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La Repubblica Ceca è da tempo in fondo alle classifiche internazionali per la lentezza dei permessi edilizi. Il progetto di nuova normativa si trova però al centro di numerose polemiche

Nonostante gli obiettivi lodevoli e condivisibili, il progetto di una nuova legge edilizia ha suscitato un vespaio di polemiche. Contro il ddl sono arrivate forti critiche da parte di accademici, enti locali, associazioni a tutela dei beni culturali e dell’ambiente.

Il vasto fronte della contestazione non ha comunque sinora fermato il ministero per lo Sviluppo locale, ideatore della normativa.

Sotto un unico tetto

Le ragioni per procedere alla sostituzione di una legislazione relativamente giovane – l’attuale legge edilizia è entrata in vigore nel 2007 – sono note. Secondo le graduatorie internazionali, la Repubblica Ceca è tra i paesi al mondo dove è più difficile ottenere un’autorizzazione edilizia. Lo studio Doing Business della Banca Mondiale classifica la Repubblica Ceca al 156simo posto (tra i 190 stati valutati) per quanto concerne il tempo necessario a ricevere le licenze necessarie.

L’Istituto per la Pianificazione e lo sviluppo di Praga segnala che nella Capitale sono necessari più di mille giorni per giungere al via libera per la costruzione di un edificio residenziale.

In questi anni una serie di modifiche e aggiunte ha contribuito a trasformare la legge in vigore in un ginepraio. Il presidente della Camera ceca degli architetti Jan Kasl, nonché ex sindaco di Praga, descrivendo la situazione, ha dichiarato: “Ormai l’obiettivo non è più quello di costruire ma quello di ottenere le giuste autorizzazioni”.

L’intento principale del nuovo testo legislativo è di semplificare e velocizzare le procedure dirette all’ottenimento dei permessi. Il ministro per lo Sviluppo locale, Klára Dostálová, ha detto: “Vogliamo che le costruzioni vengano autorizzate nel giro di un anno, ricorsi compresi”.

Per arrivare a questo ambizioso traguardo si è scelta in modo particolare la strada dell’integrazione delle procedure e della centralizzazione degli uffici edilizi.

Le perizie e i pareri degli enti competenti (ad esempio vigili del fuoco, soprintendenze alle belle arti, agenzie per la protezione dell’ambiente) necessari al costruttore, verrebbero integrati in un unico iter di autorizzazione a edificare.

In pratica, dovrebbero essere gli uffici edilizi a chiedere le perizie e a coordinarne gli esiti per decidere se autorizzare, far modificare o bocciare il progetto. Secondo il direttore del team estensore della proposta di legge, l’avvocato František Korbel, il costruttore non dovrà più ottenere 30 o 40 timbri da sportelli diversi ma solo uno, quello dell’ufficio edilizio.

Per spingere questi ultimi enti a lavorare con maggiore celerità, la legge prevede il rilascio automatico dell’autorizzazione a sessanta giorni dalla presentazione della domanda, a meno che l’ufficio edilizio non prenda prima una sua decisione.

Secondo i critici, tra cui la Commissione Ambiente dell’Accademia delle Scienze, il nuovo processo indebolirebbe oltremisura la tutela dell’interesse comune da parte degli enti e organi della Pa. Numerosi uffici pubblici col nuovo iter perderebbero infatti la facoltà di esprimere il loro parere vincolante.

A creare allarme è anche l’istituto dell’autorizzazione automatica a sessanta giorni, per il rischio che possa portare a degli abusi. “Ma si tratta solo di una decisione di prima istanza, sulla base della quale non sarà possibile avviare i lavori di costruzione” ha affermato con atteggiamento rassicurante l’avvocato Korbel. I soggetti e le autorità coinvolti potranno infatti ricorrere contro il permesso automatico impedendone l’entrata in vigore.

