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Docenti e studenti in rivolta contro i progetti di riforma dell’università proposti dal ministro Pavel Dobes

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Da qualche settimana è guerra aperta in Repubblica ceca fra il mondo accademico e il ministro della Scuola, Pavel Dobes, del partito populista degli Affari pubblici. Un primo segnale di quanto il clima sia surriscaldato lo si è avuto a metà gennaio, quando gli studenti hanno messo in scena la cosiddetta “melounova protesta”, una manifestazione culminata con il lancio simbolico di 90 cocomeri da un balcone della Pravnicka fakulta, la facoltà di giurisprudenza di Praga: 90, tanti quanti sono stati, secondo i manifestanti, “i milioni buttati da Dobes” per preparare il progetto di riforma.
La giornata si è conclusa con una marcia di alcune centinaia di universitari verso il palazzo del governo, al grido di „Vzdělání není zboží – L’educazione non è una merce“, „Dnes rezoluce, zítra revoluce – Oggi una risoluzione, domani una rivoluzione“, “Jaro bude naše – La primavera sarà nostra“.
Studenti e rappresentanti delle università sospettano che i piani di Dobes – accusato di essere giunto al suo progetto di riforma troppo velocemente, dopo aver del tutto trascurato l’opinione dei senati accademici – intendano limitare la libertà degli atenei e realizzare gli interessi di certi settori del business e della politica.
Nel mirino anche la progetta introduzione delle tasse di frequenza e dei “sostegni finanziari agli studenti”. Quest’ultimo, in pratica, è un sistema che affiderà alle banche il compito di concedere prestiti agli studenti perché si paghino gli studi.
Un’idea abbastanza chiara dell’aria che tira l’abbiamo avuta anche visitando, a fine gennaio, a Praga, la fiera Gaudeamus, la tradizionale rassegna annuale dedicata all’offerta formativa delle università ceche.
“In fondo non credo che la maggioranza di noi sia contraria al principio di dover pagare una tassa nelle università pubbliche – ci ha raccontato Irena, 20 anni, primo anno della facoltà di legge – ma vogliamo che siano i nostri istituti a gestire direttamente le risorse, che non siano i politici o le banche”.
Un punto di vista, questo, condiviso dalla maggior parte degli studenti con i quali abbiamo parlato.
Secondo Tomas, 22 anni, studente di economia, “se i soldi fossero destinati alle singole università, non solo noi studenti avremmo più voce in capitolo riguardo il funzionamento dei servizi, ma si potrebbe usare una parte di essi per dare borse di studio ai più meritevoli e aiuti in denaro ai meno abbienti e ai molti fuori sede”
Non piacciono neanche i “sostegni finanziari agli studenti” che la riforma vuole intodurre. Quest’ultimo, in pratica, è un sistema che affiderà alle banche il compito di concedere prestiti agli studenti per aiutarli a pagarsi il corso di studi. “Questo sistema non faciliterà l’accesso agli studi universitari, ma finirà coll’indebitare in modo pericoloso sia i futuri laureati, che le loro famiglie” è la netta opinione di Lucie, 21 anni, futuro medico.
Critiche largamente condivise, visto che venti senati accademici, su 26 totali della Repubblica ceca, hanno espressamente bocciato il progetto di riforma. Tutto lascia insomma prevedere che il clima sia destinato ad arroventarsi ancora di più, se Dobes e il governo dovessero andare avanti verso i cambiamenti indicati.

Dobes, un ministro con un santo in paradiso
Psicologo di professione, fondatore e vicepresidente del partito di Affari pubblici, prima di diventare ministro è stato per alcuni anni membro del consiglio di amministrazione, nonché responsabile del personale, della Abl, l’agenzia di security di proprietà di Vit Barta (l’imprenditore, “padre padrone” di Affari pubblici). E’ questo il cursus honorum del ministro della Scuola e ormai sono in tanti a pensare che Josef Dobes non abbia le carte in regola per guidare un ministero come quello della Istruzione, soprattutto per attuare cambiamenti di questa portata. A nuocergli è anche il fatto di non essere mai stato in grado di instaurare un dialogo con il mondo della scuola, finendo con l’attirarsi critiche e antipatie.
D’altronde, non è la prima volta che Dobes, con la sua attività alla guida della Scuola, mette in difficoltà il governo.
All’inizio di febbraio la Commissione europea ha manifestato l’intenzione di bloccare tutti i miliardi di corone destinati alla Repubblica ceca relativi al programma operativo “Vzdělávání pro konkurenceschopnost – Istruzione per la competitività”. gestito proprio dal ministero della Scuola. I malumori di Bruxelles sarebbero giustificati dalla scarsa opportunità dei progetti presentati e dal rischio che dei finanziamenti Ue si faccia un uso improprio. Una situazione che sta preoccupando non poco il governo di Praga.
Un altro clamoroso passo falso di Dobes risale allo scorso anno, quando decise di nominare alla carica di direttore del personale del ministero un certo Ladislav Batora, esponente dell’estrema destra, con un passato di contiguità con movimenti xenofobi. Solo in extremis, con il governo ormai sull’orlo della crisi, Dobes si decise a spostare a un altro ufficio il suo funzionario prediletto, il quale, fra l’altro, gli era stato caldeggiato niente meno che dal Castello di Praga.
A ben vedere, è proprio nel Castello che lo stesso Dobes può vantare il suo principale sostenitore. Anche in occasione delle ultime proteste degli studenti, il presidente Vaclav Klaus ha reagito stizzito, accusando i rappresentanti del mondo accademico di abusare in modo ingannevole del tema della libertà dell’università. Il capo dello Stato non ha perso occasione per criticare il livello delle università pubbliche ceche e ha assicurato pieno appoggio al progetto di riforma, giungendo a definire Dobes come “il miglior ministro della Scuola che questo Paese abbia mai avuto”.
Una lode presidenziale davanti alla quale molti docenti delle università ceche hanno scosso il capo sconsolati.