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La guerra degli ultimi mesi, combattuta sullo sdrucciolevole terreno della diplomazia e riguardante la nomina dei nuovi ambasciatori cechi, è destinata a concludersi con ogni evidenza a favore del presidente Miloš Zeman, con buona pace dell’anziano aristocratico Karel Schwarzenberg, il cui mandato di ministro degli Esteri è scaduto con la fine del governo Nečas.

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Oggi infatti sappiamo che, con molta probabilità, come voluto da Zeman, a capo delle missioni diplomatiche di Bratislava e Mosca, sono destinati ad andare rispettivamente la ex first lady Livia Klausová, nativa proprio della capitale slovacca, e l’ex cosmonauta, già eroe della Unione Sovietica, Vladimír Remek.

Sconfitta la tesi di Schwarzenberg, secondo la quale per sedi di questa importanza sarebbero stati più adatti diplomatici di carriera, e non solo personaggi con legami di antica data o con conoscenze influenti.

Sconfitto soprattutto il tentativo di Schwarzenberg di arginare le mire del presidente Zeman sulla politica estera, posto che, secondo l’assetto costituzionale ceco, la nomina degli ambasciatori, prevede espressamente che la scelta spetti al ministro degli Esteri, che ne propone la nomina al capo dello Stato d’intesa con il governo.

Nella nomina della Klausová a Bratislava – altro aspetto che turbava l’aristocratico Schwarzenberg – c’è inoltre un aspetto di “voto di scambio”. Scegliere la ex first lady come nuovo ambasciatore a Bratislava, ha infatti tutta l’aria di una ricompensa di Zeman alla famiglia Klaus per l’appoggio che questi ultimi gli hanno dato durante la campagna per le presidenziali.

In quella occasione i Klaus, pur di spingere Zeman al Castello, non usarono troppi riguardi nei confronti di Schwarzenberg, quando per esempio rimproverarono l’allora ministro degli Esteri di avere come moglie “una austriaca, che non sa neanche una parola di ceco”, oppure quando gli rinfacciarono di avere avuto come suocero “un nazista viennese”.

Tra l’altro – per ironia della sorte – i giornali hanno di recente rivelato che il padre della Klausová, negli anni della guerra – durante il periodo della Repubblica slovacca filonazista di monsignor Tiso – lavorava per la polizia segreta di Bratislava e prese parte in forma attiva alla persecuzione degli ebrei. Una rivelazione che la stessa famiglia Klaus ha definito “molto probabilmente veritiera”, ma che a quanto pare non ha per niente influito sulla volontà di Zeman di mandare a Bratislava la signora Livia a fare l’ambasciatore.
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Ben più importante di Bratislava, è stata però la partita che si è giocata per il nuovo ambasciatore ceco a Mosca, dove la sede è rimasta vacante da quasi un anno, situazione ormai insostenibile, per l’importanza, soprattutto sul piano economico, che sta assumendo la Russia per la Repubblica Ceca. A questo riguardo è stata eloquente la recente visita in Russia dell’ormai ex primo ministro Petr Nečas, giunto con al seguito una mega delegazione di business man cechi attirati dal mercato e dai fondi russi.

Nečas ha puntato quasi tutta la missione proprio sul versante economico, lasciando in ombra il problema dei diritti civili o l’autoritarismo dell’era Putin. A tal punto che, secondo la testata filo Cremlino Voce della Russia, tra Mosca e Praga “è ormai iniziata una nuova era di collaborazione reciproca pragmatica e non appesantita da zavorre ideologiche”. Proprio la meta più volte profetizzata da Zeman.

Sulla poltrona di ambasciatore ceco in Russia andrà quindi, manca solo la nomina ufficiale, l’eurodeputato comunista Vladimír Remek, un ex cosmonauta, personaggio simbolo della Cecoslovacchia pre ‘89 e decorato da Mosca come “Eroe dell’Unione Sovietica”.

Schwarzenberg, ironizzando con un pizzico di amarezza su Remek, aveva detto: “secondo me non basta conoscere il russo e avere relazioni così strette e di vecchia data con quel Paese per essere un buon ambasciatore a Mosca”.

È un fatto però che Praga non si può più permettere di lasciare questa sede vacante. In ballo ci sono le mire di espansione dell’export ceco, in crisi dopo il collasso del mercato Ue, la richiesta di investimenti russi, contratti di forniture di gas e greggio e un contratto da ben 8-12 miliardi di euro per l’espansione della centrale nucleare di Temelín. Per la gara sono in corsa l’americana Westinghouse e il consorzio russo Mir.1200. E il premier russo Dmitrij Medvedev anche con Nečas non ha mancato di ricordare quanto Mosca ci tenga a questo appalto.

Come era nell’aria – nel bellum Zeman-Schwarzenberg, che per mesi ha paralizzato l’intero balletto di poltrone degli ambasciatori cechi: dalla Svizzera, alla Bielorussia, dalla Danimarca all’Irlanda – alla fine l’ha quindi spuntata il capo dello Stato.

Sconfitte le posizioni dell’ex ministro degli Esteri, il quale a più riprese aveva dichiarato di non essere disposto, solo per meri interessi economici, a fare passi indietro, in particolare sul fronte russo. “Non sono questi interessi a far passare in secondo piano l’esigenza di denunciare e censurare gli standard democratici e di tutela dei diritti umani della Russia di Putin”. Parole che puntavano al Cremlino tanto quanto al Hradčany.

di Daniela Mogavero