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La Repubblica Ceca fa ricorso alla Corte europea contro la direttiva restrittiva e lancia la riforma costituzionale. Per le autorità ceche la Direttiva Ue è punitiva e non aiuta il contrasto del terrorismo

Il tema della sicurezza dei cittadini, dei sempre più frequenti attacchi terroristici e della necessità di difendere la popolazione, è al centro del dibattito internazionale e come tale anche del dibattito in Repubblica Ceca, soprattutto ora che si avvicinano le elezioni politiche di ottobre. Un tema, sposato da molti partiti in Europa con toni populistici, che potrebbe diventare un cavallo di battaglia anche della prossima campagna elettorale ceca, nonostante nel Paese non siano stati registrati attacchi di questo genere e il livello di allerta non sia stato innalzato recentemente. Anche il temuto arrivo di migranti (a causa delle tanto contestate quote volute da Bruxelles) non ha di fatto modificato il grado di sicurezza stabilito da Praga su possibili attacchi.

Ma in questo caso, la possibilità di difendersi, di affrontare la paura e la libertà di avere un’arma, diritto largamente dato per scontato in Repubblica Ceca, è al centro della querelle Praga-Ue.

Il dibattito è scaturito dalla riforma della Costituzione, approvata dalla Camera bassa del Parlamento ceco, che consente ai cittadini di difendersi con le armi in caso di attacco terroristico. Un testo fortemente voluto dal ministro dell’Interno Milan Chovanec, socialdemocratico, che si scontra con la legge europea che limita il possesso di armi – e contro cui Praga ha già fatto causa in sede di giustizia Ue per arginare le restrizioni imposte da Bruxelles, ma che non è detto raggiunga il suo fine.

Ma andiamo con ordine. Dopo il via libera Ue alla direttiva sulle armi, Chovanec aveva annunciato l’intenzione di proporre la modifica alla Costituzione a causa dei recenti “attacchi terroristici in Europa e nel resto del mondo che hanno aumentato le preoccupazioni sulla sicurezza nella popolazione”.

Secondo le informazioni disponibili circa 300.000 cittadini cechi, su un totale di 10,5 milioni, possiedono una licenza per il porto d’armi e hanno una o più armi, dato che sono state registrate oltre 800.000 pistole, anche semi-automatiche nel Paese, mentre nel 2005 erano poco più di 600 mila.

Secondo il ministro degli Interni “sempre più cechi stanno prendendo il porto d’armi e la situazione potrebbe peggiorare nei prossimi mesi”, senza una mancanza di regolamentazione. I poligoni di tiro segnalano che i clienti sono triplicati rispetto a pochi anni fa.

Mentre in passato si compravano le armi generalmente per usi sportivi o per la passione della caccia, ora invece la tendenza è quella di armarsi per difesa personale. Il timore principale è che l’arrivo dei migranti possa incidere sulla sicurezza dei cittadini e favorire attività terroristiche. Altre ragioni che spieghino questa corsa alle armi per motivi di difesa personale non sembrano essercene, visto che le statistiche dimostrano un netto calo negli ultimi anni dei reati contro il patrimonio e contro la persona

La modifica della Costituzione, votata a larga maggioranza alla Camera riguarda soltanto i cittadini di nazionalità ceca e non chi risiede nel Paese e consente l’uso legale delle armi in caso di minaccia alla sicurezza nazionale. La norma, però, potrebbe trovare ostacoli al Senato. Milan Štěch, presidente del Senato, socialdemocratico come Chovanec, ha detto di avere dei dubbi sulla riforma, così come l’ex ministro per i Diritti umani, Jiří Dienstbier, che è apertamente contrario. In seno alla Commissione costituzionale del Senato, alla quale spetta il compito di esaminare preliminarmente la proposta di modifica costituzionale, stanno emergendo le stesse riserve che su questa disposizione hanno già espresso il ministero della Difesa, il ramo civile dei servizi segreti, ma anche il presidente della Corte costituzionale, Pavel Rychetský, altro storico socialdemocratico, che ha sottolineato che la Repubblica Ceca diventerebbe l’unico paese europeo con una simile disposizione di rango costituzionale.

