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Istituito il Centro contro il terrorismo e le minacce ibride in vista delle elezioni di ottobre. Ma per il presidente Zeman non è altro che un organo di censura: “Nessuno ha il monopolio della verità”

Come al tempo della Guerra Fredda, Praga si trova di nuovo in prima linea contro la minaccia che viene dalla Russia. Una minaccia, però, virtuale, fatta di parole, di condivisioni, di social network e di fake news. C’è chi accusa i creatori di notizie false per aver perso le elezioni, vedi le presidenziali Usa, chi teme così tanto possibili incursioni hacker nel sistema di conteggio delle schede di voto che ha deciso di tornare al vecchio spoglio a mano, leggasi Olanda, chi ha lanciato una rete di 16 redazioni in partnership per verificare le notizie, come in Francia, chi ha lanciato un sistema insieme a Facebook per riconoscere le bufale, come in Germania, e chi invece ha creato una vera e propria task force per combattere questo fenomeno. È proprio la Repubblica Ceca che è capofila di questa battaglia, anche in vista delle elezioni tedesche e francesi e nella stessa Cechia in ottobre.

A Praga lo scorso dicembre 15 specialisti hanno iniziato la cosiddetta “Guerra dell’informazione”. Si tratta del Centro contro il terrorismo e le minacce ibride (Cthh) creato dal governo ceco con l’obiettivo di individuare, smascherare e fermare le fake news, in particolare quelle che si considerano create dal Cremlino per influenzare il voto presidenziale e politico ceco. Idea che potrà essere copiata a breve anche dalla Germania e dalla Finlandia, secondo molti media internazionali. A capo di questa unità speciale Benedikt Vangeli che ha fatto sua la battaglia contro la disinformazione e la circolazione di notizie false e acchiappa-click sui social e su internet. Non si tratta soltanto di rintracciare i siti internet creati ad hoc, come avvenne in Macedonia per creare notizie false su Hillary Clinton, ma di controllare anche i video che circolano in rete, i titoli messi apposta per creare allarmismo, paura, disillusione, scandalo. Come è successo con il video scioccante pubblicato e condiviso a dicembre dal sito “Mai più Canada” e che mostrava un gruppo di ragazzi che picchiavano una donna. Nel titolo si sottolineava che si trattava di un gruppo di immigrati, ma si è poi scoperto che era un falso. Un responsabile della polizia ceca, David Chovanec, ha riconosciuto quel video, che risaliva al 2016 ed era stato ripreso da una telecamera di sorveglianza a Praga. I giovani non erano migranti, ma cittadini cechi e uno di loro è stato già condannato. È stato proprio il Cthh a smontare il caso, con il primo successo dalla sua creazione. L’obiettivo dell’unità è “di coordinare la preparazione delle elezioni per minimizzare i pericoli. Controlleremo da vicino cosa accadrà in Francia e in Germania – dove sono previste elezioni in primavera e a settembre rispettivamente – e vedremo cosa potremo imparare – ha spiegato una fonte dell’unità – istruiremo anche i funzionari pubblici a evitare di farsi piegare dai ricatti via e-mail o dai lobbisti”.

Sul fatto che la minaccia di hacker e fake news parli russo, Jakub Janda, ha pochi dubbi. Secondo il vicedirettore del think tank con base a Praga, European Values, noto anche come Kremlin Watch, ci sono decine di siti in lingua ceca che creano e distribuiscono notizie esagerate o completamente false.

In Repubblica Ceca gli obiettivi di questi siti sono principalmente tre: attaccare i politici che criticano l’aggressività russa nella politica estera, come in Ucraina, sostenere i politici che hanno atteggiamenti e posizioni filo-Mosca e minare la membership Ue della Cechia sul lungo periodo. Il grande problema è che, secondo recenti sondaggi, il 26% dei cittadini cechi crede a questi siti e li legge quotidianamente. “L’obiettivo principale della propaganda in Repubblica Ceca è di insinuare il dubbio nell’opinione pubblica che la democrazia non sia il modo migliore per organizzare un Paese, creare un’immagine negativa di Ue e Nato e scoraggiare la gente dal partecipare al processo democratico”, ha dichiarato il segretario di stato per gli Affari Ue Tomáš Prouza.

E se resta difficile, se non impossibile, identificare chi sta dietro alle fake news, chi le scrive, chi le diffonde, chi le finanzia, è ancora più dura per la stessa Cthh sopportare gli attacchi dalla prima carica del Paese, il dichiaratamente filo-Cremlino presidente Miloš Zeman. Per il capo di stato “nessuno ha il monopolio della verità”: “Se tu hai un punto di vista, per esempio, e i russi hanno dei punti di vista, e vuoi formularli pubblicamente sui media, non è disinformazione, non è propaganda”. Questa la posizione del presidente per difendere le sue dichiarazioni spesso troppo vicine a Mosca e che gli sono valse anche i titoli del New York Times, secondo cui Zeman agirebbe al soldo del Cremlino. L’approfondimento del quotidiano a stelle e strisce è stato, chiaramente, bollato come una menzogna dal Pražský hrad. Ma per il New York Times la Russia, oltre agli attacchi hacker e alle fake news, non ha rinunciato alla vecchia e tradizionale maniera per influenzare la politica degli altri Paesi: lauti finanziamenti, come quelli di Lukoil alla campagna del capo di stato.

Zeman, quindi, punto sul vivo, ha definito l’unità contro le fake news e il terrorismo sul web un vero e proprio organo di censura che riporta la Repubblica Ceca al periodo pre-89 (paragonando il Cthh al Čúti, Československý úřad pro tisk a informace, l’Ente cecoslovacco per la stampa e la informazione, organo di controllo e censura del vecchio regime), una posizione condannata apertamente dal premier Bohuslav Sobotka che ha invece rinnovato il sostegno alla task force.

A Praga fa paura anche la presenza dell’intelligence russa, “i servizi segreti stranieri più attivi” sul territorio ceco, secondo l’agenzia ceca per la sicurezza interna (Bis), secondo cui l’obiettivo primario è “fabbricare disinformazione” con lo slogan che “tutti mentono”. Secondo l’intelligence ceca il numero dei diplomatici russi è doppio rispetto a quelli americani, e tra questi si nasconderebbero diverse spie.

E che il terreno della lotta al terrorismo e alla destabilizzazione mondiale in generale si sia spostato sul web e sui social, comunque, resta evidente. I segnali si leggono chiari anche tra le nuovissime generazioni: un gruppo di studenti della Università Masaryk di Brno ha lanciato lo scorso anno il progetto “Zvol si info”, che si pone come obiettivo quello di “far crescere la consapevolezza di quanto sia importante aumentare la alfabetizzazione mediatica fra i giovani cechi”.

di Daniela Mogavero