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Tutti attendono la decisione della Banca nazionale, orientata quest’anno a interrompere gli interventi di svalutazione della moneta nazionale. Quali saranno le conseguenze?

È una delle questioni più dibattute nel settore finanziario e non solo. Il termine del regime di intervento sul corso, grazie al quale la Banca Nazionale Ceca impedisce allo scambio di scendere sotto la soglia di 27 corone per euro, si sta avvicinando: la banca centrale ha confermato di volere interrompere l’intervento tra aprile e giugno del 2017. Quali saranno le conseguenze?

Impedire bolle speculative

La conclusione del regime d’intervento sulla corona è stata più volte rimandata in questi ultimi tre anni e mezzo. Un primo termine prevedeva la fine del 2015, poi rimandato a prima metà e fine 2016. Nonostante tutti questi rinvii, il termine del 2017 appare assai probabile. Sembrano infatti riunite le condizioni stabilite dalla Banca Nazionale Ceca per la fine degli interventi, ossia il ritorno della crescita dell’inflazione intorno al due percento annuo. Negli ultimi mesi del 2016 l’inflazione ha ripreso una rigorosa crescita grazie a stimoli esterni, come la crescita dei prezzi dei carburanti e delle materie prime, e a stimoli interni quali l’aumento dei prezzi dei servizi e degli alimentari. Inoltre la Repubblica Ceca non è l’unico Paese dell’area a confrontarsi con una ripresa della dinamica dell’inflazione: ad esempio la Germania sta registrando un’inflazione vicina all’1,7 percento annuo.

Un altro fattore rilevante è il costo del regime d’intervento. Secondo quanto si evince dalle statistiche della banca centrale, l’istituto ha dovuto fare da novembre 2013 a novembre 2016 acquisti di euro per circa 812 miliardi di corone per mantenere il tasso di cambio sopra la soglia stabilita. L’intensità degli interventi sul mercato è andata in crescendo negli ultimi mesi. «Secondo le nostre stime durante gennaio la banca centrale ha dovuto fare altri acquisti per circa 13 miliardi di euro» sostiene l’economista di Komerční banka, Viktor Zeisel. Non sorprende che anche la Banca Nazionale Ceca sembri più determinata a concludere il regime nel corso e non prima del secondo trimestre di quest’anno. «Stiamo andando nella direzione di vedere riunite le condizioni tramite un raggiungimento robusto dell’obiettivo inflazionistico» ha tenuto a sottolineare il governatore della Banca Nazionale Ceca Jiří Rusnok.

A contare nella decisione finale della banca centrale è il comportamento delle imprese e delle banche. Praticamente tutti gli istituti di credito fanno sapere che sono in aumento il volume e i prezzi dei contratti per l’assicurazione del cambio sottoscritti dalle imprese esportatrici. «Finora ci ha fatto da assicurazione di cambio la banca centrale determinando una volatilità del corso della corona al minimo storico ma ora il clima sta cambiando» sottolinea il presidente dell’Associazione degli Esportatori Jiří Grund. L’obiettivo è di evitare al massimo shock sui mercati valutari come quello verificatosi in gennaio 2015, quando la banca centrale svizzera annunciò a sorpresa la volontà di abbandonare il cambio fisso prestabilito con l’euro, il cosiddetto ‘peg’. Grazie all’effetto sorpresa si verificò un rafforzamento drastico della moneta elvetica. «La Banca Nazionale Ceca ha al contrario una tradizione di grande trasparenza delle sue decisioni» dice il vicegovernatore Mojmír Hampl sottolineando come una comunicazione continua abbassi le probabilità di uno shock simile a quello subito dal franco svizzero.

Esportatori calmi, importatori in attesa

La svalutazione parziale della corona ceca ha avuto un impatto notevole sul commercio estero del Paese. «Se il corso della corona fosse rimasto a 25,747 corone per euro, come prima dell’intervento, gli esportatori avrebbero perso circa 610 miliardi di corone» sostiene il vicepresidente dell’Associazione degli Esportatori Otto Daněk, secondo cui il mancato rafforzamento della corona dovuto alla crescita economica ha rappresentato un beneficio per le aziende ceche per altri 280 miliardi di corone. Secondo diversi analisti e politici, tra cui anche il presidente Miloš Zeman, tuttavia la svalutazione ha abbassato la spinta all’innovazione e all’aumento del valore aggiunto delle produzioni ceche, rivelandosi un fattore che ha indotto alla indolenza l’economia nazionale e quindi a un peggioramento della competitività delle aziende.

