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Vittorio Giardino, il disegnatore bolognese, autore della trilogia su Jonas Fink, un monumentale romanzo a fumetti ambientato nella Cecoslovacchia comunista

No, non è la mano di Hugo Pratt, e nemmeno quella del suo alter ego, l’architetto fumettista istriano Attilio Micheluzzi. Nel pennino magico e negli acquerelli delicati di Vittorio Giardino c’è però forse qualcosa della influenza di entrambi, di due disegnatori che hanno fatto la storia del fumetto italiano.

Ancora oggi, a 71 anni, Giardino è un grande amante dell’Europa dell’Est, un ingegnere elettronico che ama i dettagli e che ha portato il suo bagaglio di implacabile precisione e di intransigenza artigiana nel mondo per eccellenza del sogno e magari dell’imprevedibile: il fumetto, appunto.

La storia di Jonas Fink, una saga praghese in tre puntate dal titolo “Una vita sospesa”, appena conclusa dopo venti anni di lavoro, non poteva quindi che essere opera sua.

“Non credo alle barriere fra i saperi – spiega lui, serafico, nella sua Bologna ad una platea di invitati per il debutto del suo terzo Jonas Fink. – Penso piuttosto che formazione scientifica e discipline umanistiche si tocchino, camminino, in fondo, lungo una strada simile. È questo il mio amore per il dettaglio: aver già costruito nella mente il fumetto, ancor prima di iniziare a disegnarlo”.

Gli strumenti, quelli semplici di generazioni di fumettisti: gomma, matita, acquarello, pennino, raccolti in ordine nel suo studio bolognese traboccante di disegni, mappamondi, libri, carte geografiche, notes di appunti: “Un personaggio devi prima sentirlo, immaginarlo nella tua mente, poi portarlo pian piano su carta, pensare la sua faccia, il suo modo di muoversi, di vestire. Alla fine, faticosamente, la tua idea diventa qualcosa di concreto” chiarisce l’inventore di Jonas.

Allora perché stupirsi se sul tavolo da lavoro di Giardino figurano riviste del periodo ‘45-‘70, da Směna a Literární noviny a Rudé právo alla successiva Golem, carte, manifesti e volantini comunisti di quegli anni, vocabolari, fotografie e ricostruzioni dei palazzi del tempo, foto degli scontri nella Praga del ‘68, persino foto delle parate militari nella Cecoslovacchia comunista.

“La Praga che ho disegnato nei miei libri l’ho vissuta, respirata, sezionata sui libri ma anche in numerosi viaggi. Amavo l’Est anche ai tempi del Muro, quando entrare in questi paesi non era sempre facilissimo. Praga la rivisito oggi prediligendo sempre i dettagli nascosti, le periferie, i luoghi dove il “nuovo” non è ancora del tutto arrivato nella sua trasformazione direi antropologica” chiarisce il maestro.

E allora nelle sue strisce ecco il quartiere operaio di Žižkov, ecco la casa del protagonista Jonas Fink nella Koněvova, ecco il Cafè Imperial, fotografato da diverse angolature, ecco una vecchia libreria di Staré Město, ecco la clinica psichiatrica di Bohnice, che Giardino ha ovviamente visitato per “ricostruirla” sui fumetti.

“Quando dico che è più difficile scrivere una “bande dessinée” di un romanzo, molti storcono il naso – puntualizza l’ingegnere – eppure è vero. Per chiudere la saga di Jonas, giovane ebreo vissuto fra il ‘45 e il ‘68 e poi espatriato dopo l’invasione russa, ho impiegato circa vent’anni. Non ho fatto solo questo, è vero, ma i tre momenti: “L’Infanzia”, “L’adolescenza” e “Il libraio di Praga” sono altrettante biografie della Città magica”.

Il libraio di Praga, ultimo capitolo della storia di Jonas Fink, è stato appena pubblicato in Italia da Rizzoli Lizard: un volume di oltre 300 pagine intitolato Una vita sospesa, che raccoglie anche le prime due parti, ormai introvabili da tempo.

Ma allora chi è, questo piccolo eroe che vive in una città ingabbiata? È semplicemente il figlio del dottor Fink, un ragazzo tranquillo che ama gli aerei e la libertà. Il padre, in pieno periodo staliniano, nel 1950, viene arrestato per “attività controrivoluzionaria” e “spionaggio”: non rivedrà più la sua famiglia perché morirà in carcere. Non solo: la collocazione “eversiva” del padre impedirà a Jonas di accedere alle scuole superiori, di trovare un vero lavoro per il suo sostentamento e quello della madre Edith: “Jonas – aggiunge Giardino – è doppiamente vittima della sorte beffarda: scappato alla ferocia antiebraica dei nazisti, sperimenterà un nuovo tipo di antisemitismo: quello dei nuovi padroni russi. Ho voluto far capire come l’odio verso gli ebrei non sia stato un’esclusiva delle SS, o dei loro seguaci. Anche all’Est, nascosta sotto le ceneri, ha sempre covato questa discriminazione razziale”.

Messaggi nemmeno troppo subliminali, questi dell’ingegnere felsineo. Che, dopo una promettente carriera (è diventato manager in un’azienda di elettricità) negli anni Settanta frequenta la Bologna di Andrea Pazienza, di Radio Alice, di una certa sinistra “alternativa”. Soprattutto, incontra l’uomo destinato a cambiargli la vita, l’editore di fumetti Luigi Bernardi: “Rispetto a molti colleghi ero un dilettante sprovveduto – chiarisce Giardino. – Non avevo nessuna scuola o accademia alle spalle. Così, i miei primi lavori mantenevano un tratto ingenuo, poco accurato. Ma sono andato avanti con determinazione: il primo “Jonas Fink” vede la luce sulle pagine de “Il Grifo”, rivista di fumetti creata da Vincenzo Mollica, oggi affermato giornalista Rai”.

“Ho frequentato anche altri campi, l’illustrazione pubblicitaria, l’affiche ma il fumetto è restato sempre al centro della mia attività – chiarisce. – Il successo, come si dice in questi casi, è arrivato alla fine degli anni Settanta, quando dopo i premi italiani ho iniziato ad esser conosciuto anche in Francia, Belgio, Svizzera. Proprio con “Jonas Fink – L’infanzia”, nel ‘95 ho vinto il premio per il miglior album straniero al Festival di Angouleme, in Francia. Gli Stati Uniti mi hanno aperto le porte: un mercato vastissimo, dove il fumetto gode di una considerazione ben più alta che da noi”.

Non c’è, naturalmente, solo Jonas, nei personaggi venuti fuori dalla matita magica di Giardino: di atmosfera hard boiled, ecco Sam Pezzo, detective che vive le sue avventure in una Bologna anni ‘50; ecco poi Max Fridman, un ex agente dei servizi segreti francesi domiciliato a Ginevra, richiamato suo malgrado nel febbraio 1938. E poi ci sono gli approfondimenti storici, come “No Pasaran”, tutto dedicato alla guerra civile spagnola.

È l’ingegner Giardino, insomma, il perfezionista: anche la sua Praga è un esatto capolavoro di intelligenza millimetrata.

di Ernesto Massimetti