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Mentre Praga si accinge a celebrare il 25° anniversario della Rivoluzione di velluto e la caduta del regime, i turisti fanno tappa numerosi al Museo del Comunismo

Ad affollarlo sono quasi solamente stranieri, incuriositi dall’atmosfera di ricorrenza storica e dalla voglia di fare un salto nel passato di questo Paese. Il museo esiste ormai da 12 anni, fondato su iniziativa di un cittadino americano, Glenn Spicker, stabilitosi a Praga dopo i cambiamenti del 1989. E la formula evidentemente funziona, visto che i visitatori sono decine di migliaia all’anno. In questi giorni, alla vigilia dell’anniversario di novembre, si raggiunge il picco dei visitatori, ma l’affluenza risulta sempre molto soddisfacente. Il biglietto costa 190 corone, circa 7 euro.

L’esposizione – “l’unica di questo tipo non solo a Praga, ma in tutta la Repubblica Ceca” sottolinea la bigliettaia con una certa fierezza – si trova in pieno centro, sulla Na Příkopě, che sappiamo essere una delle più esclusive vie dello shopping cittadino. Poche centinaia di metri più in là, sulla Národní třída, il 17 novembre del 1989 gli studenti sfidarono gli agenti in tenuta antisommossa e armati di manganelli, per porre la definitiva parola fine all’esperienza del socialismo reale nell’allora Cecoslovacchia.

La Praga di oggi è completamente un’altra cosa. In questa via di negozi di lusso e botteghe di souvenir per turisti non risulta del tutto semplice trovare il nostro Muzeum komunismu, con il suo ingresso seminascosto fra un McDonald’s e un casinò. La sede è di prestigio, un antico palazzo in stile rococò, realizzato nella metà del XVIII secolo per la famiglia aristocratica dei Piccolomini dall’architetto Kilian Ignaz Dientzenhofer. L’esposizione è al primo piano, dopo una rampa monumentale, fra imponenti statue barocche.

Su una superficie di 500 mq, un concentrato di totalitarismo, ripartito in varie sezioni, che intendono mostrare quello che fu il Comunismo per questo paese, nei vari periodi: dall’atmosfera truce dello stalinismo, dal 1948 e negli anni ‘50, poi il grigiore e il clima di rassegnazione successivo alla Primavera di Praga e alla invasione sovietica del 1968. Il tutto nei vari aspetti, dalla vita di tutti i giorni, con la ricostruzione di un negozietto di alimentari del tempo e la scarsa varietà di prodotti del socialismo reale, sino all’inquietante ufficio per gli interrogatori della polizia segreta, la famigerata Stb, con una lampada accecante accesa su una scrivania. Questo ambiente è stato ricreato sulla base delle testimonianze di dissidenti che vennero ripetutamente arrestati e imprigionati.

Poi la cultura, con i quadri e le sculture del realismo socialista, l’indottrinamento e la propaganda di regime, la censura, i campi di lavoro per i dissidenti. Subito all’ingresso grandi bandiere rosse, busti di Stalin e una grande statua di Lenin.
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Visitatori cechi non ce ne sono e, a quanto pare, se ne vedono pochissimi anche negli altri giorni. “In effetti è un allestimento più per stranieri, una infarinatura, che non può certo bastare a chi certe cose le ha vissute sulla propria pelle e che magari preferisce dimenticare. I giovani poi pensano a tutt’altro” spiega la portinaia di un piano sottostante.

“Non è neanche un luogo per nostalgici, i comunisti, che detestano un posto del genere. Lo considerano puro e semplice business. In realtà non mi sembra una esposizione dotata di particolare rigore storico, ma non credo che proprio i comunisti possano dar lezione di obiettività e neutralità nel raccontare le vicende del passato” è il commento di un impiegato di una banca vicina.

I vari ambienti del museo danno una idea immediata di maltenuto e sciatto, il che risponde probabilmente all’intento di far sentire al visitatore il disagio di quel tempo.

“Più che un museo sul Comunismo, mi sembra un Museo sull’anticomunismo” mormora un visitatore italiano sulla cinquantina, subito rimbeccato dai suoi due amici, di fede politica certamente diversa: “Hai visto cosa hanno combinato i tuoi amici comunisti al potere”. La discussione prosegue per qualche istante con tono polemicamente scherzoso, prima che il gruppetto di amici, turisti a Praga per il classico week end lungo, comincino a parlare del locale dove trascorrere la serata.

Poco più in là la Piazza Venceslao, che si prepara alle manifestazioni commemorative, una in particolare, dal titolo “17 novembre 1939 e 1989”. Oltre al 25° anniversario della Rivoluzione di velluto, Praga ricorda infatti il 17 novembre del 1939, la data degli eccidi nazisti di studenti e professori cecoslovacchi che si opposero alla invasione nazista e alla nascita del Protettorato. Gli organizzatori si aspettano una grande partecipazione. Su una monumentale facciata, in cima alla piazza, è stata affissa una fotografia gigante di Václav Havel, l’eroe dei cambiamenti del 1989.

Al museo intanto continuano a risuonare in sottofondo le note dell’Internazionale socialista. In una piccola sala per proiezioni, al buio, scorrono le immagini del tempo, alcune particolarmente suggestive e drammatiche, come quelle che raccontano il funerale di Jan Palach e gli scontri sanguinosi fra polizia e studenti. Il filmato si conclude con le manifestazioni di piazza che portarono alla caduta del regime.

E, a proposito di sistemi totalitari che “prima o poi devono pur cadere”, il businessman Spicker – proprietario americano del Muzeum komunismu – di recente ha confessato di fare un pensierino anche a Cuba, il suo sogno nel cassetto. “La formula di questo museo è vincente, a L’Avana funzionerebbe di certo e io sarei pronto anche lì a riproporla tale e quale a Praga. Aspetto solo che cada Fidel Castro”.

di Giovanni Usai