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Supereroi, psichedelia e tratti sexy nel grigiore del regime: ecco Kája Saudek

Questo non è un caso unico nel mondo delle arti, e nemmeno una storia unica nella Cecoslovacchia socialista, ma cosa avrebbe realizzato Karel Saudek – Kája, come tutti lo chiamano – se fosse nato in un altro paese?
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La storia del “Re dei fumetti cecoslovacchi” è infatti quella di un uomo venuto al mondo nel paese sbagliato, nell’era sbagliata. Secondo il fratello gemello Jan Saudek, celebre fotografo e altrettanto controverso, “Kája sarebbe tanto famoso quanto Walt Disney, se non fosse nato in Cecoslovacchia durante l’era comunista”.

Da sette anni, a seguito di un incidente, Karel Saudek giace in coma presso l‘ospedale di Motol a Praga, e salvo miracoli non vedremo mai più suoi nuovi contributi all’universo del fumetto e nemmeno a quello della cinematografia, dove si è spesso fatto notare con idee geniali, disegni e leggendarie locandine. Nonostante la sua inattività, negli ultimi anni abbiamo osservato un notevole aumento di interesse verso le sue opere, a partire dall’inaugurazione di un museo a lui intitolato, oltre a tanti altri omaggi in tutto il Paese.

Le straordinarie carriere artistiche dei fratelli Saudek hanno rappresentato una lotta quasi incessante contro gli ostacoli che avevano reso difficile la produzione della loro arte. I primi anni della loro esistenza non sarebbero potuti essere più traumatici. I due fratelli, nati il 13 maggio 1935 a Praga, finirono in un campo di concentramento in Polonia, essendo di famiglia ebraica. Sopravvissero, ma quasi tutti i loro familiari morirono a Terezín. Finita la guerra, Kája, dopo essersi laureato in arti grafiche in una scuola privata, iniziò lentamente il suo percorso nei famosi studi cinematografici di Barrandov, dove lavorava come macchinista e disegnatore tecnico.
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Le aspirazioni professionali del giovane Saudek erano però ben diverse. Già dall’infanzia aveva una passione per i fumetti, ed era un gran ammiratore dei disegnatori americani Robert Crumb e Richard Corben, così come di Walt Disney. Purtroppo, nella Cecoslovacchia degli anni ’50, la situazione non era l’ideale per gli aspiranti fumettisti. Il regime comunista considerava questo genere come vera e propria spazzatura, un prodotto per i gusti perversi dei paesi capitalisti. Tanto è vero che Dikobraz, la rivista satirica che durò fino alla fine del comunismo, spesso parodiava e derideva i fumetti americani con vignette umoristiche di Superman, ubriaco di Coca Cola! Saudek tuttavia trovò ugualmente l’opportunità di farsi notare, durante il breve periodo di maggiore libertà iniziato a metà degli anni Sessanta, che segnò anche l’era d’oro del fumetto cecoslovacco. Fu anche il periodo in cui potevano essere pubblicate opere straniere, come il celebre Tintin.

Finalmente, il talento di Saudek poté fiorire, e cominciò a farsi un nome nei circoli di appassionati del settore, e delle arti grafiche in generale, con illustrazioni (delle quali molte erano per la rivista Popmusic Express), locandine cinematografiche e, dulcis in fundo, fumetti.

