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Nel cinema ceco mancano idee nuove e coraggio. Sono invece le serie Tv a manifestare maggior intraprendenza e a rispecchiare meglio la realtà del Paese

A partire dal nuovo millennio, ed in particolare nell’ultimo decennio, si è visto un notevole cambiamento nel rapporto tra fiction televisive e grande schermo. Sembrano ormai lontani i tempi in cui la televisione veniva considerata inferiore al cinema, sia da un punto di vista tecnico sia in termini di budget, spesso con attori di serie B. Grazie anche al rapido incremento di popolarità di servizi di streaming o video on demand – come Netflix, Hbo Go o Amazon Prime video – è ormai comune vedere registi e attori di prima fascia attirati da serie destinate al piccolo schermo, seguite da un pubblico sempre maggiore. Se pensiamo a un paese come l’Italia, per esempio, Gomorra, Romanzo criminale, Montalbano, Suburra – tutte fiction ben recitate, scritte e girate – sono riuscite a uscire dai confini nazionali ed essere vendute all’estero, cosa che invece non è accaduta per molti film prodotti nel Belpaese. Negli ultimi tempi ci sono segnali del medesimo trend anche da queste parti, con il cinema che stenta a trovare un pubblico fuori dai confini cechi, mentre il numero di miniserie di alta qualità e di respiro internazionale è in continua crescita. È possibile persino sostenere che ormai sono le serie e non i film che raccontano la vera Repubblica Ceca.

È dal 2013, precisamente l’anno di Burning Bush – Il fuoco di Praga (Hořící keř) che le serie ceche hanno cominciato a mostrare segni di ambizioni cinematografiche. Il successo della miniserie ideata e diretta da Agnieszka Holland, tratta dagli eventi che ruotavano intorno al sacrificio umano dello studente Jan Palach, ha dimostrato il potenziale di questo format e ha incentivato più cineasti cechi a usare il mezzo televisivo invece di puntare alle sale. A onor del vero, nonostante si trattasse di una produzione di alta qualità, scegliendo un soggetto storico non si correvano grandi rischi. Basta vedere le locandine dei film locali degli ultimi anni per notare che ormai commedie e film storici sono all’ordine del giorno con poco spazio per sperimentare in altri generi. In ogni caso, l’accoglienza positiva della serie di Holland ha spronato Hbo Europe a realizzare uno dei migliori ritratti della Repubblica Ceca contemporanea, la miniserie Pustina, distribuita negli Stati Uniti con il titolo di Wasteland (terra desolata), dal 2016.

Pustina, diretto da Alice Nellis – tra i migliori registi del cinema nazionale dalla Rivoluzione di velluto –, e Ivan Zachariáš, famoso regista di pubblicità, è anche il nome di un piccolo villaggio di una zona industriale del Paese, sfondo per le vicende della serie di otto episodi. Hana Sikorová, il sindaco del villaggio, cerca d’impedire l’acquisizione dei terreni e delle case dei suoi compaesani da parte di una grande compagnia di estrazione del carbone. Il dramma che dà il via al turbine degli eventi comincia quando una delle sue due figlie adolescenti non torna a casa da scuola. Durante la ricerca della figlia e la seguente indagine poliziesca emergono i conflitti tra gli abitanti di Pustina, numerosi segreti e doppie vite, tra cui quella di Lukáš, trafficante di Pervitin. Una produzione gigante e una storia universale che però racconta una realtà raramente vista sullo schermo grande, quella delle zone di estrazione di carbone e delle comunità che spariscono per il nuovo uso del territorio, afflitte da numerosi problemi sociali come disoccupazione, spaccio di droghe e delinquenza giovanile. Anche il pubblico straniero (target insieme a quello nazionale) sarà sorpreso dal grigiore e l’atmosfera cupa che ricordano più serie come Gomorra o The Fall – Caccia al serial killer (la fiction televisiva britannica e irlandese) che la solita Repubblica Ceca in pellicola, caratterizzata per lo più da splendidi castelli o eleganti palazzi barocchi.

