FacebookTwitterLinkedIn

Alla scoperta del più tradizionale carnevale della Boemia

Sotto un pallido sole di metà febbraio, si radunano le maschere, si formano i cortei, si dà vita a una banda musicale. Il freddo punge, ma gli animi sono già rinfrancati da generosi dosi di slivovice, nonostante non sia che il primo mattino. I colori vivi delle maschere e gli schiamazzi incipienti contrastano con il bianco uniforme della neve che ammanta il villaggio, e con il silenzio delle campagne che lo circondano.

La sfilata delle maschere e il suo codazzo di curiosi e visitatori si muove, serpeggiando per le stradine del paese. Cortei di maschere formate da gruppi ben distinti visitano le case del quartiere. Un gruppo, quello dei “Turchi”, è dedito alla sola danza, il tradizionale kolečko. Altri, invece, come gli “Spazzacamini”, entrano nelle case e interagiscono con i proprietari. Hanno così luogo canti e danze in loro onore e per la buona fortuna della dimora e della famiglia che vi abita. In cambio, le maschere questuanti ricevono porzioni dei tradizionali koblihy (bomboloni alla marmellata), frittelle, panini e koláčky (dolcetti al forno). Ovviamente, non si lesina sulla vodka e, soprattutto, sulla slivovice, per lenire gli acciacchi dell’età, contrastare il freddo dell’inverno e riscaldare i temperamenti. Nel frattempo, la “Cavalla” e lo “Zingaro” vagabondano nei dintorni, prestandosi a mille facezie, mentre le altrettanto tradizionali maschere dell’“Orso” e dell’“Uomo di Paglia” sembrano più interessate a infastidire amichevolmente le giovani donne del villaggio. Quando il corteo si imbatte in una ragazza o in una giovane madre del posto, infatti, è costume riservarle un trattamento speciale, mimando atti non proprio cavallereschi e anzi a volte osceni, ma tutto a fine di bene, come dicono i nativi, cioè per assicurarle salute e fertilità.

Mentre queste diverse azioni hanno luogo nello stesso vicinato, la banda, formata dai pochi, tipici elementi delle bande popolari locali, suona le ballate tradizionali, come la celebre “Masopust držíme” (“Festeggiamo il Masopust”).

L’atmosfera di divertimento e trasgressione è palpabile e coinvolgente. Tutti, sia i locali che i curiosi provenienti dai villaggi limitrofi e i turisti sono coinvolti in scherzi, balli e brindisi, tanto che dopo qualche ora le differenze tra le maschere vere e proprie e i visitatori tendono a scemare.

I cortei continuano fino a sera, quando fanno la loro sgradevole comparsa gli effetti del freddo, della spossatezza e delle non poche ore dedicate alla crapula. Sono in tanti che affronteranno il giorno seguente con un solido mal di testa.

Il Masopust è il corrispondente del Carnevale dell’Europa latina e cattolica, e cade nello stesso periodo. È una festa che marca l’avvicinarsi della fine dell’inverno. La stretta relazione tra il Masopust e il ciclo stagionale è del resto illustrata da numerosi proverbi, come il seguente: “Jaké jest masopustní úterý, taková bude Veliká noc” (“tale il tempo a Martedì Grasso, tale a Pasqua”). Esso sancisce – o meglio sanciva – anche l’ultimo scampolo calendariale in cui è lecito rimpinguarsi, prima della Quaresima. Infatti, in Ceco Masopust vuol dire “abbandonare la carne” (da “maso”, carne, e “pustit”, lasciare), proprio come Carnevale (dal Latino “carnem levare”). Per questa ragione, Masopust rappresenta da sempre il periodo “grasso” per eccellenza, quando il gozzovigliare è tollerato e anzi incoraggiato.

Sebbene il Masopust venga praticato in modi diversi nelle varie aree della Repubblica Ceca, esso è caratterizzato da molti tratti comuni: li più evidente è il mascheramento, tanto che un adagio popolare vuole che “Masopust bez masek je jako chleba bez mouky” (“Masopust senza maschere è come il pane senza farina”). Le maschere del Masopust sono del resto degne di nota poiché sono spesso estremamente sofisticate, talvolta dei veri capolavori di artigianato popolare, come nel caso dell’“Uomo di Paglia” (“Slaměný”), un uomo vestito di una intricata veste di fili di paglia, pizzi artigianali e decorazioni di carta pesta tradizionalmente preparate dalle ragazze del villaggio.

