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58 Lidice
Trascorsi quasi settant’anni dalla strage di Lidice era ora di rievocare con un film quel tragico evento, uno degli episodi più raccapriccianti della storia di questo Paese.
La rappresaglia nazista venne scatenata nel 1942, dopo l’uccisione, ad opera delle forze partigiane cecoslovacche, del reichprotector Reinhard Heydrich. Fu Adolf Hitler in persona a dare l’ordine di cancellare dalla mappa quel villaggio, situato pochi km a nord ovest di Praga. La vendetta dei tedeschi causò la morte di 192 uomini, fucilati sul posto. Le 184 donne di Lidice furono deportate nel campo di concentramento di Ravensbrück. Gli 88 bambini finirono nel campo di sterminio di Chelmno (Polonia) e la maggior parte di loro furono gasati il giorno stesso dell’arrivo. Solo in 17 fecero ritorno a casa alla fine della guerra.
In realtà stupisce che sia passato tanto per l’uscita di un primo film ceco dedicato a quella strage.
Stranamente, per quanto riguarda l’episodio chiave della storia – l’attentato ad Heydrich – il regista Petr Nikolaev ha scelto di dedicare solo una scena breve, inserita nel film senza molto contesto e lasciata sempre in secondo piano. Al centro dell’interesse del regista c’è invece la caratterizzazione dei vari personaggi del villaggio. Fra i punti forza ci sono sicuramente le interpretazioni degli attori, a partire dal grande Karel Roden. Va però anche detto che è film di guerra con molto di già visto.
La pellicola è incentrata sulle drammatiche vicende di František Šíma, il personaggio interpretato da Roden, che pur sparendo dalla storia durante gran parte del film, costituisce il filo conduttore del film. La prima scena – che si svolge poco prima dell’invasione tedesca – mostra la lite fra il protagonista e un suo figlio, un litigio durante il quale Šíma uccide accidentalmente il ragazzo. Quel giorno gli cambia inevitabilmente la vita. Malgrado il supporto della famiglia, trascorre gli anni di carcere nella disperazione più profonda, per poi scoprire, quando negli ultimi mesi di guerra viene liberato, di essere uno di pochi a Lidice a essere sopravissuto al massacro. Vedere Roden nelle scene finali, ripensare con aria afflitta alla propria sorte – di dovere la vita, per tragica ironia del destino, a quel delitto involontario compiuto pochi anni prima – è fra le cose che più rimangono impresse dopo la visione.
Nel complesso come detto, è un film che può vantare interpretazioni eccellenti: Zuzana Bydžovská, nel ruolo della moglie indulgente di Šíma, e Ondřej Novák che interpreta l’altro figlio. Spicca anche il personaggio di Vaclav, interpretato da Marek Adamczyk.
Per quanto riguarda la rappresentazione della strage, le scene di sicuro non mancano della forza emotiva necessaria, in particolare quando le donne del villaggio vengono separate dai bambini, mentre gridano e graffiano disperatamente su una finestra sporca di fango.
D’altra parte, anche se nell’insieme il film funziona, il ritmo risulta un po’ discontinuo con una prima parte troppo lenta.
Visto che si tratta dell’ennesimo film su una rappresaglia della Seconda guerra mondiale non c’è da meravigliarsi che il film manchi, come elemento fondamentale, di originalità. La regia è efficace ma coloro che hanno una buona cultura cinematografica troveranno forse alcuni luoghi comuni, tra cui il personaggio del ceco che collabora coi tedeschi e che poi, pentito, finisce col suicidarsi. Inoltre, gli spettatori stranieri, che non conoscono la storia della rappresaglia, potrebbero rimanere delusi per il fatto che il film si concentra più sulla gente di Lidice che sull’attentato e sulla caccia ai partigiani responsabili. Forse è anche per questo che dal film lo spettatore non riesce a capire quanto sia stato devastante l’impatto di quella strage per il popolo ceco.
Tutto ciò non vuol dire che il film non sia riuscito. Giusto per prendere un punto di riferimento, se facciamo un paragone con Katyn di Andrzej Wajda, una pellicola che esplora più o meno lo stesso terreno, possiamo dire che Lidice regge il confronto con il film del grande regista polacco, ma non aggiunge niente di nuovo al genere. Per fare un altro paragone, Defiance il film americano del 2008 ci ha proposto un punto di vista completamente diverso abbattendo lo stereotipo dell’ebreo impaurito che diventa un martire. Chi invece non aspetta né una lettura diversa del genocidio nazista, né un capolavoro del genere, ma solo un buon film, drammatico in grado di onorare la memoria delle vittime di Lidice, sarà soddisfatto da quest’opera. Forse sarebbe anche ingiusto aspettarsi di più, visto che si tratta del primo film ceco che racconta questa vicenda e anche questo lo rende un film da vedere nonostante i difetti. Il futuro ci dirà se ha le carte in regola per diventare un’opera definitivo sulla tragedia di Lidice.

Di Lawrence Formisano