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L’esploratore e scrittore, ma anche sacerdote e diplomatico, nato in Moravia, la cui vita ricorda quella del leggendario Thomas Edward Lawrence

L’accusa che lo dannò all’oblio fu quella di cosmopolitismo borghese, aggravato dagli stretti legami con la corte asburgica. Così il regime comunista cecoslovacco seppellì la memoria di un personaggio che ancor oggi è poco noto, Alois Musil.

Cugino del più celebre Robert, autore dell’Uomo senza qualità, nacque nel 1868 in una povera famiglia contadina a Rychtářov, in Moravia, ultimo di cinque figli.

Dopo gli studi in seminario fu ordinato sacerdote nel 1895 ad Olomouc. Nella locale facoltà di Teologia, sopravvissuta alla chiusura dell’università avvenuta nel 1860, oltre che al Vecchio Testamento si appassionò allo studio delle lingue semitiche, circostanza che gli facilitò l’approdo all’École biblique et archéologique française di Gerusalemme. Il Medio Oriente divenne bel presto la sua seconda patria, e nella terra dei monoteismi indirizzò i suoi interessi sull’allora meno conosciuto dei tre, l’islamico. Ne approfondì le tematiche culturali e religiose, senza però mai dimenticare le sue radici di presbitero cristiano cattolico, celebrando sempre, tutte le mattine la messa, anche durante i suoi viaggi nella Penisola Arabica, 21 mila chilometri a dorso di cammello, immedesimandosi negli usi e nei costumi delle diverse tribù beduine.

Si può dire che Alois Musil sia stato precursore del dialogo inter-religioso tra Cristianità e Islam, basato sulla comune radice monoteista e sulla disponibilità al dialogo pacifico.

Tra una spedizione e l’altra, durante le quali raccolse una enorme quantità di annotazioni e di materiali scientifici, venne nominato professore di Teologia a Olomouc (1902) e poi all’università di Vienna (1909).

Oltre ad essere arabista di chiara fama e come tale universalmente riconosciuto, Alois Musil fu anche esploratore, etnologo, cartografo ed archeologo. In questa ultima veste portò alla luce, fra l’altro, il sito di Qusayr Amra, risalente all’VIII Secolo, costituito da un complesso di costruzioni i cui interni mostrano pregevolissime decorazioni aventi per oggetto scene di caccia e raffigurazioni di animali e piante dell’epoca omayyade. Il sito, nell’attuale Giordania, è protetto dall’Unesco.

Musil riuscì ad imparare e ad esprimersi in trentacinque dialetti arabi. Godette di grande prestigio, tanto che il principe Nuri ibn Hazza ibn Sha’lan, del quale divenne amico, così come divenne amico del figlio, l’emiro Nawwaf, gli conferì il titolo di “sceicco Mussa al-Ruwaylli”. Tali amicizie ed il rispetto che lo circondava gli consentirono di intrecciare una fitta rete di rapporti tribali.

Dal Mar Morto a Petra, dall’altopiano di Moab al Sinai, da Gaza a Palmira, da Bagdad a Madaba alle pietraie ed alle sabbie dello Hegiaz, non vi fu luogo di importanza culturale che non fosse stato toccato da Alois Musil, che dai beduini era chiamato “Musa”, grazie alla traslitterazione del nome europeo di Musil nel più famigliare Mosè.

A Vienna primeggiò alla Kaiserliche Akademie für Wissenschaften, ammirato e invidiato dopo la pubblicazione della sua fondamentale opera Arabia Petraea, in quattro volumi.

Nel 1912 accompagnò il principe Sisto di Borbone-Parma in una spedizione in Mesopotamia, la cui missione non era tanto turistica, quanto economico-strategica, per capire quanti e quali giacimenti di minerali e di altre risorse potevano rivelarsi utili in vista della progettata linea ferroviaria Berlino-Bassora.

Dopo la spedizione, Musil conobbe la sorella del principe Sisto, Zita, sposa dell’arciduca Carlo, futuro imperatore d’Austria-Ungheria. Di Zita di Borbone-Parma, dell’imperatrice, Musil divenne confessore, facendo il suo ingresso a corte ed acquisendo quella considerazione che in seguito lo portò a divenire prezioso consigliere per gli affari politici che la Casa d’Asburgo intratteneva con il mondo islamico.

Scoppiata la Grande Guerra, gli Imperi Centrali si legarono all’Impero Ottomano, e Vienna inviò proprie truppe sia ai Dardanelli che in Palestina.

In Medio Oriente e nella Penisola Arabica gli uomini del britannico Arab Bureau operavano nell’ombra per far sollevare le tribù beduine, sfruttandone il radicato malcontento nei confronti del dominio ottomano. Fra gli agenti del Cairo Intelligence Department, diretto al Cairo da sir Gilbert Falkingham Clayton, c’era un brillante ufficiale: Thomas Edward Lawrence, passato alla storia ed alla leggenda come “Lawrence d’Arabia”.

Contro il tenente colonnello Lawrence, Vienna mise in campo il generale (onorario, ma pur sempre generale) Alois Musil.

Nel periodo compreso tra settembre e novembre 1917, Musil accompagnò l’arciduca Uberto Salvatore d’Asburgo-Lorena in Asia Minore, Siria e Palestina. L’arciduca, generale dei dragoni, era formalmente a capo della missione, che in pratica era diretta da Musil. Missione le cui motivazioni rivestivano apparentemente i caratteri di ordinaria amministrazione: ispezioni alle truppe imperial-regie, colloqui con la generalità ottomana, incontri con i cittadini della duplice monarchia nella regione, oltre a scopi economici, scientifico-culturali e propagandistici. Sotto la superficie dell’ufficialità, la missione celava un aspetto non dichiarato, legato al desiderio di Carlo I di estendere una specie di protettorato religioso degli Asburgo sulla Terrasanta, sostituendo in questa funzione spirituale e politica l’influenza francese sui cristiani d’Oriente. Musil poi doveva far leva sul suo prestigio e sulle sue amicizie per dissuadere le tribù beduine dal combattere contro gli ottomani, mobilitandole possibilmente contro la Gran Bretagna. Tanti tè, non solo sotto le tende nel deserto, ma anche nel corso di incontri con capi di dinastie beduine, in quel vasto territorio che alla fine della guerra sarebbe stato frazionato da confini bizzarri e forieri di futuri disastri geopolitici.

