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Nei suoi occhi verdi

Esce in italiano, tradotto da Letizia Kostner, per i tipi di Keller Editore, l’opera: “Nei suoi occhi verdi” dello scrittore ceco-ebreo, reduce di Auschwitz, Arnošt Lustig (1926-2011). Lustig, considerato uno dei più importanti narratori europei del Novecento e tra i massimi esponenti della letteratura ceca, ha vinto in vita numerosi premi tra cui il prestigioso “Franz Kafka”. Il romanzo racconta la storia di Hanka che, giovanissima, arriva con i genitori e il fratello nel campo di concentramento di Auschwitz. Hanka si finge diciottenne ariana e diventa una prostituta da campo, come ricorda la parola “Feldhure” che porta tatuata sulla pancia. Inizia così il suo lungo calvario che la vedrà combattere contro il freddo e la fame, la paura e la vergogna, sostenuta da un unico desiderio: sopravvivere, e dalla fiducia incrollabile di riuscirvi. Un romanzo, questo di Lustig, che testimonia una fede assoluta nell’uomo e ci obbliga ad interrogarci profondamente sulla nostra condizione di esseri umani.

Arnošt Lustig,
Nei suoi occhi verdi,
Keller editore: Rovereto 2014,
pp. 488.

 

Il diario di Helga

Helga Weiss, classe 1929, è una pittrice e scrittrice ceca di origini ebraiche. Sopravvissuta all’inferno dei campi di concentramento nazisti di Terezín e Auschwitz, il suo libro “Il diario di Helga”, tradotto in 14 lingue, è uscito anche in italiano, pubblicato dalla casa editrice Einaudi e tradotto da Letizia Kostner. Soprannominata la “Anna Frank” praghese, Helga Weiss ci offre in questo scritto la testimonianza di una ragazza che ha visto con i propri occhi in cosa la cattiveria può trasformare un essere umano. L’unica sua colpa: essere ebrea. Questo diario scritto negli anni di prigionia è un documento straordinario, sia per il suo valore storico che per quello umano. Helga scrive e disegna ciò che le accade intorno, quotidianamente, con una lucidità e un’umanità che colpiscono al cuore. Degli oltre quindicimila bambini che sono stati deportati nei campi di Terezín e Auschwitz, ne sono sopravvissuti un centinaio. Helga è una di questi e questo è il libro che ha consegnato alla storia perché tutto ciò un giorno non venga dimenticato.

Helga Weiss,
Il diario di Helga. La testimonianza di una ragazza nei campi di Terezín e Auschwitz,
Einaudi: Torino 2014,
pp. 211.

 

Miriam

Prima traduzione in lingua italiana del racconto “Miriam” dello scrittore ceco Ivan Klíma, a cura di Maria Teresa Iervolino. Il racconto autobiografico è incentrato sull’amore dell’autore in età adolescenziale per Miriam, la ragazza addetta alla distribuzione del latte per i prigionieri del campo di concentramento di Terezín, luogo in cui il racconto è ambientato. Klíma, classe 1931, fu prigioniero durante la Seconda Guerra Mondiale nel campo di concentramento della città per tre anni e mezzo, a causa delle origini ebraiche della famiglia. Nel 1956 si laurea presso la Facoltà di lettere e Filosofia all’Università Karlova di Praga con una tesi su Karel Čapek. Ha lavorato come redattore per importanti periodici ed è stato membro del Partito Comunista Cecoslovacco dal 1953 al 1967, anno in cui fu espulso per le sue posizioni di dissidente. Esule negli USA e prima in Inghilterra, ha insegnato presso l’Università del Michigan. È stato insignito di prestigiosi riconoscimenti letterari.

Ivan Klíma,
Miriam (traduzione a cura di M.T. Iervolino),
Mephite: Avellino 2012,
pp. 60.

 

I soldi di Hitler

Radka Denemarková, classe 1968, è una scrittrice, storica dell’arte, sceneggiatrice e traduttrice ceca. Autrice di sei romanzi e traduttrice in ceco del Premio Nobel tedesco per la Letteratura 2009, Herta Müller, il suo libro “I soldi di Hitler” è stato considerato miglior romanzo dell’anno (2006) in Repubblica Ceca. Il libro esce in italiano, tradotto da Angela Zavattieri, per la casa editrice Keller. Quello della Denemarková è un libro che, come molti altri titoli usciti in questi anni, racconta le vicende e le persecuzioni di famiglie ebree nel corso della Seconda Guerra Mondiale e la loro successiva difficile reintegrazione. Protagonista di questa storia è Gita, figlia di una famiglia ceco-tedesca di origini ebraiche. Alla fine della guerra, Gita riesce da sola a tornare a casa dopo la permanenza nei campi di concentramento, ma al ritorno la sua casa è stata requisita e la sua esistenza non sarà facile a causa delle origini tedesche del padre che hanno contrassegnato la sua famiglia con il terribile marchio dei collaborazionisti.

Radka Denemarková,
I soldi di Hitler (tit.or.: Peníze od Hitlera, 2006),
Keller: Trento 2012,
pp. 320