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Santa Maria della Vittoria, santuario del Gesù Bambino di Praga, una chiesa rifiorita negli ultimi venti anni con il ritorno dei Carmelitani Scalzi. Padre Anastasio, già Superiore Provinciale e priore, ha tuttora il titolo di rettore della chiesa. È anche promotore instancabile di una valorosa opera missionaria nella Repubblica Centroafricana, uno dei paesi più poveri al mondo

Nel quartiere di Malá Strana sorge la chiesa di Santa Maria della Vittoria, centro internazionale di preghiera e meta di incessanti pellegrinaggi, che quest’anno ricorda il quarto centenario della fondazione. L’edificio, in stile rinascimentale e primo barocco, pare sia opera di Giovanni Maria Filippi, architetto italiano alla corte di Rodolfo II. Fu fatto costruire dai luterani tedeschi che il 21 luglio 1613 lo consacrarono alla Santissima Trinità.
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Dopo la battaglia della Montagna Bianca la chiesa luterana fu chiusa e nel 1624 Ferdinando II la donò all’ordine dei Carmelitani Scalzi, che la consacrarono a Sant’Antonio da Padova e alla Vergine Maria Vittoriosa, fautrice del trionfo dell’esercito cattolico. I carmelitani affiancarono alla chiesa un ampio convento, oggi sede del Ministero dell’istruzione, costruirono l’odierna facciata, il coro, il presbiterio e la torre.
Nel 1784 Giuseppe II affidò la chiesa ai Cavalieri di Malta e soppresse l’Ordine dei Carmelitani che dovettero abbandonare la chiesa per tornarvi solo nel 1993, per volere del cardinale Miloslav Vlk.

Il 2013 porta dunque con sé un secondo anniversario, i vent’anni dal ritorno dei carmelitani nella città d’oro. Dal Santuario di Gesù Bambino di Praga ad Arenzano fu un italiano, padre Anastasio Roggero, a guidarne il ritorno. “Ero incredulo al pensiero di dover custodire la Chiesa in cui è nata la devozione che ha segnato tutta la mia vita”, ricorda il religioso che quest’anno ha anche festeggiato il cinquantennio della sua ordinazione sacerdotale. Oggi sono cinque i fratelli impegnati a celebrare le funzioni, accogliere i fedeli e curare la manutenzione della chiesa ma P. Anastasio è l’unico italiano. Come racconta, dopo decenni di comunismo e di persecuzione religiosa, il santuario era in terribili condizioni di degrado e ci vollero anni per restaurarlo e farlo rifiorire. Non si offrivano servizi religiosi, gli altari e le panche erano inagibili. Ma prodigiosamente l’immagine miracolosa di Gesù Bambino è sempre rimasta sul suo altare.

La notorietà del luogo dipende proprio dal Bambino Gesù di Praga (o Pražské Jezulátko), una statuetta di legno rivestita di cera colorata e alta 47 cm. Capelli biondi sotto una corona d’oro, un volto bellissimo, la mano destra benedice, la sinistra regge un globo dorato su cui spicca la croce. La statua è custodita in un armadietto d’argento sul ricco altare della parete destra. È emozionante vedere quanto sia grande la devozione dei fedeli, testimoniata dai numerosi ex voto ai lati della statua più venerata al mondo, una devozione che supera i confini della cristianità e abbraccia altre religioni. Il Bambino è ritenuto miracoloso, motivo per cui ogni anno più di un milione di pellegrini accorre da Italia, Spagna e soprattutto da America Latina e India per pregare di fronte all’immagine sacra, come informa padre Anastasio, che celebra la messa in varie lingue.
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Quella del Bambinello di Praga è una storia antica. La leggenda narra che alla fine dell’XI secolo Gesù si mostrò a un frate spagnolo che plasmò una statuetta con le sue fattezze. Questa giunse in Boemia a metà del XVI secolo con Maria Manrique de Lara y Mendoza, come dono della madre per le nozze col nobile ceco Vratislav di Pernštejn. La statuetta fu ereditata dalla figlia Polyxena di Lobkowicz che, non avendo figli, la donò all’ordine dei Carmelitani nel 1628, pochi anni dopo il loro insediamento nella chiesa. Iniziarono a tramandarsi voci sui miracoli della statuetta, fino a farne un culto mondiale. All’epoca infuriava la Guerra dei Trent’anni e si dice che il Fanciullo protesse Praga dai saccheggi dei Sassoni e dalle epidemie di peste. Tuttavia nemmeno il Bambinello fu risparmiato; gettato fra le rovine con le braccia spezzate, fu ritrovato nel 1638 da un frate che udì le sue parole: “Rendetemi le mie mani ed io vi concederò la pace”. Una volta riparato, ridivenne oggetto di culto per prodigiose guarigioni che gli valsero l’appellativo di “miracoloso”. Nel 1655 il vescovo di Praga gli pose solennemente sul capo una corona d’oro, evento che si ricorda tutt’oggi con l’annuale festa dell’incoronazione del Bambino di Praga, la prima domenica di maggio.