In realtà, secondo i dati dell’Ufficio di Statistica Ceco, la crescita del valore aggiunto nei settori dell’industria manifatturiera ha seguito pressappoco la crescita del volume della produzione del Pil. Allo stesso tempo nel 2014 e nel 2015 è aumentato il numero dei brevetti e delle licenze fornite dalle imprese ceche. Va tuttavia sottolineato che il numero delle aziende, che riescono a vendere la licenza per l’uso di un brevetto, sono appena una quarantina. Similmente soltanto un decimo dei brevetti validi in Repubblica Ceca proviene da soggetti cechi. Alla luce di questi dati si può quindi affermare che la svalutazione non ha impigrito in maniera sensibile la capacità innovativa dell’industria ceca, che tuttavia rimane ancora abbastanza bassa.

Sebbene gli esportatori siano tradizionalmente a favore della corona debole, la fine dell’intervento non sembra preoccuparli troppo. Secondo le loro previsioni nella prima metà dell’anno le esportazioni dovrebbero crescere dell’otto percento all’anno grazie soprattutto all’attesa ripresa delle economie dell’eurozona e a una forte dinamica espansiva della Germania. «Ma per la seconda metà dell’anno le aspettative non sono affatto così rosee. Il principale motivo è la mancanza della forza lavoro, che abbassa in maniera significativa le previsioni» dice il vicepresidente Daněk. Secondo le associazioni imprenditoriali, a causa della mancanza degli operai le aziende hanno dovuto rinunciare nel 2016 a commesse per 150 miliardi di corone.

Il prospettato rafforzamento della corona potrebbe rinvigorire il mercato interno. La svalutazione ha reso più care le importazioni dall’eurozona. Tuttavia la ripresa e l’aumento della capacità di spesa dei cechi hanno controbilanciato ampiamente questa difficoltà. Ad esempio, nei tre anni della svalutazione della corona le importazioni delle automobili sono aumentate del 23,5 percento, quelle dell’abbigliamento e delle calzature di più del venti percento o gli elettrodomestici del 19,8 percento. Anche le ripercussioni sul turismo all’estero sembrano contenute. Nel 2014 si è effettivamente registrato un calo significativo dei viaggi all’estero ma il settore ha registrato una ripresa nel 2015. Lo scorso anno invece il numero dei viaggi estivi all’estero è calato di circa il dieci percento, mentre i pernottamenti negli alberghi cechi da parte dei turisti domestici è cresciuto dell’otto percento. «A influenzare fortemente il dato è stata però la mancanza di sicurezza percepita in molte delle destinazioni estere preferite» ha sottolineato l’Associazione delle Agenzie di Viaggio Ceche.

Ma alla fine la corona si rafforzerà?

Un leggero rafforzamento della corona avrà pertanto un impatto positivo sul mercato interno ma si andrà a cumulare con altri fattori, come l’aumento dei salari, non risultando quindi preponderante. Anche perché l’entità del rafforzamento rimane alquanto incerta. Secondo l’Associazione degli esportatori il rapporto di cambio potrebbe tornare allo stesso livello di quello precedente all’intervento della banca centrale. Anche le stime ufficiali della Banca Nazionale Ceca prevedono un rafforzamento. «Ma le nostre previsioni non tengono conto del fatto che il rafforzamento potrà essere rallentato dalle assicurazioni sul cambio stipulate dagli esportatori e dalla chiusura di posizioni di investitori finanziari. Gli effetti di questi acquisti potrebbero portare addirittura a una svalutazione della corona dopo la conclusione dell’intervento sul corso» sostiene il governatore Rusnok. La Banca Nazionale Ceca rimane comunque pronta a intervenire, qualora si verificassero sbalzi eccessivi in uno o nell’altro senso.

di Jakub Horňáček