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Coi sondaggi tutti dalla sua parte, il ministro miliardario è oggi il vero protagonista della politica ceca e le sue ambizioni crescono. Sobotka è avvertito

Il miliardario e politico Andrej Babiš – dopo la sorprendente affermazione elettorale dello scorso autunno e il conseguente ingresso nel governo – comincia a sentire stretti gli abiti di ministro delle Finanze e di semplice vicepremier. I sondaggi sulla popolarità dei leader politici da qualche mese gli attribuiscono il primo posto assoluto. Secondo una rilevazione di marzo della Stem, la quota di cechi che manifesta nei suoi confronti una opinione positiva è pari al 62% della popolazione. Come se non bastasse, si avvicina la scadenza del voto europeo di fine maggio e tutti i sondaggi sono pressoché concordi nell’attribuire il ruolo di primo partito ad Ano – il movimento “dei cittadini scontenti” di cui Babiš è fondatore, capo e grande finanziatore – con percentuali di consenso che vanno dal 24% in su. Staccati i socialdemocratici della Čssd, il partito che guida la coalizione di governo.

12 Babis in camicia bianca

Animato costantemente da grande attivismo, in alcune circostanze sembra che il vero capo del governo sia proprio lui, con buona pace del primo ministro in carica, il socialdemocratico Bohuslav Sobotka. Indicativo il piglio con il quale Babiš è intervenuto nel negoziato riguardante gli aiuti di stato destinati ad ammortizzare i riflessi sociali destinati alla chiusura della miniera carbonifera Důl Paskov in Moravia. Scavalcando nel negoziato il ministro dell’Industria Jan Mládek (socialdemocratico), il tycoon di origine slovacca ha indotto i rappresentanti della compagnia estrattiva ad accettare condizioni decisamente più convenienti (per i minatori e per le casse pubbliche). Ue permettendo, si tratta di una vittoria che soprattutto i media di sua proprietà non hanno mancato di sottolineare, aumentandone la popolarità. “Io non sono un politico, ma uno che lavora. E so come si conducono certe trattative” il commento di Babiš, riaffermando l’immagine di sorvegliante della classe politica, che evidentemente tanto piace ai cittadini.

In una situazione di questo genere, non può che vacillare la poltrona del primo ministro, la cui posizione è indebolita dalla scarsa unità del partito socialdemocratico e dalla costante inimicizia del capo dello stato Miloš Zeman nei confronti del premier.

Per di più, tra il Castello e Babiš i rapporti sembrano ora idilliaci. Zeman da qualche mese non perde occasione per dirsi in sintonia con i passi compiuti dal ministro delle Finanze. Evidentemente lo ha ormai individuato come la spalla ideale per indebolire il grande nemico Sobotka. Il tandem sembra peraltro funzionare, tant’è che Babiš da un pò di tempo ha interrotto le punzecchiature anti Zeman, lo scorso anno invece frequenti.

Il premier Sobotka, di cui è palese lo scarso carisma, in questa situazione cerca di ostentare serenità, nei suoi consueti panni di grigio funzionario di partito.

Un’unica volta, in questi due mesi e mezzo di governo, si è assistito a un vero battibecco fra Babiš e Sobotka. A dare fuoco alle polveri è stato proprio quest’ultimo, quando ha osservato: “il modo migliore per cancellare i sospetti di conflitto di interesse sarebbe che il ministro Babiš smettesse di fare l’imprenditore e si dedicasse solo alla politica”.

La risposta del padrone di Agrofert non si è fatta attendere. Rispolverando la retorica vincente della campagna elettorale, ha lanciato il suo avvertimento: “Sobotka, da buon politico di professione che non ha mai lavorato, non sa di cosa parla quando parla di attività d’impresa. Io delle mie aziende sono solo il proprietario, non le dirigo. E comunque non ho alcuna intenzione di vendere le mie imprese. Se proprio non gli sto bene, che provi Sobotka a revocarmi il mandato di ministro o a cambiare la coalizione di governo”.

A sostegno di Babiš si è immediatamente schierato il presidente Zeman, il quale dal Castello ha sentenziato: “una persona può avere una proprietà, ma non necessariamente essere un imprenditore”.

14 Babis con Zeman

In realtà il problema del conflitto di interessi è palese, davanti agli occhi di tutti. Babiš – al quale la consueta classifica di Forbes dei Paperon de’ Paperoni planetari, ha attribuito un patrimonio di 2,4 miliardi di dollari – in qualche occasione ha mostrato persino di accorgersene e di porvi rimedio davanti all’opinione pubblica. Per esempio lo scorso marzo, quando ha chiesto che i poteri di sorveglianza sulla società di stato Explosia passino dal ministero delle Finanze a quello dell’Industria e del Commercio. La Explosia infatti dipende dalle forniture di materie prime che le assicura la Synthesia, società che fa capo alla Agrofert di proprietà di Babiš.

Per lo stesso motivo in almeno due casi il ministro delle Finanze – il quale è proprietario della Agrofert, la più grande holding agroalimentare della Repubblica Ceca – ha preferito astenersi dal voto in sede di consiglio dei ministri. È stato quando il governo ha approvato un incremento della somma da destinare ai progetti del Programma di sviluppo delle campagne, finanziati in prevalenza dall’Ue, oppure quando l’esecutivo ha proposto di mantenere le facilitazioni fiscali a favore del gasolio utilizzato per usi agricoli.

Rispetto alla posizione di conflitto di interessi in cui si trova Babiš, si tratta di semplici palliativi. Gli alleati socialdemocratici però, al di là delle parole, di fronte al rischio di far saltare il governo, non sembrano disposti a portare la polemica alle estreme conseguenze e ad assumersi la responsabilità di elezioni anticipate. Tanto più con la quasi certezza di essere destinati a perderle.

Intanto Babiš è quasi riuscito negli ultimi mesi a disinnescare la grana della sua presunta passata appartenenza alla StB, la famigerata polizia segreta del regime pre ‘89. Su questa vicenda è in corso un processo a Bratislava, che potrebbe concludersi in un nulla di fatto. Le ultime udienze hanno fatto registrare punti a favore del ministro ceco. Davanti ai giudici ha testimoniato un anziano, con un passato di spia comunista, che ha negato sotto giuramento di aver arruolato negli anni ‘80 Babiš come collaboratore. Una testimonianza che confuta quanto emerso da vecchi documenti di archivio e che potrebbe risultare decisiva per salvare la reputazione del ministro miliardario. E ad ogni buon conto su questa vicenda è sembrato voler mettere una pietra sopra lo stesso primo ministro Sobotka, quando ha dichiarato: “La tenuta del nostro governo si basa sulla realizzazione del programma di coalizione. Del sospetto che Babiš sia un ex agente della StB i cittadini cechi sono consapevoli da tempo, eppure questo non ha impedito loro di votarlo. Nessun problema quindi sulla stabilità dell’esecutivo”.

di Giovanni Usai