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Il Trattato di Lisbona attende adesso un sì importante che dovrebbe arrivare da uno dei suoi più acerrimi nemici, il presidente ceco Vaclav Klaus.

La presidenza ceca dell’Ue, ormai finita, ha limato il sentimento euroscettico della popolazione

Molti cittadini europei, e tra questi anche i cechi, hanno un’idea ancora confusa dei cambiamenti che il Trattato di Lisbona potrebbe portare nella legislazione comunitaria e in quella nazionale degli Stati membri. Nonostante ciò, però, anche i più euroscettici, e tra questi anche i cechi appunto, sono concordi nel ritenere che sia l’unica alternativa razionale per la crescita dell’Europa. Un’Europa che ha dato libertà anche di movimento e che negli anni a venire punta a offrire sempre più opportunità per chi ha quel diritto acquisito da cittadino europeo. A pensarla diversamente, però, non sono in pochi. In particolare, anche se una cerchia ristretta, questo gruppo anti-Lisbona potrebbe creare problemi a Bruxelles. Andando alla ricerca dei possibili “colpevoli” dell’ipotetico secondo naufragio del Trattato europeo si arriva a Dublino e poi in un balzo a Praga, dove dal suo Castello il presidente ceco Vaclav Klaus attende i nuovi sviluppi dopo la delusione dell’approvazione del documento dal Senato ceco.
Lisboa
Notoriamente il capo di stato è un contestatore e nemico del Trattato di Lisbona, che ha giudicato morto e sepolto già dopo il “no” nel referendum irlandese del giugno 2008. Da quel momento in poi Klaus non ha perso occasione per ricordare in Patria e all’estero quanti danni potrebbe arrecare la riforma contenuta nel testo, soprattutto in termini di centralizzazione di poteri nazionali a Bruxelles. Così il presidente più euroscettico d’Europa attende e se la prende comoda per apporre quella firma che farebbe tirare un sospiro di sollievo a molti. Aspetta molte cose Klaus: prima di tutto, come ha già annunciato poche ore dopo la ratifica da parte del Senato, il possibile ricorso davanti alla Corte Costituzionale di una parte dei senatori che chiederebbero l’analisi sulla legittimità del Trattato di Lisbona, dopo una prima valutazione già conclusa da parte dell’Alta Corte a novembre. In quel caso, però, venne esaminata solo una parte del testo, lasciando spazio ad altre richieste di costituzionalità. Se il gruppo di senatori, guidati da Jiri Oberfalzer, presenterà la propria richiesta alla Corte i tempi per la firma finale da parte di Klaus potrebbero prolungarsi oltre l’inizio dell’autunno. Secondo i costituzionalisti che si sono espressi in merito, infatti, i giudici potranno impiegare almeno cinque mesi per l’esame. Nel frattempo in Repubblica ceca molte cose potrebbero cambiare, ad iniziare dalla divisione dei seggi della Camera dei deputati, dopo le elezioni anticipate in programma ad ottobre.
Klaus, però, attende anche un altro segnale che arriverà dall’Irlanda. Come Germania e Polonia, gli altri due Paesi in cui alla ratifica manca la firma del presidente, anche la Repubblica ceca nella persona del suo capo di stato ha ribadito più volte che la sua decisione finale sulla ratifica dipenderà da come si orienterà Dublino. Intanto la Repubblica ceca è riuscita a concludere il proprio semestre ottenendo l’annuncio della data del nuovo referendum sul Trattato da parte del governo irlandese.
Restando alla finestra, aspettando una serie di avvenimenti che a catena, come nel più classico domino, potrebbero cambiare la sorti dell’Europa, si avverte in Repubblica ceca un lieve cambiamento di opinione nei confronti dell’Ue. Se prima dell’inizio della presidenza ceca la conoscenza e l’interesse per questa istituzione erano blandi e poco partecipati, da quando Praga è stata al centro della politica internazionale in dossier importanti come Gaza, la guerra del gas e la crisi economico-finanziaria, adesso anche i cechi guardano a Bruxelles con meno scetticismo. Una posizione che però è ben lungi dall’essere filo-europea. Più un male necessario che un’occasione da cogliere. In molti, forse, la pensano come l’ex premier Mirek Topolanek secondo cui non firmare il Trattato di Lisbona equivarrebbe a porsi fuori dall’Europa e aprire la strada all’influenza russa. Una conseguenza questa, che è più dura da digerire rispetto a qualsiasi delega europea sui poteri nazionali, devono aver pensato i cechi. I sondaggi lo dimostrano: i cechi non conoscono molto del Trattato di Lisbona ma la maggioranza lo appoggia perché capisce che nonostante alcune falle è l’unica via per mantenere il contatto tanto faticosamente inseguito con il resto d’Europa. Molti vogliono essere europei, anche se non sono interessati agli equilibri di potere tra stati centrali e Bruxelles.

Di Daniela Mogavero