Un incarico difficile, che alla fine fallì, anche perché l’Arab Bureau proseguiva nella generosa elargizione di sacchetti di sterline oro ai capitribù, cominciando dallo sceriffo della Mecca, al-Husayn ibn ‘Alī, figura centrale essendo discendente del profeta Maometto, che poi incaricò il figlio Faysal di guidare la guerra santa contro i correligionari ottomani.

Di Musil si parlò anche come partecipe non di secondo piano nel Sixtus-Affäre, il tentativo dell’imperatore Carlo di giungere ad una pace separata con l’Intesa, attraverso la mediazione del cognato Sisto di Borbone-Parma, ufficiale dell’esercito belga. Musil, il sacerdote, lo studioso, il diplomatico, rifiutava il militarismo prussiano e – da uomo di pace – voleva aiutare la monarchia asburgica ad uscire dall’alleanza disastrosa con l’imperialismo pantedesco del Kaiser Guglielmo II.

Fu proprio Alois Musil a redigere in ottimo francese diplomatico, che padroneggiava, le lettere segrete indirizzate da Carlo al presidente francese Poincaré, con l’offerta di trattative di pace. Il tentativo andò a monte, dopo che l’Abwehr, il servizio segreto di Berlino, rese pubblica la vicenda.

La guerra continuò e finì come sappiamo, con la scomparsa dell’Austria-Ungheria e degli Asburgo dal potere imperiale.

Alois Musil lasciò Vienna, divenuta ormai soltanto la capitale di una piccola repubblica di lingua tedesca, ed optò per la cittadinanza della neonata Cecoslovacchia, nella cui Moravia egli era nato.

Non fu un passaggio indolore. Frange oltranziste ceche, in primis il deputato degli agrari Otakar Srdínko, lo attaccarono con inusitata violenza, rinfacciandogli i suoi passati legami con la corte asburgica.

Malgrado queste villanie e grazie soprattutto alla stima che verso di lui nutriva il presidente Tomáš G. Masaryk, il biblista ottenne la cattedra di Studi orientali ed arabi alla facoltà di Filosofia dell’Università Carlo, a Praga.

Un passo indietro, per raccontare la vicenda poco nota di Musil che, usando tutta la sua influenza sull’imperatore Carlo e la consorte Zita, dopo la sua ascesa al trono a fine 1916, intervenne a favore dei politici cechi che, sotto il governo del conte Karl von Stürgkh, erano stati incarcerati e condannati a morte. I più importanti di essi erano gli indipendentisti Karel Kramář, futuro primo ministro cecoslovacco, e Alois Rašín, futuro ministro delle Finanze di Praga. Su consiglio di Musil, Carlo I concesse la grazia e il decreto – paradosso della storia – fu firmato il 2 luglio 1917, lo stesso giorno della vittoria dei legionari cecoslovacchi sul fronte orientale, nella battaglia di Zborov.

Altrettanto poco noto è che il sacerdote moravo, oltre ad aver aiutato giovani della Boemia e della Moravia ad evitare il servizio militare, intercedesse a favore di alcuni marinai cechi che avevano preso parte all’ammutinamento della flotta imperial-regia a Cattaro, febbraio 1918.

Torniamo nella Praga repubblicana. Superate le insidie, a stendere su di Musil un “ombrello protettivo” non furono in pochi: alla lezione inaugurale all’università volle significativamente presenziare il ministro degli esteri, Edvard Beneš. Una presenza che sanciva la piena ed autorevole cittadinanza di Musil nella giovane Cecoslovacchia.

Nel 1927 l’arabista moravo realizzò l’Orientálni Ústav Akademie Věd, l’istituto di studi orientali dell’Accademia delle scienze, inaugurato dal presidente Masaryk, che aveva convinto – e fatto anche da tramite con amici statunitensi – a pubblicare in lingua inglese gran parte delle opere di Musil.

Copiosa fu la sua produzione scientifica e letteraria: una cinquantina di libri (inclusi sei volumi illustrati pubblicati dall’American Geographical Society), 1.500 articoli e saggi, oltre 500 trascrizioni e traduzioni di poemi e di canti tribali. A questa impressionante mole documentale, parte della quale è conservata nel Muzeum Vyškovska, il museo provinciale di Viškov, in Moravia, vanno aggiunte migliaia di fotografie di siti archeologici, paesaggi, persone e accampamenti beduini, nonché mappe e rilievi topografici realizzati con il suo assistente Rudolf Thomasberger, del K.u.K. Militärgeographisches Institut di Vienna. Da segnalare il suo libro Itálie v Africe, l’Italia in Africa, sulle colonie italiane, come non si può dimenticare che fu l’unico studioso cecoslovacco ad essere insignito della medaglia d’oro Charles P. Daly della American Geographical Society.

Nel 1938, anno dell’accordo di Monaco ed alla vigilia dell’invasione tedesca, lasciò l’università.

“Musil d’Arabia” si ritirò in una casetta a Otryby u Českého Šternberka, nella Boemia Centrale, dove visse studiando, scrivendo e pregando, altri sei anni, fino alla morte nel 1944.

di Sergio Tazzer