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Abiti e giochi, arredi e prodotti alimentari, in Cechia si assiste al ritorno di un passato mai dimenticato. Un successo commerciale fra nostalgia e marketing. Se la Rivoluzione di Velluto portò sul mercato i prodotti occidentali, oggi industrie e commercianti scommettono su vecchi marchi d’epoca socialista

Il passato a volte ritorna. Dall’abbigliamento ai prodotti alimentari, dai giochi alle cose di casa, negli ultimi anni in Repubblica Ceca si diffonde la moda per il retrò, testimoniata a Praga dall’apertura di due mostre.

L’esposizione Retro, nel Nuovo edificio del Museo Nazionale, offre una panoramica di tecnica, design d’interni e moda del Novecento. Vuole suscitare emozioni e ricordi e mostrare come il retrò continua a influenzare il presente. Un’influenza evidente nella sezione dedicata alla moda, dove è difficile distinguere gli abiti storici dai modelli di stilisti contemporanei ispirati ai primi. La parte dedicata ai giochi presenta le attività del tempo libero, dal fai da te al cucito, oltre a esporre pupazzetti Igráček e costruzioni Merkur, tornati alla ribalta di recente, o i giochi gonfiabili Fatra. Si conclude con televisioni, macchine da scrivere, grammofoni, fornetti elettrici Remoska, sifoni di seltz e centinaia d’altri oggetti d’uso comune. Un’esposizione analoga si trova al Retromuseum di Cheb, focalizzato sui decenni ‘60-‘80.

Abiti e giochi non sono solo reperti da museo. Chi cerca capi originali della Cecoslovacchia pre-89 deve visitare il colorato negozio Bohemian Retro nel quartiere di Žižkov, gestito dall’inglese Rebecca Eastwood. Cinture, cappelli, vestiti, vi si scovano veri tesori. “I clienti sono perlopiù giovani, magari fan delle subculture swing o electroswing” dice la proprietaria. “Chi ha una certa età teme l’effetto déjà-vu, il rischio d’apparire demodé riproponendo un’epoca già vissuta”. A convincere che i vestiti vintage si combinano bene con le tendenze contemporanee c’è anche la Prague Vintage Fair, festival che si svolge in settembre nel Municipio della Città Nuova. Riguardo ai giochi, mentre la Pokemonmania fa impazzire il mondo, a Praga si prepara l’apertura della Retro Herna, un museo interattivo del gioco con console e pc, dove i più giovani possono scoprire con cosa si divertivano genitori e fratelli maggiori.

La seconda mostra praghese, Retro anni ‘70 e ‘80, si svolge alla Casa Danzante. Immerge nell’estetica e nel modo di vivere della gente comune e dell’élite comunista nei due decenni citati dal nome. Domina lo spazio la fedele ricostruzione dei tipici appartamenti nei palazzoni sovietici – i panelák – con la carta da parati, le credenze con suppellettili e servizi di porcellana, utensili storici come il frullatore ETA. Vista la produzione uniforme dell’epoca, tutti vivevano in case simili, circondati da cose quasi identiche, forse diverse solo nel colore, guidavano le stesse auto, bevevano addirittura lo stesso sciroppo alla frutta e lo stesso caffè. La gente ricorda quel periodo proprio attraverso i generi alimentari, settore in cui il retrò ha maggior successo.

ll 2015 è senza dubbio l’anno di Lidl che per alcuni mesi introduce nelle sue offerte settimanali prodotti del periodo sovietico nelle confezioni originali: i dopobarba Diplomat o Pitralon, i saponi Jelen e Šeřík, il dentifricio Odol, i formaggi Hermelín e Apetito, il cacao Granko, il dessert Metro, le caramelle Bon Pari o Hašlerky e il latte in sacchetto che al secondo giorno era già esaurito. Non sono stati svelati i numeri ma si è parlato di un successo sensazionale. L’iniziativa è stata da un lato una decisione economica, dall’altro una scommessa su chi ricorda i sapori dell’infanzia che ha anche toccato le corde del patriottismo locale. Oltre a libertà e democrazia, la Rivoluzione di Velluto segnò infatti l’afflusso dei prodotti occidentali sul mercato nazionale e la conseguente scomparsa di quelli cechi dagli scaffali dei supermercati. Se prima del 1989 si sognavano le merci occidentali, oggi si cerca di riassaporare i beni del passato. Forse anche per una silenziosa protesta contro un mercato sempre più globalizzato.

Nell’onda retrò c’è un legame con il fenomeno detto ostalgia, nato in Germania nel 1992, ovvero la nostalgia della vecchia Ddr che si manifesta a livello politico, sociale, culturale e soprattutto commerciale. Si traduce nella mania per il collezionismo di vecchi marchi della Germania Est, un tempo snobbati perché “inferiori” rispetto agli equivalenti occidentali, che porta molte imprese tedesche a rimetterli in produzione.

