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Muore il grande Miroslav Ondříček, due volte candidato all’Oscar, uno dei nomi più associati alla Nová vlna cecoslovacca degli anni ‘60

Con Miloš Forman ha dato luogo a una delle cooperazioni fra regista e direttore della fotografia più famose della storia del cinema

I circoli culturali cechi sono in lutto per la scomparsa del direttore della fotografia più legato alla Nová vlna, forse il più influente per quanto riguarda lo stile visivo del movimento. Miroslav Ondříček, morto il 28 marzo all’età di ottanta anni, è stato famoso a livello internazionale soprattutto per i sette lungometraggi che ha girato sotto la regia del suo amico Miloš Forman. Una coppia artistica paragonabile alle più grandi del mondo del cinema, come Bernardo Bertolucci e Vittorio Storaro, o Ingmar Bergman e Sven Nykvist.

Anche Ondříček, come Forman, ha lasciato la sua patria dopo l’invasione sovietica nel 1968, ma a differenza del regista di Amadeus, senza tagliare le proprie radici, continuando caparbiamente a lavorare per la sua patria. Oltre allo stile realistico del boemo, fu proprio questo attaccamento alla terra natia che contribuì alla popolarità di Ondříček.

Miroslav OndříčekNato a Praga nel 1934, la sua passione per il grande schermo comincia da bambino, raccontò egli stesso, guardando il primo film, all’età di quattro anni. Dopo aver finito la scuola media impara i segreti del mestiere agli studi di Barrandov, mentre nasceva la Nová vlna. Sono anni fondamentali per la formazione del giovane: mentre fa la gavetta tra incarichi diversi sui set di numerosi film, si iscrive alla Famu, la leggendaria scuola del cinema. Come confessa in seguito alla rivista “American Cinematographer”, qui riesce ad assistere ed osservare “i pilastri della cinematografia”, Jaroslav Tuzar, Jan Čuřík e Jaroslav Kučera, i migliori dell’epoca. Fra le opere più significanti di questo periodo di apprendimento del praghese spiccano classici come Až přijde kocour (1963, C’era una volta un gatto) di Vojtěch Jasný, Křik (1963, Il grido) di Jaromil Jireš e soprattutto il capolavoro di Jan Němec, Démanty noci (1964, I diamanti della notte).

Con anni di esperienza preziosa al fianco di maestri del calibro di Němec, Jireš e Kučera, è ormai pronto per fare il salto a direttore della fotografia. A concedergli questa possibilità è un giovane regista dal nome di Miloš Forman, con il documentario Konkurs (1963). I due vanno d’accordo fin dall’inizio, e la collaborazione prosegue con Kdyby ty muziky nebyly. Oltre al regista di Čáslav, un’altra figura importante per la formazione del boemo è lo sceneggiatore Ivan Passer, con il quale gira Intimní osvětlení (Illuminazione intima, 1965) un anno dopo. Il film di Passer (l’incontro di due vecchi musicisti, la storia delle loro vite rievocata nell’arco di una giornata), girato con attori non professionisti, spicca per la semplicità della narrazione e la naturalezza della fotografia di Ondříček, una caratteristica che diventa la chiave del suo stile. Intimní osvětlení è oggi considerato uno dei classici della Nová vlna, nonché una delle opere più importanti della sua filmografia.

Con Lásky jedné plavovlávsky (Gli amori di una bionda, 1965) Forman e Ondříček si confermano come due icone del nuovo cinema cecoslovacco, ormai sotto la luce dei riflettori e molto seguito anche dalla stampa estera: la pellicola viene nominata dall’Academy americana come miglior film straniero. Tra gli amanti dei film della Nová vlna risalta anche il nome di Lindsay Anderson, il grande regista inglese e leader del Free Cinema, l’equivalente britannico del movimento culturale cecoslovacco. La sua visita al set di Lásky jedné plavovlávsky nell’aprile 1965 rappresenta una svolta nella carriera del direttore della fotografia. Nonostante la barriera linguistica (Ondříček parlava poco inglese), è subito sintonia fra il boemo ed il regista britannico, al tempo in cerca di “un nuovo paio di occhi”. Anderson invita il boemo in Inghilterra l’anno successivo; è l’inizio di un’altra collaborazione estremamente proficua. Il primo lavoro è un cortometraggio ambientato a Manchester, The White Bus, che segna, tra l’altro, il debutto del giovane Anthony Hopkins.

