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Per la comunità originaria del sud-est asiatico è sempre più vicino il riconoscimento di minoranza ufficialmente riconosciuta

I vietnamiti che vivono nella Repubblica ceca, terza comunità straniera più numerosa di questo paese, confidano nel 2011, anno del censimento, per ottenere lo status di minoranza nazionale ufficialmente riconosciuta. Vogliono disporre di maggiori strumenti per tutelare le loro tradizioni, la loro cultura e soprattutto la loro lingua, in questo paese dell’Europa centrale dove ormai si sentono di casa. Secondo stime ufficiali risiedono in Repubblica ceca quasi 70 mila vietnamiti, ma il loro numero è in realtà superiore almeno della metà, visto che sono in tanti anche quelli che vi soggiornano e vi lavorano clandestinamente.
La legge ceca non definisce con precisione i presupposti sui quali si basa il riconoscimento ufficiale di minoranza nazionale. Si limita a dire che deve trattarsi di una comunità straniera che risiede in questo paese “da lungo tempo” e con un rapporto di tradizione con il paese ospitante.
E’ praticamente certo però che uno dei fattori dei quali le autorità terranno conto sarà il numero di vietnamiti in possesso della cittadinanza ceca. Nel 2001, data del precedente censimento, erano appena alcune centinaia, ma negli ultimi dieci anni le cose potrebbero essere notevolmente cambiate anche su questo piano.
“Il riconoscimento come minoranza nazionale favorirebbe anche una maggiore integrazione dei nostri connazionali” come affermato da Duong Trong Minh, primo segretario dell’ambasciata di Hanoi a Praga.
Tra l’altro, se il traguardo dovesse essere raggiunto, i vietnamiti diventerebbero la prima minoranza di origine asiatica ad essere riconosciuta ufficialmente nella Repubblica ceca.
La loro prima ondata giunse in questo paese negli anni ’70, durante e subito dopo la guerra del Vietnam, grazie alle buone relazioni che Hanoi aveva con l’allora Cecoslovacchia e con gli altri paesi satelliti dell’Unione Sovietica.
In particolare con la Cecoslovacchia, dove già nei primi anni ’80 vivevano circa 30 mila vietnamiti, molti dei quali già allora venivano adibiti a lavori non graditi ai cechi, in primo luogo nell’industria, nelle catene di montaggio delle fabbriche.
A proposito della guerra del Vietnam, bisogna sottolineare che la Cecoslovacchia fu uno dei principali fornitori di materiale bellico per il Vietnam del Nord. Durante gli anni del conflitto le spedizioni di materiale esplosivo e di altre armi crearono un enorme debito vietnamita verso la Cecoslovacchia. E il lavoro che gli operai vietnamiti svolgevano nelle fabbriche ceche veniva utilizzato anche per pagare quel debito. Furono però numerosi, in quel periodo, anche i giovani asiatici che in Cecoslovacchia ebbero la possibilità di studiare e di frequentare le università.
La seconda ondata di arrivi ebbe luogo dopo la caduta del regime cecoslovacco, nei primi anni del ’90, quando quelli che erano già residenti favorirono l’arrivo in primo luogo dei loro familiari. Fu proprio in quel periodo, nel giovane stato post comunista e in piena euforia di libero mercato, che gli immigrati vietnamiti si dedicarono in modo particolare al commercio. Nei loro tipici mercatini all’aperto, si specializzarono nella vendita di abbigliamento e calzature a buon prezzo, prodotti provenienti dall’estremo oriente, spesso frutto di falsificazioni di importanti brand della moda. L’inclinazione per i traffici e per il commercio non è mai tramontata e ultimamente si è orientata anche verso i negozi di alimentari. I vietnamiti soprattutto nelle grandi città della Repubblica ceca detengono un monopolio quasi esclusivo delle botteghe di frutta e verdura. Vendono generalmente merce di qualità superiore alla media e i loro esercizi si distungono per la varietà dei prodotti offerti.
La presenza della comunità vietnamita ha favorito in Repubblica ceca anche lo sviluppo di particolari forme di criminalità organizzata. Si tratta di racket dediti in particolare alla tratta delle persone (attraverso lo sfruttamento di flussi di immigrazione clandestina), al contrabbando delle merci, alle estorsioni, allo sfruttamento della prostituzione e al traffico di droga. Spesso, sembra, in collegamento con la temibile criminalità cinese.
Va anche detto che la tendenza della comunità vietnamita a rimanere chiusa in se stessa, a darsi una propria organizzazione interna è proverbiale. Sono gente che spesso vive in un rapporto di forte dipendenza rispetto alla comunità dei loro connazionali. Hanno molto forte il senso dell’appartenenza e fra di loro si aiutano. E’ risaputo che i tanti vietnamiti licenziati dalle fabbriche ceche durante il periodo della crisi, soprattutto nel 2009, sono riusciti a trattenersi in questo paese e a non finire nella miseria grazie ai sostegni ricevuti da parte della loro comunità.
Un discorso a parte meritano le giovani generazioni, dei tanti che in Repubblica ceca sono nati e cresciuti e che tendono a una sempre maggiore integrazione nella società ceca. Nelle scuole dell’obbligo ceche frequentano attualmente 10 mila studenti di origine vietnamita. Sono ragazzi che quasi sempre si distinguono per impegno, per capacità di apprendimento e per i voti eccellenti. Molti di loro sono avviati verso brillanti carriere. Tutti con l’evidente ambizione di realizzare il sogno mitteleuropeo dei loro genitori.