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Continua a salire l’emigrazione italiana in cerca di lavoro: così la Camera di Commercio Italo-Ceca ha lanciato il portale Lavoro.cz

La Camera di Commercio Italo-Ceca, lo scorso ottobre, ha deciso di lanciare un portale web “con l’obiettivo di favorire l’incontro tra domanda e offerta nel mercato del lavoro italofono in Repubblica Ceca”. Si tratta del portale Lavoro.cz, una bacheca online dedicata particolarmente agli annunci di lavoro collegati ad aziende italiane – o aziende che cercano italiani – nel paese, senza dimenticare profili con conoscenza di altre lingue internazionali. Il motivo principale dietro questa iniziativa è presto detto: lo squilibrio sempre più deciso nel mondo del lavoro tra i due paesi. Da una parte in Italia le opportunità sono ridotte ed è ripresa con forza l’emigrazione, soprattutto dei giovani; dall’altro lato la Repubblica Ceca è addirittura a corto di lavoratori.

“Le aziende in RC in pratica non riescono a reperire personale, né in loco né dall’estero. Per questo crediamo che il nuovo portale possa dare qualche arma in più alle aziende italiane o in contatto con l’Italia e il mercato italiano. In questo momento stiamo ancora implementando alcuni strumenti gestionali del portale e a partire da gennaio incrementeremo la parte di comunicazione. Il 2017 sarà il vero anno di prova”.

Parola di Matteo Mariani, Segretario Generale della Camic, che si dice molto soddisfatto sinora da Lavoro.cz. In questo momento è utilizzato soprattutto dagli associati della Camera, mentre le inserzioni esterne sono ancora minoritarie. Gli abbiamo chiesto quali sono stati i primi feedback delle aziende coinvolte. “Le reazioni sono state molto positive, in particolare dai nostri associati. A livello di posizioni, otteniamo ottimi risultati nel settore dei servizi, in particolare a Praga, dove la richiesta di profili con l’italiano è consistente. Lo stesso nel settore ho.re.ca. (alberghiero/ristorazione/catering, N.d.R). Mentre è meno efficace ad esempio per mansioni come l’operaio, l’autista o il carrellista. Tutti profili in cui le lingue straniere non sono in genere richieste”.

Nel variopinto mondo interculturale del lavoro europeo, ci si chiede anche se vi sono settori ove sono preferiti i lavoratori italiani.

“Volendo essere radicali, potremmo dire che gli italiani preferiscono lavorare con gli italiani in tutti i settori. Se non altro, per un discorso di lingua e mentalità comune. Però spesso anche nelle aziende a proprietà italiana, gli italiani non sono molti perché la lingua di lavoro con fornitori e clienti è il ceco; la prevalenza è di cechi parlanti italiano. Per le figure commerciali, ad esempio, l’offerta sul mercato locale è povera mentre la domanda è molto alta: il tipico caso in cui l’approccio italiano sarebbe un elemento distintivo non secondario, se si riesce a superare l’ostacolo linguistico. Per questo, il settore forte in cui gli italiani riescono ad inserirsi è principalmente la ristorazione, seguito da aziende multinazionali italiane, o straniere con dipartimento italiano. Molti neolaureati italiani trovano la propria strada in aziende di questo tipo. Diverso è per il settore manifatturiero e figure base, come gli operai. L’offerta è senza mezzi termini insufficiente, ma gli stipendi sono ancora troppo bassi per poter alimentare un qualsiasi flusso dall’Italia”. In altre parole, un italiano, anche in difficoltà, difficilmente verrebbe a fare l’operaio in Repubblica Ceca alle stesse condizioni alle quali vengono presi migranti con aspettative molto più a buon mercato, come la forza lavoro proveniente dall’est, in particolare dall’Ucraina.

La domanda lavorativa degli “italofoni” specializzati, e la scarsa attrattiva per gli operai, in un certo modo fanno parte della danza tra il mondo lavorativo italiano e ceco, le problematiche del primo e le opportunità del secondo; perché l’Italia resta, nonostante tutto, un pezzo importante dell’economia europea. Mariani non ha voluto commentare le cifre del sito – essendo, ha spiegato, il progetto ancora in fase di lancio – e la scommessa sulla sua utilità per aziende e lavoratori cechi ed italiani è ancora da scoprire; servirà un impegno costante e un buon management. Ma se il servizio riuscirà ad affermarsi sulla rete non potrà che essere utile ai curriculum che vantano la quarta lingua più studiata al mondo, a spasso nel cuore ceco d’Europa.