Lo stesso avviene in Cechia. Industrie e commercianti provano a riallacciarsi alla fama di prodotti a volte scomparsi, altre solo persi di vista, dai gelati Míša o Eskymo alle gomme da masticare Pedro. Ma la nostalgia non basta, servono buona qualità e un’efficace campagna di retro-marketing. Un caso esemplare è quello della bibita Kofola, nata nel 1959 per sostituire la Coca Cola. Il picco del successo si registrò nel 1970 con una produzione di quasi 180 milioni di litri. Vent’anni dopo si segnalò un calo dell’86%, con 26 milioni di litri. Kofola fu scalfita dal suo ruolo di primo piano proprio dalla concorrente americana. La seconda era inizia nel 1998. Nonostante la reputazione di bevanda di basso costo e qualità scadente, Kofola fu acquisita dall’imprenditore greco Kostas Samaras che ha scommesso sul marketing e sull’onda retrò. Oggi l’azienda vanta introiti miliardari, stabilimenti produttivi anche fuori dal Paese e l’ingresso in Borsa.

Da un periodo buio è uscito anche il produttore di scarpe Botas. Negli anni ‘70 quasi tutti ne calzavano un paio. Dopo la privatizzazione lavorò solo per colossi come Puma, Adidas o Salomon e nel 2006 annunciò l’edizione retrò delle Botas66. Merito di due studenti che proposero a uno scettico František Nestával, il proprietario, di lanciare un nuovo modello delle Botas Classic del 1966. “È bastato cambiare il colore dei lacci, infilare delle borchie e la vendita è volata in alto del 30%” dice. Una scarpa inserita tra le 100 icone del design ceco, così come la lampada da tavolo 21616, creata negli anni ‘60 dall’artista Josef Hůrka, che si ispirò allo stile di Bruxelles, e rientrata in produzione nel 2014.

Tra gli altri casi, nel 2015 Snaha, che non produceva una nuova scarpa da vent’anni, introduce dodici nuovi campioni mentre Favorit presenta la collezione di bici da corsa F1, ispirate agli anni ‘50-‘80. Biciclette che non sono per tutte le tasche, così come lo scooter elettrico Čezeta. Si specializzano unicamente nel segmento del lusso gli orologi Prim. L’azienda, che a metà del Novecento deteneva il monopolio degli orologi da polso in Cecoslovacchia, rinnova i modelli originali ma solo con pezzi su ordinazione. Li si può vedere ai polsi di Václav Klaus, Robert Fico o Alain Delon.

Di questi marchi e molti ancora si parla nel libro “Retro ČS, Cosa c’era (e non c’era) durante il socialismo reale” di Michal Petrov. L’autore non si limita a un elenco dei prodotti ma ne racconta la storia, condita con ricordi personali e numerose fotografie. Nominato “Bestseller ceco” del 2013, riprende il ciclo televisivo Retro, in onda dal 2008 e firmato dallo stesso Petrov.

In Cechia, come in Germania, l’ostalgia riguarda infatti la tv, oltre ai beni di consumo. Simbolo per eccellenza è il film tedesco Good Bye, Lenin! (2003) del regista Wolfgang Becker, che fa conoscere il fenomeno al mondo intero. Tra gli effetti dell’ostalgia c’è soprattutto la ripresa di serie tv ambientate nell’epoca della normalizzazione come Žena za pultem (1977), Třicet případů majora Zemana (1999) o la più recente Vyprávěj (2009), e i film cult Pelíšky (1999) e Pupendo (2003) di Jan Hřebejk o i più recenti Anglické jahody (2008) o Občanský průkaz (2010). In letteratura, lo scrittore più rappresentativo è Michal Viewegh, autore di Quei favolosi anni da cane, che narra le vicissitudini di una famiglia negli anni del comunismo. In genere il regime non è rappresentato in modo roseo, anzi, i protagonisti si arrabattano per superare i tempi bui, il governo di un unico partito, la scarsità delle merci e il dover affrontare lunghe file per ogni genere di prodotto.

Se in Germania la reazione alla perdita d’identità seguita all’unificazione porta al proverbiale “si stava meglio quando si stava peggio”, per la società ceca ricordare il regime passato non era piacevole. In questo senso l’ostalgia ceca ha un carattere controverso e prevalentemente negativo. Eppure da qualche anno i ricordi positivi del periodo tornano ad essere popolari, merito di quella moderna onda retrò che non è prerogativa dei paesi ex comunisti ma la nuova moda internazionale.

di Sabrina Salomoni