E proprio per difendere questo diritto acquisito da tempo dai cechi e garantirlo in tempi di terrorismo, Praga ha presentato istanza alla Corte di Giustizia Ue contro la nuova direttiva europea che pone restrizioni al possesso di armi. La norma Ue ha l’obiettivo principale di evitare che i terroristi presenti sul territorio europeo possano dotarsi di armi in maniera troppo facile ma per le autorità ceche, il testo minaccia soltanto i possessori di armi con la dovuta licenza e i cacciatori. “Non vogliamo disarmare i nostri cittadini in un momento in cui la situazione relativa alla sicurezza in Europa sta peggiorando”, ha sottolineato Chovanec parlando davanti ai deputati e ai senatori. “Mostratemi un singolo attacco terroristico perpetrato con un’arma legalmente detenuta”.

Una posizione strenuamente difesa nonostante in Repubblica Ceca non ci sia memoria di recenti attacchi di stampo terroristico. Ma molti cechi usano le armi, soprattutto nelle zone rurali, per cacciare e la tradizione liberale sul tema è antica. Per questo, forse, in nessun’altro Paese Ue la direttiva europea, approvata a dicembre e poi ratificata dai ministri degli Interni quattro mesi dopo nonostante il no di Praga, Lussemburgo e Varsavia, ha creato così tante polemiche.

In Repubblica Ceca, oltre alla già citata questione sicurezza, la levata di scudi contro le restrizioni europee è arrivata dalle associazioni degli appassionati di tiro o dei cacciatori che lamentano il divieto di possesso di armi semi-automatiche a corto e medio raggio. Inoltre le critiche riguardano anche la possibilità che queste restrizioni possano creare un vero e proprio mercato nero delle armi, che otterrebbe il risultato esattamente opposto a quello voluto dalla direttiva, che punta alla tracciabilità e al controllo.

“Ci siamo rivolti alla Corte europea di giustizia chiedendo che questa direttiva venga stralciata, rinviata o in alcuni stati, primo tra tutti la Repubblica Ceca, possa essere garantita un’esenzione sulla base del fatto che è discriminatoria. Sfortunatamente non ci sono effetti di sospensiva, sarebbe positivo se potessimo attendere il verdetto prima di vederne l’entrata in vigore”, ha spiegato Chovanec definendo la decisione di Bruxelles “inaccettabile” e “punitiva”.

Le terre ceche hanno d’altronde storicamente una certa confidenza con le armi. Basti dire che lo stesso termine pistola deriverebbe da “píšťala”, un tipo arcaico di arma da fuoco utilizzato da queste parti nel XV secolo, durante le guerre hussite.

Infine, sul territorio nazionale si trovavano e si trovano grandi industrie del settore della difesa e attualmente la Česká zbrojovka Uherský Brod e la Sellier & Bellot producono armi e munizioni.

La direttiva Ue è entrata in vigore il 13 giugno ma gli stati membri hanno 15 mesi per implementarla nella loro legislazione. L’attuale normative prevede che in Repubblica Ceca possa possedere legalmente un’arma chi ha la fedina penale pulita, un “comportamento affidabile”, è in buona salute e ha passato i test di teoria e di pratica. La legge ceca, tra le più permissive d’Europa, consente anche a 240mila possessori di licenza di portare armi nascoste per scopo di difesa. Un diritto a cui i cechi non vogliono rinunciare, soprattutto a causa di una norma calata dall’alto. E per frenare questa deriva restrittiva, Praga sta usando la sua arma più forte, la riforma della Costituzione, aprendo, però, di fatto un nuovo capitolo di attrito con Bruxelles.

di Daniela Mogavero