Poeti, santi, navigatori… e migranti. Anche in Cechia

L’Italia è uno dei grandi della Vecchia Europa, tra gli “otto potenti” del mondo, eppure le prospettive per i suoi cittadini – di questi tempi – non rispecchiano tale grandezza. La Repubblica Ceca è un paese di limitate dimensioni, tanto geopolitiche quanto economiche, parte di quella Nuova Europa che da 25 anni si è lanciata nel mercato globale, ma le prospettive sono in crescita.

L’Italia del 2016 ha il terzo livello di occupazione più basso dei 35 paesi membri dell’Ocse, dopo Grecia e Turchia: il 49,4% della popolazione tra 15 e 74 anni; salari reali pressoché immobili nell’ultimo decennio e disoccupazione all’11,5%, ben al di sopra della media (circa il 7%) degli altri membri. La Repubblica Ceca ad oggi vanta il 63% di occupati tra 15 e 74 anni, oltre la media Ocse, così come decisamente al di sotto della media vi è il tasso di disoccupazione, spesso il più basso del continente, poco oltre il 4%; e i salari sono in costante crescita (sebbene ancora limitato rispetto all’Ue, il salario medio a dicembre 2016 è di 27.220 corone, cresciuto del 4,5% nell’ultimo anno). A ragionare sulle tendenze economiche si andrebbe avanti ancora a lungo, spesso a scapito del Belpaese. Ciò che resta dinanzi agli occhi oltre cifre ed equazioni, è che gli italiani hanno ripreso a lasciare lo Stivale alla ricerca di lavoro. E non si tratta solo del “brain drain”, la fuga dei cervelli all’estero, studenti, ricercatori e personale altamente qualificato. Si tratta anche di gente alla ricerca di un lavoro qualunque. Di un futuro sereno.

Secondo le stime del rapporto Migrantes 2016, solo nell’anno passato più di 75 mila italiani si sono iscritti nelle liste Aire (Anagrafe italiani residenti all’estero) europee; 40 mila sono tra i 18 ed i 34 anni. A questi vanno aggiunti tutti quei migranti che decidono di mantenere la propria residenza in Italia, grazie anche alla facilità di muoversi nell’Unione. I cittadini cechi che hanno lasciato il proprio paese l’anno passato, invece, sono stati solo quattro mila. Anche tenendo conto delle dovute differenze (la popolazione italiana è sei volte più grande), il paragone non regge. Forse basterebbe dire che si sta bene Repubblica Ceca. L’ultima edizione dell’Expat Explorer Survey, un rapporto della Hsbc sui paesi migliori dove trasferirsi, pone il paese al quarto posto nella classifica mondiale dei paesi preferiti dagli expat (termine in voga al momento, con cui ci si riferisce solitamente all’emigrazione dei cittadini del Nord economico), con un balzo di 14 posizioni rispetto all’anno precedente. Un riconoscimento prestigioso, basato su una serie di criteri, dall’impatto sulla famiglia al contesto di vita alle prospettive lavorative, i servizi e l’ambiente sociale.

Le migliaia di italiani a spasso per l’Europa si sono senz’altro resi conto della bella vita ceca; almeno quegli italiani che riescono a lasciare alle spalle lo stereotipato odio per il clima continentale, apice di quell’insofferenza di essere italiani all’estero (scontrarsi con una lingua più che ostica, o con la cucina lontana dai sapori mediterranei, vivere la lontananza e la nostalgia, ambientarsi in rapporti sociali più freddi, e così via).

Superati i fastidi e le incertezze, chi si accontenta, o chi si adatta, gode. Nonostante la maggioranza degli emigranti nostrani ancora prediliga i paesi più ricchi e attraenti per il portafogli (in ordine di preferenza vi sono Germania, Regno Unito e Svizzera), un buon numero si rifugia ogni anno tra Boemia e Moravia.

La Camic è a buon titolo in una posizione privilegiata per osservare questo fenomeno, e l’attenzione a questo rivolta è dunque più che giustificata. D’altra parte, l’uso della lingua italiana per il lavoro all’estero rimane parte degli interessi nazionali. Il 14 ottobre scorso, qualche giorno dopo il lancio di Lavoro.cz, il Ministro degli Esteri e futuro Primo Ministro italiano, Paolo Gentiloni, scriveva sul Messaggero che “la diffusione dell’italiano è un pezzo della politica estera del nostro Paese. Perché la lingua è il veicolo attraverso cui passano la nostra cultura, i nostri valori, la nostra visione del mondo”.

di Giuseppe Picheca