Le questue e le danze rituali porta a porta sono ancora oggi dette recare la buona sorte e la fertilità (tanto dei campi e degli animali, quanto delle spose locali), la quale è del resto invocata spesso durante il Carnevale (a esempio nel proverbio “Teče-li v úterý masopustní voda kolejem, bude úrodný rok a len”: “Se il martedì di Carnevale l’acqua scorrerà, un anno fertile e molto lino ci sarà”).

Il Masopust del villaggio di Studnice non è stato scelto casualmente. Diffusa tanto in Boemia e Moravia che in Slovacchia, tale festa è in effetti da sempre caratteristica dei centri minori e delle zone rurali, seppur con qualche eccezione. Esso ha però una valenza particolare in un’area ben precisa della Boemia orientale, cioè la zona di Hlinsko nella regione di Pardubice. Qui, la persistenza secolare e straordinariamente uniforme di maschere, danze e altri elementi caratteristici del Masopust, ha determinato l’inserimento della festa e delle tradizioni a essa legate nella Lista Rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità. Oltre che al Masopust della cittadina di Hlinsko, hanno ottenuto questo riconoscimento quelli dei paesi limitrofi Vortová e Hamry, e Studnice per l’appunto.

Il prestigioso riconoscimento, esito del lavoro congiunto della comunità locale, di studiosi e funzionari cechi, e degli esperti dell’Unesco (l’agenzia internazionale consacrata alla selezione, tutela e valorizzazione dei Patrimoni Culturali dell’Umanità), è stato conferito nel 2010. Per esaltarne rilevanza e tipicità, basti ricordare che il Masopust del distretto di Hlinsko è uno dei soli tre elementi tradizionali specificamente cechi – e l’unico boemo – iscritti dall’Unesco nella lista del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità (gli altri due sono la “Jízda králů”, la “Calvalcata dei Re” morava, e la danza “Slovácko verbŭnk”, sempre morava).

E con l’Unesco sono arrivati i turisti, la stampa, la pubblicità. Oggi il Masopust ceco è anche questo: una opportunità per villaggi e cittadine di attirare l’interesse di potenziali visitatori. Una festa tipica e popolare, certo, ma che rappresenta anche un potenziale volano per lo sviluppo di piccole realtà rurali e provinciali altrimenti sonnecchianti. Del resto, la stessa Praga sembra aver magicamente riscoperto le sue tradizioni folkloriche: da diversi anni la festa è stata infatti riportata in città, dopo che vi era stata bandita durante gli anni del socialismo. Ora ricorre annualmente nel quartiere di Žižkov, dov’è subito diventata occasione di spasso per adulti e bambini, ma anche, in onore a un’altra genuina vocazione della città vltavina, per far circolare turisti e danari. Ciononostante, il Masopust in Repubblica Ceca resta ancorato principalmente alle sue radici rurali e contadine.

D’altro canto, è possibile individuare nel Masopust anche una dimensione genuinamente politica: infatti in passato (di certo fino alla Seconda Guerra Mondiale), questa festa era occasionalmente utilizzata per ridicolizzare l’ordine costituito e i suoi rappresentanti. Non sorprende quindi che in seguito, durante il socialismo, i dirigenti del partito adottassero nei suoi riguardi una politica di scoraggiamento e interdizione. Com’è noto, infatti, ogni manifestazione che potesse anche solo teoricamente incanalare e rendere palese il discontento collettivo diventava ipso facto invisa al partito e ai suoi organi di controllo. E la ricorrenza ceca, così come la sua controparte latina, il Carnevale, si prestava egregiamente a questa funzione. E anzi vi si presta ancora, visto che anche oggi, come ho potuto osservare personalmente, il Masopust può diventare occasione per sbeffeggiare pubblicamente un politico godereccio, o un amministratore eccessivamente austero, o un poliziotto di quartiere troppo zelante. Insomma, tradizione, trasgressione e divertimento, sì certo, ma anche altro.

di Alessandro Testa