I due Paesi si avvicinano e si allontanano: da una parte il desiderio di influenza russa e la dipendenza energetica ceca, dall’altro le esperienze negative del secolo scorso
Come un prisma, con più colori e sfumature, le relazioni e i sentimenti tra Praga e Mosca, negli ultimi decenni, hanno riflettuto l’andamento della politica internazionale, soprattutto nello scacchiere dell’Europa centrale, e ancora oggi sono oscillanti.
Un rapporto che lega i due Paesi e, nello stesso tempo, li allontana. Da una parte le relazioni e le dipendenze energetiche, dall’altro le divergenze su molti argomenti di politica e diplomazia internazionale. Infine, le ormai sempre più strette relazioni economiche, legate anche alla presenza massiccia di una comunità russa che vive in Repubblica ceca. Se si volesse condensare in due volti la situazione, si potrebbe dire che da una parte c’è la Repubblica ceca di Vaclav Havel e dall’altra quella dell’attuale presidente, Vaclav Klaus. Rappresentanti di due modi di vedere e di interpretare le relazioni con Mosca, ieri e oggi.
Da terra conquistata e dominata, Praga è diventata, negli ultimi decenni luogo di “trasferta” per i russi: tanti grossi uomini d’affari, ma anche tantissimi piccoli imprenditori e giovani studenti. Nel 2010, poi, la capitale ceca ha fatto da sfondo, e da simbolico palco, per la firma del trattato Start diretto alla riduzione degli armamenti atomici in Russia e Usa. Nello stesso tempo la Repubblica ceca ha provato, a fasi alterne, a svincolarsi dalla cappa d’influenza russa, prima legandosi al progetto di Unione Europea, poi cercando di partecipare al progetto di scudo antimissilistico Usa e infine sfidando Mosca sul piano internazionale nella crisi russo-georgiana. Ma in tutte queste occasioni, a Praga, le due sponde della politica ceca si sono fronteggiate. Un esempio lampante di questa situazione lo si è avuto ogni qualvolta il presidente Klaus si è recato in Russia per incontrare i leader del Cremlino. Incontri nei quali, Klaus, ha sempre rifiutato l’interprete, dando sfoggio del suo russo fluente.
Il capo di stato ceco, che si definisce un “dissidente europeo”, è stato sempre accolto dai media russi a braccia aperte. Klaus fa parte di quello schieramento politico esistente in Repubblica ceca che non è preoccupato di presentarsi apertamente come filo-russo, facendo della sua posizione filo-Mosca una bandiera, soprattutto in contrasto con la Ue, accusata dal presidente ceco di avere mire espansionistiche sulla sovranità ceca. Della Russia invece Klaus ha detto: “il suo sistema politico e la libertà sono ai livelli più alti degli ultimi due millenni”. Parole che hanno aumentato l’approvazione dei media russi nei suoi confronti. Il presidente ceco è d’altronde quello che, nel 2006, si scagliò polemicamente contro un gruppo di intellettuali americani ed europei, fra cui Havel, che avevano criticato con una lettera aperta gli standard democratici della Russia di Putin.
Oppure, nel 2008, quando, in occasione della crisi russo/georgiana, Klaus attribuì le maggiori responsabilità a Tbilisi e al presidente della Georgia Mikheil Saakašvili.
Un atteggiamento che, a ben vedere, non ha fatto crescere più di tanto il peso politico di Praga rispetto al Cremlino. In una visita del 2007 a Mosca, quando Klaus cercò di rassicurare Vladimir Putin sulla non belligeranza dello scudo Usa, il presidente russo si limitò a sorridere con freddezza: “Per noi è chiaro che la Repubblica ceca non avrà alcun potere di controllare l’uso del radar”.
Dall’altro lato della barricata, da sempre, dagli anni della Rivoluzione di velluto, l’ex presidente Vaclav Havel, che dopo aver partecipato alla liberazione del Paese dal comunismo, ha continuato a osteggiare i tentativi di Mosca di riportare la sua influenza su Praga. “L’era della dittatura e del totalitarismo non è finita”, ha dichiarato anche di recente, facendo riferimento alla Russia. “Si è conclusa nella forma tradizionale che conoscevamo nel Ventesimo secolo, ma adesso, sono stati concepiti modi molto più sofisticati di controllare la società”, ha aggiunto in occasione dell’anniversario della Rivoluzione. Havel ha anche firmato la lettera aperta inviata ad Obama nella quale si chiedeva agli Stati Uniti di non abbandonare l’Europa centrale perché la fine della Guerra fredda non garantisce che i Paesi dell’area siano “al sicuro”.
Sul fronte delle relazioni tra i due Paesi bisogna però aprire un capitolo a parte per quanto riguarda l’energia. Klaus, infatti, nella sua ultima visita ha invitato le compagnie energetiche russe a investire nel settore ceco e in particolare nell’ampliamento della centrale nucleare di Temelin. Un tassello che potrebbe incrementare ancora di più la dipendenza ceca dalla Russia per quanto riguarda l’elettricità e i combustibili in generale.
Le radici dell’assedio russo al settore dell’energia ceca affondano negli anni Novanta, quando Klaus, allora primo ministro, sostenne le importazioni di gas e greggio russo, rispetto a quelle norvegesi. Figlio di questo accordo è la massiccia presenza di Lukoil in Repubblica ceca. La compagnia russa si è aggiudicata anche il 20% delle forniture all’aeroporto internazionale di Praga. Un’influenza che, secondo il ministro degli Esteri Karel Schwarzenberg, rischia di diventare in breve tempo “da economica a politica”. Un momento cruciale potrebbe consumarsi in occasione della gara d’appalto per Temelin, dove la russa Atomstroyexport è considerata da alcuni osservatori favorita, rispetto alla francese Areva e alla statunitense Westinghouse. L’affare vale quasi 30 miliardi di dollari. Partenza dell’operazione nel 2020 e sarà interessante vedere come andrà a finire.
Di Daniela Mogavero