È tradizione vestire la piccola effigie con magnifici abitini che si adeguano al calendario liturgico. Fra i più antichi e preziosi ci sono quello regalato dall’imperatore Ferdinando II o quello ricamato a mano da Maria Teresa d’Austria in persona. Una selezione del guardaroba, che conta oltre cento vestitini, si può visitare nel museo sul retro della chiesa.

Papa Benedetto XVI nel 2009 scelse come prima tappa del suo viaggio apostolico in Repubblica Ceca la chiesa del Bambino Gesù e donò la corona con il proprio stemma che ricopre attualmente il capo della sacra immagine.

Padre Anastasio, che viaggia in varie parti del mondo anche per promuovere la devozione a Gesù Bambino di Praga, ha inviato numerose copie della statua in vari paesi, favorendo la nascita di nuovi luoghi di culto nelle terre più lontane: India e Africa ma anche Paesi dell’estremo Oriente come Vietnam, Nyamar e Corea. Nelle Filippine la devozione a Gesù Bambino è persino anteriore a quella di Praga.

Ai carmelitani va inoltre il merito di unire alla vita contemplativa la pratica di opere di apostolato, soprattutto missionarie. I carmelitani scalzi della Provincia ligure fondarono nel 1971 una missione nella Repubblica Centrafricana, uno dei dieci paesi più poveri al mondo. Padre Anastasio ne è il procuratore dal 1975. Dai modesti inizi nessuno avrebbe immaginato che nonostante le differenze di lingua e cultura, il clima tropicale, le malattie e la carenza di infrastrutture, sarebbero nati in quarant’anni ben cinque centri missionari attivi in città e villaggi. Vi cooperano religiosi, suore e laici anche della Repubblica Ceca. P. Anastasio, religioso ligure come procuratore della missione, si occupa dell’animazione missionaria ed è direttore della rivista Amicizia Missionaria stampata in sette lingue e inviata in 115 paesi del globo. È suo ufficio occuparsi del mantenimento materiale e della raccolta di fondi per la vita della missione. Segue lo sviluppo del centro agricolo Carmel a Bangui da lui fondato nel 1995 dove si reca quattro volte all’anno. Il suo centro operativo resta ad Arenzano ma “chiede l’elemosina a Praga” scherza padre Anastasio.
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Dal 2006 può contare sul valido sostegno dell’associazione benefica Siriri, nata a Praga per aiutare la missione. I fondatori sono uomini che operano in prima persona in Africa: carmelitani, imprenditori e il chirurgo Marcel Drlík. Il suo libro Un medico di Praga nel cuore dell’Africa, fu best seller alla libreria Luxor in Praga nel 2002. Anche lui ha contribuito a realizzare il sogno di Padre Anastasio, creare un ponte tra la Repubblica Ceca e la Repubblica Centrafricana, tra il cuore dell’Europa e quello dell’Africa.

I rapporti con le autorità sono buoni e la chiesa cattolica è ritenuta anche dai protestanti come la chiesa dello sviluppo. Attualmente nel paese la situazione è critica; in marzo i ribelli della Séléka (alleanza nella lingua locale) hanno preso il governo con un colpo di stato. Delitti, violenze e profanazioni dei luoghi di culto cristiani sono all’ordine del giorno. Si teme per la vita del confratello Aurelio, “l’uomo che ha piegato i fucili ai ribelli”, come lo chiamano a Bozoum. “Padre Aurelio con il suo carisma è riuscito a tener vive le attività della missione e la scuola che nel resto del Paese hanno chiuso i battenti”, riferisce padre Anastasio.

Oltre a diffondere la fede, i missionari cercano di fornire assistenza medica e scolastica; hanno costruito ospedali, lazzaretti, un centro per bambini denutriti, un istituto tecnico, scuole elementari e materne e oltre un centinaio di pozzi. Anche l’attività agricola sta loro a cuore poiché insegna ai locali a essere autosufficienti. A pochi chilometri da Bangui grandi piantagioni di palme da olio, alberi da frutta e da lega da combustione danno lavoro a 150 giovani e cercano di dare un aiuto alla missione. Padre Anastasio racconta come vive i suoi “bagni d’Africa”: ascolta le quotidiane richieste d’aiuto e “seguo, fino al giorno della partenza, il lavoro al Carmel (vedi Google Earth: Bangui Carmel), rimanendo accanto ai lavoratori e sempre attorniato dai piccoli che “mi seguono ovunque mi trovi”.

Nonostante i periodi alle missioni capita spesso d’incontrare padre Anastasio al santuario praghese e di sentire direttamente da lui la storia del Bambino Gesù e delle attività in Africa e basta spostarsi nella sacrestia per vedere le foto della missione e le statue in legno che occupano il corridoio.

di Sabrina Salomoni