L’ambiziosa miniserie di Hbo è stata descritta da vari giornali come la miglior mai realizzata in territorio nazionale, il cui successo sarà difficile da replicare. Ciò nonostante, anche altri tentativi di offrire un ritratto del paese hanno avuto risultati, spesso con la politica come fonte d’ispirazione. Mamon (2015– presente) segue un giornalista che scopre uno scandalo in cui, a quanto pare, è invischiato anche il fratello, mentre Kancelář Blaník (2014), ispirato dalla britannica The Thick of It, è una spiritosa satira della scena politica ceca attuale.

Un maggior interesse verso i problemi sociali ha preso piede anche nelle fiction Tv “inferiori”, trasmesse durante le ore di punta. I primi episodi della nuova miniserie comica “Most!”, ambientata nell’omonima città della Boemia settentrionale, hanno registrato una media record di un milione e mezzo di telespettatori. Vero fenomeno televisivo, ideata dal regista Jan Prušinovský e dallo sceneggiatore Petr Kolečko, Most! esplora una varietà di temi divisivi come il razzismo e l’omofobia, e conta tra le file numerosi personaggi di etnia rom e un personaggio transessuale. Come Pustina, sebbene faccia affidamento a un tono più comico, ritrae una comunità travolta da vari problemi sociali: una località fortemente legata all’attività mineraria, dove l’industria è in difficoltà, la disoccupazione è alta e il tutto è contornato da una grande concentrazione di aree residenziali costruite durante il comunismo, ormai ridotte in pessime condizioni. Non sono mancate polemiche e critiche da chi sostiene che la comicità nera abbia l’effetto di perpetuare gli stereotipi razziali, ma è stato il sindaco della città boema a gettare acqua sul fuoco, prendendolo come un pezzo satirico non offensivo. “Credo che la maggior parte della gente lo prenderà con umorismo e come una esagerazione, e non lo collegherà direttamente con la città di Most”, ha dichiarato il primo cittadino Jan Paparega.

In sintesi, non sono pochi gli indizi a suggerire che il ritratto più accurato e realistico della Repubblica Ceca sia quello dipinto dalle serie tv, piuttosto che quello proiettato nelle sale cinematografiche. Da una parte c’è chi sottolinea la libertà creativa di Česká televize, spesso indicata come un’istituzione capace di mantenere le distanze dalle pressioni del Castello o del governo, e la realizzazione di Most! non può che esserne un esempio – tuttavia per quanto riguarda le serie di più ampio respiro e ambizione, i motivi sono più universali. La nuova tendenza al “binge-watching”, cioè la propensione del pubblico a concedersi maratone casalinghe davanti alla televisione o al tablet, spesso senza l’interruzione di spot pubblicitari, ha avuto come risultato una spinta per migliore qualità, eliminando la natura episodica delle serie del passato e la dipendenza dai cliffhanger. Di conseguenza, i migliori sceneggiatori sono sempre più attratti dalla televisione, sia per la libertà concessa dall’estesa durata della narrazione, che aiuta la costruzione e lo sviluppo dei personaggi, sia perché dal loro punto di vista rappresenta un lavoro continuativo e a lungo termine.

Nonostante tutto, non è ancora chiaro se siamo di fronte ad una “nuova onda” della televisione nazionale o se il successo di Pustina e Most! resterà un’ingannevole eccezione. Resta il fatto che Hbo Europe, una piattaforma determinante per il boom delle serie ceche, ha deciso di puntare nuovamente su temi storici per la prossima grande produzione: Oblivious (Bez vědomí), una spy story drammatica ambientata negli anni ‘80. A quanto pare la leadership del genere più in voga tra il pubblico locale, tanto al cinema a casa davanti al televisore o al tablet, è sempre la stessa. Possiamo però consolarci sapendo che, oggi più di ieri, esistono anche produzioni pronte a farci vedere spaccati di vita nel Paese, raccontandone il presente. Ed esistono anche le condizioni per continuare a raccontarlo.

di Lawrence Formisano