FacebookTwitterLinkedIn

Continuano le polemiche sulla sistemazione del maestoso ciclo pittorico di Alfons Mucha

Povero Alfons: non avrebbe mai immaginato che i monumentali dipinti, ai quali dedicò quasi vent’anni della sua vita, avrebbero scatenato una sequela di polemiche. Che avrebbero, in altre parole, diviso anziché unire il suo amatissimo popolo. Funziona sempre così: “nemo profeta in patria”…
Pensata agli inizi del Novecento per celebrare la forza e la storia delle genti boeme e morave, grazie anche alle donazioni del magnate americano Charles Crane, l’ “Epopea Slava” sta invece diventando oggi un pericoloso contenzioso fra il comune di Moravský Krumlov (seimila abitanti, e un mare di tigli intorno) e la grande capitale Praga. E dunque, un simbolo di divisione. Non di sacra unione, come il “libero muratore” Mucha aveva sognato durante la sua vita vagabonda in Europa e nel Nuovo Continente.
Sì perché, dal punto di vista moravo, e del sindaco del piccolo centro Jaroslav Mokrý, è la solita vorace, tentacolare e arrogante Praga a voler strappare a Moravský Krumlov il “suo” capolavoro, oggi esposto nel castello locale. Un classico caso di “pragocentrismo” che soffocherebbe i piccoli comuni, privati anche di fonti di denaro prezioso in questi tempi di crisi. Secondo Mokrý, infatti, i visitatori dell’Epopea sarebbero piuttosto numerosi, e porterebbero molte corone nelle esangui casse del comune moravo.
Sono in tanti, soprattutto nei mesi estivi, a venire qui, nel piccolo castello rinascimentale progettato manco a dirlo da un architetto italiano, Leonardo Gardo. Arrivano nel villaggio proprio per ammirare le 20 tele di grande formato che raccontano storie e leggende della mitologia slava. Venti dipinti realizzati secondo lo stile in voga all’inizio del Novecento. Tele meditate per quasi vent’anni, rivisitate e alla fine esaltate dal genio creativo dell’enciclopedico Mucha.
54 - 02  Mucha
A essere onesti, quello che per Alfons era diventato quasi uno scopo esistenziale, una volta ultimato non aveva entusiasmato più di tanto gli scettici praghesi. Una certa freddezza, al momento della presentazione definitiva del ciclo nel 1928. E anche prima, via via che i diversi pezzi arrivavano in Boemia.
“Un progetto superato”, era stato in definitiva il giudizio, secondo gli altezzosi critici della prima Repubblica di Tomáš Garrigue Masaryk. Troppo legato all’Art Nouveau, troppo floreale, avrebbero argomentato i “sopracciò” boemi, adusi a vivere fra innumerevoli capolavori artistici che la Storia ha regalato quasi involontariamente alla capitale. Dunque, grazie Mucha, vedremo il da farsi….era stata la risposta di cortesia, il ringraziamento di circostanza.
Così l’Epopea, che doveva essere immortale, finì prima esposta nel Veletržní palác, poi …udite udite, in un’anonima scuola di periferia. Un po’ poco per chi voleva farne, a torto o a ragione, una bandiera imperitura della nazione slava. E’ questo il destino dei grandi, dei generosi.
L’artista e patriota di Ivančice (due passi da Brno) morì quasi ottantenne, nel 1939, probabilmente per volere dei nazisti. Spirò sapendo che la sua opera colossale giaceva in qualche scantinato, certo per proteggerla dall’odio degli scagnozzi di Adolf Hitler, ma in ogni caso elegantemente sepolta nella polvere.
Adesso però, appena settant’anni dopo, il municipio praghese reclama una degna esposizione “secondo i voleri del grande Mucha – chiarisce l’assessore alla cultura Ondřej Pecha – a Praga il ciclo di Mucha troverebbe sicuramente una collocazione adatta, soprattutto in questo 15esimo anniversario della sua nascita.”
Meglio tardi che mai: quando se ne era avuta l’occasione – bisogna però rammentare – la Capitale non si era scomodata più di tanto. Non ci fosse stato il piccolo paesino moravo…
“Tutto vero, ma esporre l’epopea a Praga era comunque il vero desiderio di Mucha “ ribattono coloro che esigono a tutti i costi il trasferimento dei dipinti. Forse, nella guerra che vede citazioni in tribunale, polemiche fra gli eredi del pittore (che vorrebbero invece mantenere il ciclo a Moravský Krumlov), campagne giornalistiche, ripicche e mai sopite rivalità campanilistiche fra la Capitale e la Moravia, una parola di saggezza l’ha infine espressa il presidente della Repubblica Klaus: “Lasciate l’epopea in provincia – ha sentenziato il sanguigno Klaus – Praga monumenti ne ha già tanti”.
Pace, dunque, all’anima del povero libero muratore Alfons, e alle sue fatiche patriottiche. Che un po’ di saggezza sia spuntata, finalmente, fra i litigiosi ospiti del Castello?…

Di Ernesto Massimetti