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La natia Sarajevo, Belgrado, Parigi, persino Kustendorf (fondata per le riprese il suo film “La vita è un miracolo”): sono molte le città con le quali il regista Emir Kusturica ha un legame stretto. Spesso però si tende a trascurare che il Fellini dei Balcani ha imparato a stare dietro una cinepresa nella Famu, Filmová a televizní fakulta (Facoltà di cinema e di televisione) di Praga, dove Kusturica ha studiato dal 1973 al 1977.

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Nonostante il suo cinematografico – così colorato, eccentrico, musicale, insomma, inequivocabilmente “balcanico” – per la formazione professionale del regista serbo, il periodo praghese è stato fondamentale.
Kusturica, diventato poi un regista di fama planetaria, non ha mai interrotto il suo legame con questa città. E’ qui, per esempio, che è tornato nel 1995, per girare il suo capolavoro più premiato: Underground.
Vi è tornato anche di recente, per ricevere, fra mille onori, le chiavi della città, che l’amministrazione comunale ha deciso di concedergli.

Dalla Jugoslavia di Tito alla Cecoslovacchia della normalizzazione
Nato e cresciuto a Sarajevo, e avendo maturato sin dalla gioventù una profonda passione per il grande schermo, il diciannovenne Kusturica decide nel 1973 di iscriversi alla Famu di Praga, una grande scuola di cinema, la migliore nell’Europa dell’est.
Ha la fortuna di poter contare, come punto di riferimento praghese, su una sua vecchia zia che risiedeva in questa città. A giocare un ruolo decisivo è però l’attrazione di un ambiente cinematografico molto più maturo e sviluppato di quello che poteva offrirgli la sua Jugoslavia. Praga, allora, era conosciuta nel mondo come la patria di maestri del cinema come Jiří Menzel, Věra Chytilová, Miloš Forman, Jan Němec, gli slovacchi Juraj Herz e Jaromil Jireš e tutti gli esponenti della Nová Vlna, la leggendaria “nuova onda cecoslovacca”.
In questa città, la “sgangherata” fantasia cinematografica di Kusturica ha modo di crescere e svilupparsi in un clima artistico e politico ancora condizionato dai fervori rivoluzionari del ’68, e dalle delusioni successive all’invasione sovietica della Cecoslovacchia. A Praga frequenta intellettuali della dissidenza, ma trova anche collaboratori che lo accompagneranno per quasi tutta la sua carriera, come lo sloveno Vilko Filac direttore della fotografia in tutti i suoi film, sino a Underground.
Kusturica – proveniente da una famiglia serba convertitasi all’Islam durante l’occupazione turca del suo paese – quando arriva a Praga, nel 1973, ha già un Dna politico molto ben definito e le sue stesse origini etniche gli sono di ispirazione per creare dei film. A quel tempo è uno dei tanti esponenti dell’intellighenzia jugoslava degli anni 70, che dietro l’arte celavano il dissenso per il regime titoista. Nella Cecoslovacchia della normalizzazione di regime, egli si ritrova in mezzo a persone a lui molto vicine politicamente. Per di più, in un paese con molti punti in comune con il suo, in modo particolare per la tendenza degli artisti, fra mille difficoltà, a non farsi schiacciare dalle regole della dittatura.

A Praga, nel 1978, anche il suo successo d’esordio
Il cortometraggio Guernica (tratto da una novella di Antonije Isakovic), tesi di laurea di Kusturica, si aggiudica un premio al Festival internazionale di Karlovy Vary. Vista oggi, quella pellicola, sembra avere molto in comune con il surrealismo quasi grottesco dei registi della “nuova onda cecoslovacca” come Juraj Herz e Jaromil Jireš. La trama narra di un bambino ebreo che affronta la paura dell’antisemitismo. Il padre, nel 1937, lo porta alla Exposition Universelle a Parigi, dove scopre il famoso dipinto di Picasso. “Vogliono solo esaminarci – lo rassicura il padre – perché abbiamo il naso grande”. Quando la sua famiglia viene portata via, il bambino resta da solo a casa, sfoglia le foto di famiglia e ritaglia tutti i nasi. Poi, li incolla insieme, e chiama il risultato ottenuto Guernica.
Fra le sue opere, è quella dove si nota maggiormente quanto sia stato determinante quel suo soggiorno a Praga per la sua arte. E questo nonostante, negli anni successivi, Kusturica sia riuscito a raggiungere quello stile inconfondibile che l’ha reso famoso.
Oltre a Jiri Menzel, il personaggio più importante per la sua maturazione professionale è stato il regista Otakar Vàvra, chiamato talvolta il “padre del cinema ceco”, che quest’anno ha compiuto 100 anni. Lo scorso luglio a Praga, Kusturica ha voluto incontrare il suo vecchio insegnante della Famu, e gli ha consegnato un premio alla carriera. “Il professore Vavra – ha ammesso – rappresenta tutto ciò che è avvenuto all’inizio della mia carriera. Se ho imparato a girare un film, lo devo a lui”.
Kusturica deve a Vavra anche il fatto di aver conosciuto Miloš Forman. Grazie al rapporto di amicizia con il regista di “Amadeus”, egli ha avuto la possibilità di tenere corsi di regia presso il Dipartimento di Cinema della Colombia University. Poi, con l’apporto di capitali americani, gli è stato possibile girare “Il Tempo dei Gitani”, nel 1989, riuscendo persino a dirigere Arizona Dream, con Johnny Depp e Faye Dunaway, quello che probabilmente è destinato a essere il suo primo e ultimo film americano.
Il compositore serbo Goran Bregovic, che per il regista suo connazionale ha composto le colonne sonore di “Il tempo dei gitani (1989)”, “Il valzer del pesce freccia” (1993) e “Underground” (Palma d’oro a Cannes nel 1995), ha dichiarato: “Kusturica proviene dalla scuola cinematografica di Praga, nella quale si pensava che solamente nei brutti film fosse necessaria la musica, come un supporto ortopedico. Poi anche il suo rapporto con la musica è cambiata. In fondo anche lui è stato un musicista punk a Sarajevo, e ha sempre amato un certo tipo di musica di forte impatto”.

Le chiavi della città, un’oca viva e tanti applausi
Sono trascorsi ormai tanti anni da quando Kusturica, giovane universitario, trascorreva le sue serate di svago da Manes, a bere e scerzare. Alloggiava in una casa dello studente di Praga 2, l’Hlávkova kolej, e probabilmente non immaginava che un giorno questa città lo avrebbe accolto in modo trionfale. Esattamente quello che è avvenuto lo scorso luglio, quando il sindaco della città, Bohuslav Svoboda, gli ha consegnato le chiavi della città. E poco prima i suoi amici e ammiratori gli avevano donato un’oca viva, in un cesto, in ricordo di una scena dell’indimenticabile “Gatto nero, gatto bianco”.
Kusturica ha ringraziato a modo suo, esibendosi nell’ambito del festival “Sogno di una notte d’estate”, insieme alla sua band The No Smoking Orchestra, in un palco galleggiante sulla Moldava. Praga, con una coloratissima notte illuminata da fuochi di artificio, e migliaia di applausi entusiasti, ha dimostrato di non essersi dimenticata di lui.

Di Lawrence Formisano