Nel 1967 la coppia Forman-Ondříček, con Hoří, má panenko! (Al fuoco, pompieri!) conquista una nuova nomination all’Oscar, ma da lì a poco la storia del cinema cecoslovacco è destinata a cambiare violentemente. L’invasione sovietica della Cecoslovacchia del 1968 spacca il gruppo di registi della Nová vlna in due categorie: chi rimane in patria (Juraj Herz, Věra Chytilová, Jiří Menzel), e chi si rifugia all’estero. Il trio Forman-Passer-Ondříček non ha dubbi: i primi due si trasferiscono negli Stati Uniti, mentre per il maestro di cinematografia la scelta naturale diviene raggiungere l’amico Anderson in Inghilterra. A differenza di Forman e Passer, Ondříček si rifiuta però di chiudere la porta al suo paese d’origine e non smette di girare commedie come Homolka a tobolka (1972) in Cecoslovacchia. Allo stesso tempo, il sodalizio con Forman continua a produrre successi: il superbo dramma psichiatrico Qualcuno volò sul nido del cuculo (1975), trionfa con cinque Oscar, inclusi quelli per Miglior Film e Miglior Regia, mentre il musical Hair (1979), porta un’influenza straordinaria sulla gioventù americana. Dal punto di vista del direttore della fotografia però, i motivi d’orgoglio sono Ragtime (1981) ed il sublime Amadeus (1984). Per entrambi Ondříček viene nominato all’Oscar per la migliore fotografia, mentre per il secondo si aggiudica il premio Bafta. Stupisce poco il fatto che Ondříček abbia vinto l’equivalente britannico dell’Oscar, visto che grazie al suo ottimo lavoro con Anderson è sempre stato apprezzato tantissimo oltremanica.

Il Bafta vinto e le candidature all’Oscar sono il coronamento della sua carriera, ma l’artista non cede il passo, lavorando a vari film di rilievo negli anni ottanta. Alcuni che saltano in mente sono Il mondo secondo Garp del 1982 diretto da George Roy Hill, tratto dall’omonimo romanzo di John Irving, e Silkwood del 1983 diretto da Mike Nichols, con Meryl Streep nei panni di Karen Gay Silkwood, l’attivista sindacale americana morta misteriosamente nel 1974. Non si può poi evitare F/X – Effetto mortale (1986), un giallo/film d’azione meraviglioso con l’attore australiano Bryan Brown nel ruolo di un esperto di effetti speciali cinematografici che viene convinto dal dipartimento di Giustizia a progettare il finto omicidio di un mafioso che deve testimoniare a un processo. Dopo la finta esecuzione però gli architetti della messa in scena cercano di farlo fuori. Chiude gli anni ottanta con forse i suoi ultimi incarichi notevoli, facendo il direttore della fotografia anche dei film Valmont (1989), sempre con Forman (la loro ultima collaborazione) e Risvegli (1990) di Penny Marshall.

Il funerale del Maestro ha avuto luogo nella Basilica dei Santi Pietro e Paolo di Vyšehrad il 7 aprile scorso, alla presenza di tanti nomi illustri come Ivan Passer, l’attore Jiří Bartoška, l’attrice Jiřina Bohdalová e naturalmente suo figlio David Ondříček, considerato uno dei migliori registi cechi contemporanei. Tanti i personaggi pubblici che hanno reso omaggio all’artista, e corone di fiori sono state spedite dal Presidente Miloš Zeman, dal Primo Ministro Bohuslav Sobotka, e immancabilmente dall’accademia ceca del Cinema e della Televisione. Fiori sono arrivati anche da Miloš Forman, secondo il quale “la morte di Mirek è stata molto dolorosa per me. La mia unica consolazione è che la bellezza che ha creato sullo schermo rimarrà per sempre”.

Oltre alla sua bravura artistica, Ondříček era noto per il suo amore per il calcio e il suo legame con la società Slavia Praga: era anche membro del suo consiglio d’amministrazione. Il sabato prima del funerale, durante il derby praghese fra Slavia e Bohemians 1905, è stato indetto un minuto di silenzio in memoria dello storico tifoso; al funerale, poi, la partecipazione di diversi giocatori ed ex-giocatori del club, come Karel Poborský e Vladimír Šmicer. Curiosamente, il direttore della fotografia svelò in più di una intervista di aver perfezionato certe tecniche cinematografiche registrando partite di calcio. Non sapremo mai se si tratta di esagerazioni di un uomo che frequentemente si lasciava trasportare dalla sua passione, ma siamo certi che Ondříček sia stato un uomo fuori dal comune, una persona in possesso di una visione unica del mondo, di un talento che l’ha reso un genio nella sua professione.

di Lawrence Formisano