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Il capo di stato, noto per il suo euroscetticismo, ha escluso un programma di adozione a breve e forse anche in futuro

08 Klaus

Lo hanno chiamato euroscettico, lo hanno definito il signor no della politica ceca, ma anche il paciere o il negazionista del riscaldamento climatico, primo ministro e infine l’economista. Per molti è più di un capo di stato, per alcuni è il vero artefice, indiretto o diretto (il più delle volte) della politica estera della Repubblica ceca. E’ Vaclav Klaus. Come spesso si dice di personaggi particolarmente centrali e spigolosi, o lo odi o lo ami e così è per il presidente ceco. Garante del suo ruolo istituzionale e della sovranità ceca nei confronti di coloro che vogliono privare Praga dei suoi poteri per i suoi sostenitori. Intransigente e di ostacolo a una vera integrazione europea per altri. Nella presidenza di Klaus il momento più alto di tensione con Bruxelles, probabilmente, è stato quello della ratifica del Trattato di Lisbona a cui il capo di stato appose per ultimo la sua firma e dopo lunghi negoziati e rassicurazioni da parte dei partner europei. Adesso all’orizzonte si profila un altro possibile motivo di tensione con Bruxelles: l’euro.
Che i cechi non fossero degli ammiratori della moneta unica europea se n’erano accorti tutti e che il governo e i partiti politici volessero posticipare il più possibile l’argomento era altrettanto palese, nonostante le richieste del settore industriale per una rapida adozione. Ma che Praga volesse schierarsi insieme a Gran Bretagna e Danimarca dalla parte degli stati membri decisi a non cedere all’Eurozona non era stato così chiaro fino alla fine dello scorso anno. Promotore di questa nuova ondata di euroscetticismo proprio Klaus. Il capo di stato ha ripetuto, non lasciando spazio a ulteriori divagazioni o commenti, che nessuna delle principali istituzioni del Paese ha in mente un piano per l’adozione dell’euro e che, in ogni caso, questo non sarebbe il momento per affrontare tale argomento soprattutto dopo la crisi finanziaria greca che ha mostrato la debolezza del sistema. Stesso scetticismo professato per la ratifica del meccanismo di salvataggio voluto dall’Ue, che Klaus non ha ancora firmato e sul quale ha avanzato molti dubbi e critiche.
Il presidente ceco dall’alto di Hradcany ha anche mosso le sue prime pedine in tal senso, pestando i piedi anche al titolare dei rapporti con l’estero, Karel Schwarzenberg: il capo di stato si è augurato che il governo di Petr Necas negozi con Bruxelles il diritto di rinunciare all’adozione dell’euro. Una notizia data sotto la garanzia dell’anonimato da ben due ministri dello stesso governo Necas. E proprio il premier ha fatto sapere che, al di là di ogni ragionevole dubbio, il suo esecutivo non adotterà alcuna scadenza per l’ingresso nell’Eurozona tanto più che il 55% dei cechi è contrario ad abbandonare la corona.
Questo e altri tasselli fanno sì che tra Klaus e il ministro degli Esteri, titolare della diplomazia ceca, siano nati negli anni attriti e incomprensioni. L’analista politico Bohumil Dolezal ha sottolineato come questa divisione possa creare rotture anche all’interno della coalizione di governo perché “il presidente è convinto che, dati i suoi rapporti con Vaclav Havel, Schwarzenberg avrà una posizione e un atteggiamento meno rigidi nei confronti dell’Ue”. Inoltre per Klaus Top09, il partito del ministro, è “il nemico numero uno” e Schwarzenberg “ne è il simbolo”. Il titolare della diplomazia ceca, infine, è una figura “più di rappresentanza che di azione, rispettoso della Costituzione – ha aggiunto Dolezal – più adatto per la carica di presidente”. Proprio questo “status” potrebbe far pensare a una candidatura del ministro per lo scranno presidenziale, ipotesi che Klaus potrebbe cercare di sabotare.
A parti invertite, quindi, Klaus continua ad esercitare, come ha fatto negli anni scorsi e nei mesi appena passati, la sua influenza nelle questioni di politica estera e monetaria. E anche in casa propria, nel panorama ceco, il capo di stato ha fatto sentire il proprio peso politico. Una dimostrazione si è avuta in occasione della crisi di governo di fine anno quando il presidente ceco è riuscito a non far votare la mozione di fiducia posta dai Socialdemocratici per far cadere il governo di centrodestra dopo lo scandalo di tentata corruzione che ha portato alle dimissioni del ministro dell’Ambiente Pavel Drobil, in quota Ods.
Klaus ha convocato i leader dei tre partiti della coalizione e con una mossa del tutto inedita nel corso della riunione al Castello di Praga: li ha convinti a stipulare un accordo per la tenuta della maggioranza. Un patto non scritto di cui lui stesso si è fatto “garante” e che sarà denunciato personalmente dal capo di stato se verrà trasgredito. Una rassicurazione che è bastata anche al Cssd, nonostante le perplessità iniziali.
Se a qualcuno mancasse ancora la conferma che Klaus sa bene cosa vuole e sa come ottenerlo, basterà attendere il prossimo scontro sia a Praga che a Bruxelles.

Di Daniela Mogavero