residenti russi in questo paese, ma tutto lascia pensare che il numero effettivo sia, in realtà, ben più elevato. Praga e dintorni sono, poi, fra le mete più gradite dai turisti russi, e anche questo contribuisce a dare un’impressione di moltitudine.
La maggioranza dei cechi a questa nuova invasione guarda con sospetto e diffidenza, con una leggero malanimo che si manifesta sottovoce, con sguardi di antipatia, con borbottii sprezzanti. Li chiamano spesso “rusaci”, parola che ha una chiara accezione negativa e che viene utilizzata sin dall’agosto del 1968, quando i carri armati con la stella rossa misero fine alla Primavera di Praga.
Quando non bastano le ragioni storiche e i rapporti traumatizzanti con l’Orso sovietico, allora, a spiegare questa antipatia, giungono motivi di altro tipo, persino complicati ragionamenti di carattere fonetico: “Per noi cechi anche la semplice parola “rusove (russi)” ha un suono comunque aggressivo, fastidioso” sbuffa Martina, commessa sulla quarantina, in un supermercato del centro di Praga. Ha appena finito di assistere una coppia di moscoviti che si sono riempiti le borse con bottiglie di Becherovka e scatole di cialde di Karlovy Vary, nei negozi di alimentari i loro souvenir preferiti. “Non capisco l’arroganza con la quale di solito mi rivolgono la parola nella loro lingua. Credono che, grazie al vecchio regime, qui tutti quanti dobbiamo capirli” continua sdegnata la commessa, che non mostra alcuna intenzione di rispolverare il russo studiato a scuola negli anni ‘80.

Un’antipatia non ricambiata
Le statistiche dicono che i russi, e generalmente i russofoni, sono fra gli stranieri meno graditi in Repubblica ceca. Nonostante siano trascorsi tanti anni, sono in tanti coloro per i quali è ancora vivo il ricordo di quella notte d’agosto del 1968, del rombo sinistro degli aerei militari russi diretti a Praga Ruzyne, dei carri armati e dei cannoni puntati alle finestre. E’ così soprattutto fra coloro la cui infanzia ha coinciso, negli anni 70 ed 80, con l’inverno della normalizzazione comunista. Ad alimentare questa antipatia è anche la diffusa convinzione che la Russia, ancora oggi, non sia un paese democratico e che questo possa costituire una minaccia per la sicurezza nazionale della Repubblica ceca.
I russi invece, i fatti del ’68 tendono a considerarli una pagina ormai chiusa della storia. Ne attribuiscono la responsabilità al regime sovietico, del quale in tanti non si sentono eredi.
L’antipatia da parte dei cechi spesso neanche la sentono – da un sondaggio è emerso che solo il 20% di loro si è imbattuto in Repubblica ceca in atteggiamenti di aperta discriminazione – oppure, quando la avvertono, di solito rispondono con distratta indifferenza. Sin troppo consapevoli di giungere da un impero che si estende per nove fusi orari, non sono certo queste inezie a scalfire la loro passione per la piccola Repubblica Ceca.
A Praga e dintorni mostrano anzi di sentirsi a proprio agio, un po’ come se fossero a casa, o comunque nelle immediate vicinanze della loro patria. Probabilmente, è proprio questo l’atteggiamento che i cechi fanno più fatica a sopportare.

Il boom di visitatori dalla Russia
In Repubblica ceca i turisti russi sono, fra tutti i visitatori stranieri, i più numerosi dopo i tedeschi. Quest’anno, nel primo semestre sono stati quasi 300 mila, con un incremento record del 47%. Questo paese per loro continua a essere una destinazione molto rinomata, esattamente come al tempo dell’Urss, quando potersi recare a Praga o a Karlovy Vary era un privilegio concesso a pochi.
Secondo le statistiche, i turisti russi detengono alcuni primati significativi: sono i villeggianti che si trattengono di più, mediamente quasi sei pernottamenti; sono anche quelli che spendono di più, circa 3.800 corone al giorno (rispetto a una media degli altri visitatori di 2.500 corone). Fra tutti i turisti stranieri extra Ue, che alla partenza hanno la possibilità di chiedere indietro l’Iva sugli acquisti, i russi sono in assoluto al primo posto (con una quota del 43% di tutto l’Iva restituito dalla Repubblica ceca ai visitatori stranieri). E’ gente che compra senza dare l’impressione di centellinare i soldi. E’ un loro modo di essere tipico, amano mostrare di essere facoltosi, di poterselo permettere.
I più ricchi sono di casa, a Praga, nelle boutique della Pařížská e della Na Příkope, con un debole per le griffe più esclusive della moda e per i gioielli. In questi negozi le commesse non solo non si infastidiscono se sentono parlare russo, ma da parte loro è tutto un teatrino di sorrisi, ossequi e buona creanza. “Sono in assoluto i nostri migliori clienti” afferma convinta la responsabile di un elegante monomarca.
Anche quando non appartengono alla categoria dei ricchi, la propensione a spendere dei russi non passa inosservata. Basta vederli quando affollano i negozietti di cristallo e di kitsch assortito della piazza Venceslao. Nelle birrerie tipiche danno uno sguardo distratto al menu e si fanno riempire la tavola di pietanze. Allo stesso modo quando concedono le mance, ci tengono a dimostrare di poter essere generosi. E i camerieri cechi, anche in questo caso, non disdegnano.