I comuni avranno i loro uffici edilizi

Mentre il ministero per lo Sviluppo locale non cede alle critiche riguardanti un’unica procedura integrata, è stata fatta una parziale marcia indietro sulla questione degli uffici edilizi nei municipi. L’originario testo di legge prevedeva infatti la creazione di un unico Ufficio edilizio nazionale, con lo status di ente centrale dello Stato, sotto cui sarebbero rientrati tutti gli altri, disseminati nei vari comuni, con competenza locale. Questi ultimi sarebbero quindi usciti dal perimetro dei municipi e i loro funzionari sarebbero diventati dipendenti dell’ente centrale.

Contro questa modifica si sono scagliati le amministrazioni comunali e gli enti locali giudicandola “giacobina” e “accentratrice”. Il ministero per lo Sviluppo locale ha così aperto a una sostanziale modifica: con la nuova legge verranno preservati 300 uffici edilizi municipali, che si occuperanno di opere di importanza locale. Le opere maggiori dovrebbero invece rientrare nella competenza del nuovo ente centrale e delle sue sedi regionali.

La modifica però porta a una soluzione solo parziale del rapporto, spesso insano, tra uffici edilizi ed enti locali.

Agli intrecci con la politica locale sono infatti sempre più sensibili anche i tribunali, quando valutano i ricorsi contro le decisioni degli uffici edilizi. I funzionari di questi ultimi, che sulla carta sono parte della pubblica amministrazione, in realtà risultano condizionabili dalla politica locale, in quanto ricevono dalle casse comunali lo stipendio e le risorse finanziarie per far funzionare l’ufficio.

Uno dei casi più noti, sulla cui imparzialità aleggiano dubbi, riguarda il nuovo termovalorizzatore di Plzeň. Il tribunale ha dato ripetutamente ragione ai ricorrenti, secondo cui i funzionari responsabili delle necessarie autorizzazioni non erano sufficientemente imparziali in quanto stipendiati dalla Regione, che era nel contempo il principale investitore. Anche per questa ragione la messa in funzione del termovalorizzatore ha accumulato circa un anno di ritardo.

A ben vedere, la sottrazione degli uffici edilizi al controllo delle amministrazioni locali doveva evitare che i sindaci, i governatori regionali o i vari assessori potessero intervenire in maniera indebita sui funzionari e gli iter di autorizzazione.

Il peccato d’origine

A parte tutti i rilievi mossi, è stata la procedura adottata per scrivere la legge a destare critiche e scarsa fiducia. I critici sostengono che la normativa sia stata scritta dalle imprese e dalla lobby delle betoniere. Per accelerare i tempi, il ministero ha affidato l’estensione del ddl alla Camera di Commercio della Repubblica Ceca, principale associazione datoriale del Paese. La Camera a sua volta ha appaltato l’estensione della legge a tre grandi studi di avvocati, tra cui la Havel & Partners, da cui proviene il già citato Korbel, noto per la vicinanza al grande business.

Va detto che nella triade è presente anche la filiale ceca della rete di avvocati per l’ambiente e i diritti umani Frank Bold, che ha un ampio know-how di interventi negli iter di autorizzazione. Lo studio si è costruito una notorietà in Repubblica Ceca quando ancora operava sotto il marchio di Ekologický právní servis (Servizio di diritto ambientale), con battaglie in tribunale contro la costruzione di diversi impianti industriali, tra cui la Hyundai a Nošovice, o di grandi opere, come la pista parallela dell’Aeroporto di Praga.

A causare perplessità è poi la composizione dei team di consulenza della ministra Dostálová, in quanto vi è una folta rappresentanza di esponenti di grandi imprese edili e associazioni imprenditoriali.

Dall’altra parte gli avvocati coinvolti nella stesura della normativa fanno notare come i ministeri affidino abitualmente a team esterni l’estensione degli articolati di leggi di grande importanza. Ma in passato non era mai accaduto che fosse un’associazione imprenditoriale a prendere in appalto l’estensione di una legge chiave per l’economia nazionale. E questo ha turbato non solo i funzionari del ministero ma anche una parte dell’opinione pubblica, non contraria a priori all’accelerazione e alla semplificazione degli iter burocratici. La legge edilizia è in cerca di fiducia. Ma con questo pedigree sarà difficile che la ottenga.

di Giacomo Dei Tamburi