Nonostante non fosse l’unico autore dell’opera, il primo vero successo di Saudek arriva con un film cult Kdo chce zabít Jessii? (Superman vuole uccidere Jessie, del 1966). La pellicola, impreziosita dalla fotografia di Jan Němeček, un ex-collaboratore di Miloš Forman, è una divertentissima commedia che si distingue per l’uso di personaggi usciti da fumetti che continuano a dialogare sullo schermo allo stesso modo, cioè con le nuvolette, come se parlassero ancora nella storia disegnata. Nel film, senza togliere meriti al regista Václav Vorlíček o allo sceneggiatore Miloš Macourek, due nomi fondamentali nel genere della commedia cecoslovacca, si vede la firma di Saudek sin dall’inizio, nonostante il suo nome nei titoli di coda venga menzionato unicamente come illustratore e creatore degli effetti speciali. L’uso dei balloon come nei fumetti era da tempo una caratteristica delle opere di Kája, il quale li aggiungeva qualche volta anche alle foto del fratello Jan, spesso per coprire parti dei corpi nudi dei suoi soggetti. Merita una nota anche l’affascinante attrice bionda che interpreta il personaggio del titolo, Olga Schoberová, ex-fidanzata di Saudek, che allora veniva soprannominata “la Brigitte Bardot slava”. Fu anche l’inizio di un importante rapporto artistico fra Olga e l’illustratore praghese. Il successo internazionale di Kdo chce zabít Jessii? Fu tale che a Hollywood si parlò della possibilità di farne un remake con Jack Lemmon e Shirley Maclaine, ma con la Schoberová ancora nei panni di Jessie. L’idea comunque fu abbandonata dopo l’invasione sovietica del Paese del 1968. Il film, con quelle sue frecciata al potere, si rivelò infatti scomodo per le autorità dell’epoca e, con l’avvento della normalizzazione, lavorare diventò sempre più difficile per il fumettista.

Nel 1969 iniziò, ancora con Miloš Macourek, quello che viene ritenuto il suo capolavoro, l’album di fumetti Muriel a andělé. La serie si ispirava al fumetto francese Barbarella, e come l’opera di Jean-Claude Forest, i protagonisti sono una ragazza, in questo caso Muriel, una dottoressa modellata proprio sulla Schoberová, e un angelo. Il nemico dei due protagonisti, Ian Xeron invece è basato su Jan Saudek. Muriel a andělé, influenzato molto dalla psichedelia visiva tipica della cultura hippie degli anni Sessanta, ebbe grande successo quando la rivista Mladý Svět pubblicò la prima serie. Poi intervenne però la censura comunista che, considerando la trama troppo pericolosa, proibì la pubblicazione etichettandola come “troppo americana”, “kitsch borghese”, e addirittura “pornografica.” Saudek incontrò gli stessi ostacoli con i due lavori successivi, Muriel a oranžová smrt e Lips Tullian. In seguito alla proibizione del secondo, l’illustratore fu costretto a chiudere la sua collaborazione con Mladý Svět prima della metà degli anni Settanta. Nel frattempo l’artista trovò le stesse restrizioni con il disegno delle sue locandine cinematografiche.
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Non stupisce che la sorte di Saudek cambiò solo dopo il 1989, quando molte sue opere sue furono finalmente pubblicate. Muriel a andělé, uscito in versione integrale nel 1991, fu poi eletto nel 2009 come il miglior fumetto della storia cecoslovacca in un sondaggio del giornale Mladá fronta Dnes. Fra le prime cinque opere premiate, c’erano altri due suoi lavori: Lips Tullian al terzo posto e Arnal a dva dračí zuby al quinto.
Tutte le copie di Muriel a oranžová smrt, pubblicato solo nel 2009, andarono esaurite in soli due giorni, tanta era l’attesa del pubblico.

Una prova del grande interesse delle nuove generazioni per l’arte di Saudek sono state anche le numerose mostre organizzate in Repubblica Ceca negli ultimi dieci anni, e soprattutto l’inaugurazione del Comics Museum Káji Saudka nel 2011, a due passi da piazza Venceslao. In mostra grafiche, fumetti e locandine cinematografiche, sulla via dedicata al 28 ottobre, nello stesso edificio del rock club Batalion. Questo grazie al proprietario del club, Arnošt Kuchař, che prima di ristrutturare il locale decise di aggiungere un reliquario per uno dei suoi artisti preferiti. Chiamò a collaborare la figlia di Kája, Berenika Saudková, anche lei artista. La scelta stravagante di accompagnare un Rock bar con un museo di fumetti ci sembra il modo ideale per rendere omaggio a una personalità tutt’altro che convenzionale, come Kája. Si dice che la sua bravura, oltre ad una capacità straordinaria ed originale nel disegnare le donne, risiedeva nel fatto che fosse in grado di combinare il sogno americano con la realtà crudele del regime comunista. Non sapremo mai dove sarebbe arrivato se fosse cresciuto negli Stati Uniti, in Francia, Belgio o in un’altra cultura dove c’è grande rispetto per il mondo dei fumetti, ma Kája Saudek resta e probabilmente resterà l’unico Re dei fumetti della sua patria.

di Lawrence Formisano