Casa, dolce casa, in Repubblica ceca
Oltre all’invasione dei turisti, sono migliaia i russi che vengono a stabilirsi in Repubblica Ceca, tanto da essere diventati una delle prime minoranze straniere.
“Espatriano alla ricerca di un tenore di vita migliore, perché credono che la Russia non sia abbastanza stabile da punto di vista politico e sociale, che non offra prospettive adeguata ai loro figli. Gli uomini d’affari, in particolare, vogliono un ambiente più sicuro per i loro investimenti“ spiega Natasa, in un ufficio del centro di Praga. E’ impiegata in una agenzia specializzata nell’assistere i russi che si trasferiscono in Repubblica ceca (la ricerca della casa, l’ottenimento dei documenti, i permessi di soggiorno, l’acquisto dell’auto, l’apertura dei conti bancari…).
“La Repubblica ceca è un paese che offre – soprattutto a Praga e nei principali centri – condizioni di vita elevate, a costi decisamente più accessibili di altre città occidentali. Le barriere linguistiche sono minime, perché per un russo imparare il ceco è facile”.
Nei primi anni ‘90 a far notizia erano soprattutto i miliardari russi che, grazie a ricchezze talvolta di provenienza non chiara, compravano attività alberghiere, ville e palazzi a Karlovy Vary. Negli ultimi anni ad arrivare, sono piuttosto rappresentanti della classe media, imprenditori, manager, una miriade di giovani e studenti. La loro meta è quasi sempre Praga. Nella capitale, tendono a concentrare la loro presenza nel distretto periferico di Praga 5, Stodulky, dove palazzi interi sono abitati da famiglie russe.
Ad attirare i giovani è spesso la possibilità di poter studiare nelle università di questo paese. Oltre alla categoria dei figli di papà – che quasi sempre si iscrivono nelle varie “private university”, – sono in tanti quelli che frequentano gli atenei pubblici. In pochi mesi, non più di un anno, riescono a raggiungere una conoscenza accettabile del ceco e così possono iscriversi e seguire i corsi gratuitamente.

Fanno business e, soprattutto, comprano case
Ad avvertire l’attuale presenza russa in Repubblica ceca è in primo luogo il mercato. Dell’industria turistica si è già detto, ma un’altra menzione particolare merita il comparto immobiliare. “Attualmente sono loro i migliori investitori. E grazie al cielo che ci sono, altrimenti la crisi sarebbe davvero insostenibile” spiega senza mezzi termini un imprenditore italiano che preferisce non essere citato, ma che opera da anni nel mattone ceco.
Secondo alcune ricerche di mercato, ogni anno sono alcune migliaia i russi che comprano casa in Repubblica ceca. Si tratterebbe di una quota di almeno il 7% degli investimenti russi nel mattone straniero. I più ricchi puntano agli indirizzi più esclusivi di Praga. La capitale e Karlovy Vary sono generalmente le città preferite, ma sono in tanti anche quelli che comprano appartamenti e ville in località come Mariánské Lázně, Teplice, ma anche Brno, České Budějovice e Plzeň. Piacciono anche le località di villeggiatura, come la Selva boema e i Monti dei giganti, oppure i laghi.
I motivi di questi investimenti sono i più vari: dalla possibilità di avere una casa di proprietà dove abitare, al desiderio di una seconda casa, dove magari poter vivere durante gli anni della pensione. Poi ci sono quelli che in questo modo facilitano le pratiche di concessione del visto in Europa e nello spazio Schengen. O anche semplicemente come un investimento.
“La mia esperienza è che sono clienti di una correttezza esemplare. Forse è vero, alcuni operano in settori poco trasparenti, ma questo non deve servire a infangare la reputazione di tutti” ci tiene a precisare l’immobiliarista italiano, che mostra di non condividere i pregiudizi che circondano spesso certi investitori russi. “Spesso si vede, anzi, di avere a che fare con gente che ha studiato in università di primissimo ordine. E nei settori industriali nei quali operano – soprattutto il petrolchimico, la meccanica pesante, l’energia e il mercato finanziario – dimostrano di essere in possesso di grandi capacità manageriali, con grandissima voglia di lavorare. E’ gente che sa farsi avanti”.

Di Giovanni Usai