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Incontro a Praga con il direttore dell’Umbria Music Fest

Praga – Sarebbe piaciuto ad Alberto Savinio . Perché, prima di tutto per lui, più che per altri maestri del podio,si potrebbe dire “genio e regolatezza”. Genio e mestiere, professione e creatività, musica e, perché no, anche marketing nella carriera artistica del direttore d’orchestra Walter Attanasi. 46 anni, triestino di nascita, fisico asciutto, sguardo penetrante, i capelli un po’ ribelli del creativo “elettrico” nascondono una determinazione ferrea. Germanica, si direbbe, per certi versi. E invece no: “Vengo da incroci adriatici: Puglia e Trieste. E forse qui intervengono antiche radici slave, di parte materna” spiega lui ora, seduto a un tavolino del miglior ristorante praghese.
Per un personaggio del genere, il conservatorio a Trieste è un destino, più che una scelta naturale. Trieste, con tutto quello che significa, con quel mix fra italianità bizzosa e insoddisfatta e psicoanalisi freudiana, e musica, e letteratura, e tradizione asburgica.
Chiaro che con questo background il nostro, aveva, in un certo senso, il cammino segnato. Una parentesi toscana, fiorentina anzi. Poi riprende il destino di muoversi fra le note degli spartiti e le passerelle dei grandi teatri internazionali: la Scala di Milano, il San Carlo di Napoli, lo Staatsoper di Amburgo, l’Opera di Budapest o della Royal Opera di Stoccolma, e poi ancora Buenos Aires, Tokyo , Stati Uniti e via proseguendo… Nel 2003 è l’allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi a chiamarlo al Quirinale, per il concerto di Capodanno. Piccoli smeraldi in una carriera che è una pepinière.
Il migliore, si dice oggi di Attanasi, nella nuova generazione di direttori italiani. Solo coincidenze, maestro?
“Certo, gli incontri – spiega Attanasi – Nella vita esiste il lavoro fatto con scrupolo, ma, perché no, esiste anche il caso. Per me, essi sono venuti insieme, agli inizi della carriera. Uno di questi è stato il talent scout e organizzatore Silvano Spada,che mi ha chiamato a dirigere per la prima volta un importante progetto. Poi, un palmo sopra tutti gli incontri, il Maestro Menotti”.
Giancarlo Menotti: per i melomani italiani ma non solo, è un nome da tempo entrato nella leggenda: inventore di palcoscenici, genio assoluto, grande public relation e insieme bon vivant del jet set internazionale. Che in anni ormai lontani crea dal nulla lo Spoleto Festival. Un genio tutto italiano rivelato dal suo festival umbro: nato dal nulla, eppure francescanamente e rapidamente affermatosi in tutto il mondo.
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Aggiunge Attanasi “devo molto a Menotti, mi fece debuttare all’opera di Roma nel ’94 e subito mi invitò a dirigere al Festival di Spoleto nel ’95 e ‘97“.
Una consacrazione, insomma. Dopo Spoleto?
“Spoleto per me ha significato più in generale l’Umbria, il cuore musicale d’Italia. Nel ‘99, nasce l’idea di costruire un Festival di qualità a Todi. Come direttore artistico, credo di aver lavorato con intransigenza artigiana. Far sentire il meglio, in senso aristocratico, della produzione artistica del momento, ma a prezzi davvero popolari. Dopo Todi, da diversi anni coordino un progetto ancora attuale, che si chiama “Umbria Music Fest”.
Abbiamo parlato d’Italia, poco di Repubblica Ceca…
“Oggi, il rapporto che coltivo con Praga è semplicemente indissolubile. Praga, è naturale, con tutto quello che significa musicalmente la capitale boema”
Meglio dirigere un brano di Rossini oppure un pezzo di Dvorak?
“Detesto le semplificazioni. Vivo a Praga, sto bene qui, la mia compagna è ceca ed è anche nel mio settore.  Le differenze fra orecchio italiano e sensibilità mitteleuropee esistono, perdurano da tempo. Ci troviamo di fronte a problemi diversi. Qui, sicuramente, il musicista ha un ruolo sociale riconosciuto, identificato da sempre. In Italia, invece, si prosegue per un  cammino irregolare: prima troppi conservatori, magari cresciuti inutilmente , e poi all’improvviso tagli sproporzionati, ingiustificati, sui budget dei grandi teatri. La musica è campo aperto di soddisfazioni, ma va seminato con costanza…”.

Trieste, l’Umbria, Praga, gli Usa. Adesso,però, anche Bratislava….
“Sì, da qualche anno l’Umbria Music Fest si sposta con i suoi musicisti anche nella capitale slovacca. Il tutto grazie alla collaborazione con l’Assis (Associazione Italo Slovacchia) e nell’ambito della manifestazione Dolce Vitaj (Festival della Cultura Italiana in Slovacchia). Bratislava si sta rivelando una piazza eccezionale. Concerti completamente gratuiti, un omaggio della fondazione Assis e del Dolce Vitaj a questa città, un ponte fra Est ed Ovest. La gente, i cittadini partecipano, affollano i concerti all’aperto, si assiepano nei teatri. Un’esperienza inebriante che conto di proseguire“.

Di Ernesto Massimetti